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Emissioni CO2 e inquinamento digitale: quali azioni intraprendere

Christian Turcati, Technical Director Southern Europe di Nutanix, spiega quali azioni intraprendere sull’inquinamento digitale.

Il mondo sta cambiando. Ovunque, sono in atto enormi mutamenti a livello politico, finanziario, socio-economico e, naturalmente, ambientale. Il surriscaldamento climatico a livello globale provoca l’innalzamento del livello del mare, lo scioglimento dei ghiacciai, tsunami, terremoti e molto altro ancora.

Siamo in presenza di una quantità eccessiva di CO2 nell’atmosfera e molti dei fattori che incidono su questa ondata di emissioni in gran parte invisibili, sono anch’essi relativamente poco percettibili e la proliferazione della tecnologia digitale è uno di questi elementi.

La trasformazione digitale contribuisce in modo significativo alle emissioni di CO2.

Sebbene molti possano pensare che (ad esempio) il settore dei trasporti aerei sia fortemente responsabile in tal senso, la spinta globale del settore It nel promuovere la trasformazione digitale sta avendo un impatto maggiore di quanto si possa pensare. Ad esempio, studi recenti dimostrano che il settore digitale emette il 50% in più di gas serra rispetto all’intero settore aereo.

I veri responsabili

Christian Turcati, Technical Director Southern Europe di Nutanix
Christian Turcati, Technical Director Southern Europe di Nutanix

Sebbene in molti pensino che il metano prodotto dal bestiame, gli ossidi di azoto derivanti dai fertilizzanti e la produzione di carbone siano i “principali colpevoli”, i fattori dominanti che contribuiscono alle emissioni di CO2 sono tutti legati all’attività industriale dell’uomo e all’uso di combustibili fossili.

In particolare, la tecnologia digitale è responsabile di circa il 6% delle emissioni di CO2 del nostro pianeta derivanti da processi industriali, e tale dato include i data center, il traffico Internet e l’uso di smartphone, televisori e altri dispositivi digitali.

Ciò su cui dobbiamo riflettere è che ogni chiamata Zoom, ogni download, ogni accesso a Netflix e ogni utilizzo di un dispositivo di controllo della casa intelligente contribuisce al totale delle emissioni del settore It.

Naturalmente, questo processo inizia con (e include) il consumo di energia e le emissioni industriali associate alla produzione iniziale e alla fabbricazione di tutti i nostri dispositivi e sistemi.

Smartphone, una scelta intelligente?

Per avere tutte le innovative funzionalità offerte dagli attuali smartphone, il prezzo da pagare è sempre più alto. Non solo in termini di prezzo d’acquisto dello smartphone in sé (e non è raro che si arrivi a quattro cifre), ma anche per i costi associati al maggior consumo di energia necessario per la loro produzione.

Questa traiettoria di crescita crea ciò che noi chiamiamo “abitudini di consumo inflazionistiche” nei paesi ricchi: acquistare sempre più dispositivi digitali con maggiore frequenza, amplificando ulteriormente il problema.

I dispositivi sono ovviamente il punto di partenza di questa discussione; dobbiamo anche considerare ciò che accade nei datacenter che, per la maggior parte delle aziende, sono responsabili di circa il 20% delle emissioni indirette Scope 2.

È importante notare che, secondo l’agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente, le emissioni dei gas a effetto serra (GHG) Scope 2 includono le emissioni indirette provenienti dalla generazione di energia elettrica acquistata o acquisita, vapore, calore o raffreddamento che l’organizzazione consuma.

Sebbene tali emissioni si verifichino fisicamente presso la struttura in cui vengono generate, rientrano nei conteggi dei gas a effetto serra di un’azienda poiché sono il risultato dell’utilizzo dell’energia da parte dell’azienda stessa.

Non dimentichiamo che i requisiti energetici dei data center e delle infrastrutture digitali sono in continuo aumento. Dal 2010, il numero di utenti Internet è raddoppiato, il traffico Internet è cresciuto di 15 volte e lo storage è quintuplicato.

L’origine della sostenibilità

Passando quindi (come dobbiamo) alla necessità di bilanciare l’ambiente e l’economia, spieghiamo cosa intendiamo per sostenibilità: si tratta della consapevolezza che le risorse sono limitate e devono essere utilizzate in modo conservativo e saggio, con l’obiettivo di creare un mondo migliore.

Le prime nozioni di “Green It” e i sistemi di classificazione “Energy Star” degli anni ’90 sono stati ampiamente sviluppati con il passaggio all’approccio NetZero ovvero zero emissioni di carbonio. Oggi sappiamo che NetZero significa raggiungere un equilibrio tra il CO2 emesso nell’atmosfera e quello rimosso da essa.

Ma anche il NetZero presenta delle sfide. La grande attenzione che c’è sulla decarbonizzazione si concentra su un solo elemento dell’intera equazione della sostenibilità, ignorando altri aspetti ambientali come gli imballaggi, i prodotti, l’acqua e i rifiuti. Inoltre, dà origine a tutta una serie di modelli climatico-economici generati al computer che non sempre trovano riscontro nella pratica reale.

Cosa fare?

Sicuramente trasformare gli attuali data center per conseguire gli obiettivi di neutralità climatica. È possibile ricorrere all’automazione, a sistemi di raffreddamento innovativi e alle energie rinnovabili e trasformare le tradizionali architetture 3-tier dei data center in architetture di nuova generazione utilizzando tecnologie come le infrastrutture iperconvergenti (HCI), fondamentali per ridurre il consumo energetico e le emissioni CO2 dei data center.

L’iperconvergenza ha il potenziale per sfruttare i progressi tecnologici in diverse aree e ridurre il consumo di carbonio in settori chiave. La riduzione complessiva dei componenti hardware – in quanto fa convergere server, storage e elaborazione – è fondamentale, poiché permette di eliminare completamente la rete SAN. Ciò ha un impatto positivo immediato sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica.

Inoltre, riduce in modo significativo l’overprovisioning, offrendo un consumo graduale. Un’infrastruttura iperconvergente consente anche una maggiore automazione e un maggiore utilizzo, riducendo la complessità e costi necessari per gestire e mantenere l’infrastruttura It.

Combinando tutto questo con una riduzione complessiva dei componenti hardware, è possibile ridurre significativamente le emissioni di anidride carbonica di un’infrastruttura HCI rispetto alle infrastrutture 3-tier.

La sfida che ci troviamo ad affrontare è ardua: è necessario lavorare tutti insieme per vincerla.

Lascio l’ultima parola all’antropologa americana Margaret Mead: “Non dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini coscienziosi e risoluti possa cambiare il mondo. In verità è l’unico modo in cui è sempre successo”.

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