Il gruppo Cda, composto da tanti piccoli grossisti, ha optato per un sistema di business intelligence che aiutasse a “leggere” un mercato complesso come quello delle bevande
Il Consorzio Distributori Alimentari (Cda) nasce nel 1988 ad Agrate Brianza per iniziativa di alcuni imprenditori del settore della distribuzione di bevande. Obiettivi del consorzio sono quelli di ottenere, tramite l’associazionismo, un potere contrattuale maggiore nei confronti dei produttori, e di operare in termini mutualistici all’interno di una categoria da sempre molto “polverizzata”. Nel giro di pochi anni, Cda si è allargato al di là dei confini regionali per assumere una decisa valenza nazionale. Il consorzio comprende un centinaio di aziende, in maggioranza grossisti che riforniscono prevalentemente il canale di hotel, ristoranti e bar, oltre a discoteche e altri luoghi di aggregazione. Oggi, Cda è il più importante gruppo di distribuzione indipendente, con una quota di mercato del 12% e un fatturato previsto per il 2008 di 500 milioni di euro. Perché indipendente? «Perché non fa parte di quel gruppo, piuttosto numeroso, di aziende acquisite nel tempo dai colossi del beverage». La risposta è di Davide Mascaretti, It Manager di Cda, che ricorda che le singole aziende consorziate sono di proprietà dei rispettivi titolari: un aspetto importante per comprendere in quale modo procede l’innovazione all’interno del consorzio.«I progetti vengono proposti dalla struttura centrale e non imposti ai singoli consorziati». Servizi e progetti che hanno assecondato la forte espansione che le aziende associate hanno avuto negli ultimi dieci anni.
Il problema della disomogeneità
Nel 2003, Cda avvia un importante progetto di innovazione tecnologica, tendente a raccogliere in un unico database i dati provenienti da tutti gli associati del consorzio. «L’obiettivo», spiega Davide Mascaretti, It Manager di Cda «era quello di passare da analisi del business basate su percezioni, ad analisi fondate su dati reali». Una bella sfida, perché a livello It regnava la più totale disomogeneità; infatti, i diversi software gestionali delle aziende consorziate erano una trentina, ognuno con il suo formato dei dati, con le sue codifiche dei prodotti e dei canali di vendita. «Oltretutto pochi di quei software erano verticali». Come fare, allora? «Proposi di non uniformare i software gestionali, bensì di lavorare a valle, normalizzando i dati provenienti dalle varie fonti». Traduzione: occorreva un sistema di business intelligence, che aiutasse a “leggere” un mercato complesso come quello del beverage. Prima mossa: implementare un database. Nel 2004, si avvia il progetto che vede come partner tecnologico la Seap di Milano. Il motore? Sql Server. A quel punto, Cda commissiona a varie software house lo sviluppo di un modulo di estrazione integrato nel gestionale delle singole associate secondo specifiche comuni progettate da Seap. I moduli consentono di inviare i dati, tramite Ftp, a Cda. Qui, le informazioni (su vendite, acquisti, clienti, fornitori, prodotti) vengono uniformate e normalizzate, subiscono un processo semi-automatico di transcodifica e normalizzazione. Fatto salvo il principio che compito del team It di CdaA, 4 persone di cui 3 addette al datawarehouse, è quello di consigliare: «Non abbiamo obbligato nessuno a cambiare le codifiche dei prodotti e le categorie dei clienti», precisa Mascaretti, «i soci che hanno voluto adeguarsi lo hanno fatto, quelli che hanno preferito proseguire con le loro modalità inviano comunque i dati con cadenza mensile».
La scelta del datawarehouse
A quel punto, si decide di affiancare al database un datawarehouse, con funzioni di query e reporting. La scelta ricade su MicroStrategy, il cui sistema va a regime nel 2006, consentendo al consorzio di fornire tutta la reportistica necessaria ai singoli associati e ai fornitori. «Quest’ultima funzionalità è particolarmente interessante, perché consente a Cda di fornire ad aziende produttrici i dettagli del sell out dei loro prodotti». E i vantaggi per i singoli associati? «Ogni azienda può analizzare il proprio business, e rapportarsi con gli altri per comprendere meglio le proprie performance. Non c’è giorno che non venga richiesto un report ad hoc». Non manca un ritorno d’immagine significativo, visto che, come ricorda Mascaretti, questo è il primo datawarehouse adottato in Italia dal settore del beverage. I prossimi step riguarderanno la costruzione di dashboard dinamiche, sia per i soci che per i fornitori, e l’accesso al datawarehouse via Web a tutte le utenze, nonché l’invio periodico automatizzato di reportistica avanzata tramite Narrowcast Server.