Ancora poche politiche ad hoc sugli asset intangibili

Le aziende manifestano comunque una maggiore attenzione al ruolo del capitale intellettuale, segnala un rapporto realizzato da Summit e Neo-Polis

I manager considerano il capitale intellettuale un asset strategico importante per il successo delle proprie aziende, ma questo atteggiamento positivo non è spesso correlato da specifiche politiche per la sua tutela, valorizzazione e, soprattutto, contabilizzazione. È questa la conclusione principale di una ricerca sul capitale intellettuale realizzata da Summit e Neo-Polis; l’analisi è stata presentata in occasione dell’Intellectual Capital Value (Icv), il riconoscimento per le realtà che hanno mostrato particolare attenzione alla promozione e alla valorizzazione di questo patrimonio aziendale. Il primo premio di questa edizione è stato assegnato alla multinazionale degli elettrodomestici Indesit, che nel 2008 ha investito 45 milioni di euro in ricerca e sviluppo e per nuovi prodotti, pari a quasi un terzo del totale degli investimenti del gruppo.

La ricerca, condotta su un campione selezionato di cinquanta aziende di grandi e piccole dimensioni che hanno partecipato all’Icv 2008, ha evidenziato una notevole crescita nell’attenzione al capitale intellettuale. Il 79% del campione dichiara di aver codificato i principi della propria visione e missione in un documento formale, e la maggioranza ne prevede la diffusione in modo ufficiale verso l’interno e l’esterno. Ma in meno di un caso su tre (30%) i valori guidano effettivamente i comportamenti aziendali. Risultati simili si ottengono anche per quanto riguarda le politiche di branding delle imprese.

Identità: Visione e Missione
(file. pdf)

 

Il valore nasce dall’intangibile
La consapevolezza dell’importanza degli asset intangibili è testimoniata da numerose attività e prassi che sono promosse all’interno delle aziende. La maggioranza delle imprese coinvolte nella ricerca, ad esempio, ha formalizzato in modo dettagliato (37%) o parziale (51%) il proprio piano strategico in una serie di comportamenti e regole. Nel 91% dei casi esaminati inoltre il processo di performance management, così come il processo della qualità, è articolato e diffuso. Ma alle imprese italiane manca ancora la capacità di tradurre queste “buone intenzioni” in qualcosa di più articolato e concreto. Se infatti ben il 95% del campione dichiara di essere a conoscenza dei fattori che determinano l’innovazione, solo il 57% li misura e li integra in un efficace sistema di gestazione; appena il 37% ne effettua un preciso monitoraggio e lavora per renderli competenze distintive.

Innovazione: Capacità innovativa dell’azienda
(file. pdf)

I ritardi delle aziende
Evidenti ritardi emergono anche da un punto di vista comunicativo: ben il 93% delle aziende sono consapevoli delle ragioni che determinano la loro immagine e reputazione sul mercato, ma solo nel 41% dei casi questi fattori sono misurati attraverso apposite metodologie (interviste, focus group, questionari) in grado di produrre opportuni indicatori. In effetti ben la metà delle aziende intervistate ammette di non possedere un collegamento formalizzato tra il proprio patrimonio intangibile e la capacità competitiva. Inoltre appena nel 3% dei casi il ritorno sull’investimento relativo al capitale umano è misurato con chiarezza, mentre il 73% del campione lo considera come un mero costo. Risulta poi difficile stabilire chi effettivamente prenda le decisioni in merito agli asset intangibili: secondo l’indagine Icv il top management appare coinvolto in questo ambito (85% delle aziende), ma la grande maggioranza non lo ritiene un ambito prioritario. Solo per il 28% il capitale intellettuale fa infatti parte del processo strategico d’impresa, mentre il restante 72% ammette di dedicarci tempo solo occasionalmente.

Uso interno degli indicatori sviluppati per la comunicazione esterna (file. pdf)

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome