Le iniziative per raggiungere gli obiettivi fissati dal Piano Nazionale Integrato Energia Clima (PNIEC) italiano, collocati anche nel più recente Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), ossia decarbonizzazione e riduzione del 33% di emissioni di gas serra entro il 2030 andrebbero inquadrate in una logica economica circolare.
Posto infatti che un’economia circolare si basa sulla minimizzazione degli sprechi e dell’inquinamento, riutilizzando prodotti e materiali e rigenerando i sistemi naturali, si contrappone all’economia lineare che consuma materie prime insostituibili e crea quantità ingestibili di rifiuti e sostanze inquinanti.
Circolare, olistico
Secondo l’Ad di Lexmark Italia, Giancarlo Soro, oltre al cambiamento climatico, sono molteplici le ragioni per cui adottare un modello circolare è vantaggioso.
Le ricerche condotte, osserva Soro, mostrano come questo approccio offra un’opportunità economica di 4.500 miliardi di dollari riducendo i rifiuti, stimolando l’innovazione e creando occupazione.
Anche i nuovi modelli di business incentrati sul riutilizzo, la riparazione, la ri-fabbricazione e la condivisione offrono significative opportunità di innovazione.
“Mentre il mondo inizia a emergere lentamente dall’apice della pandemia, è stato ampiamente riportato che le economie globali potrebbero godere di enormi impulsi economici se le nazioni abbandonassero il loro approccio lineare ai materiali e alle risorse e si convertissero completamente all’economia circolare e alle iniziative guidate dalla sostenibilità” osserva Soro in una nota.
Realizzare questo obiettivo richiede un approccio olistico sia da parte dei governi che delle imprese, che collettivamente devono allontanarsi dalla tradizionale cultura lineare dello scarto.
La chiave di tutto questo, però, per Soro “è evitare in primo luogo la produzione di rifiuti. In un’economia circolare, la fabbricazione dei prodotti inizia con l’utilizzo di sole materie prime sostenibili e prosegue con una progettazione che guarda alla longevità, il che significa non solo creare oggetti che durino il più a lungo possibile, ma anche renderli semplici da riparare in modo che la cultura dell’usa e getta e compra nuovo venga ridotta il più possibile. La progettazione, inoltre, deve anche permettere il riciclo una volta che i prodotti hanno raggiunto il loro vero punto di obsolescenza“.
Una tecnologia durevole?
L’industria della tecnologia, riconosce Soro, è nota per la sua produzione di rifiuti, dato che i continui aggiornamenti abbinati all’obsolescenza ci portano a sostituire regolarmente gli oggetti.
Mentre alcuni prodotti durano più a lungo di altri (i monitor, per esempio, vengono sostituiti in genere ogni 13 anni, contro i due anni degli smartphone) alcune ricerche hanno scoperto che i prodotti elettronici durano in genere da due a tre anni in meno di quanto previsto al momento della progettazione.
Quindi, chi decide per quanto tempo un prodotto sarà usato prima di essere buttato via?
“La realtà è che molti oggetti si rompono troppo presto dopo l’acquisto, e non possono essere riparati o riciclati. Gran parte della responsabilità è dei produttori stessi, che concepiscono le loro creazioni per un uso singolo e a breve termine, con obsolescenza prematura incorporata, invece di progettare secondo le regole dell’economia circolare”.
Ma non deve essere per forza così, per Soro.
Ci sono motivi più che validi per costruire prodotti di lunga durata che possano poi essere rimessi a nuovo per il mercato dell’usato da riparatori certificati o, se non è possibile una riparazione commercialmente valida, scomposti in parti riutilizzabili.
“L’idea che i consumatori non si preoccupino del ciclo di vita degli oggetti che comprano sta perdendo terreno, dato che c’è una tendenza crescente ad acquistare da marchi sostenibili“.
Secondo Kantar la tendenza si è particolarmente concretizzata dopo la pandemia, con un acquirente su cinque che prende costantemente decisioni di acquisto influenzate dal desiderio di ridurre i propri rifiuti di plastica.
Rivedere l’obsolescenza
La linea di fondo individuata da Soro è che prodotti più duraturi sono vantaggiosi per il business sotto svariati punti di vista.
In primis attraverso la scelta di materie prime sostenibili, sia per la fabbricazione dei prodotti che per i materiali di consumo, che altrimenti diventeranno sempre più scarse e costose e condurranno ad altre conseguenze ambientali impreviste.
Inoltre, secondo Soro, i prodotti progettati per essere durevoli e longevi sono anche un buon investimento aziendale, destinati a favorire la produttività grazie alla riduzione delle interruzioni causate dalla sostituzione o dall’introduzione di nuove tecnologie.
I prodotti progettati in modo circolare, infine, assicurano considerevoli risparmi in termini di consumo di energia, resi possibile non solo dalla presenza di cicli di aggiornamento più lunghi, ma anche da funzionalità come la manutenzione remota basata sull’analisi predittiva e l’assistenza su richiesta, utili a garantire che i prodotti continuino a funzionare per tutto il tempo necessario.
Molti, chiosa l’Ad di Lexmark Italia, pensano che l’economia circolare sia unicamente sinonimo di riciclo, ma in realtà ne costituisce solo una parte. “Progettare fin dall’inizio in modo che i prodotti durino più a lungo riduce i rifiuti e la necessità di riciclare, che può a sua volta consumare molta energia. In ogni caso, non si tratta certo di smettere di riciclare, ma di acquisire una diversa consapevolezza: se non si stanno facendo o acquistando prodotti progettati per durare, si sta operando solo a metà“.