Guglielmi: «Troppi interessi intorno alla contraffazione»

Alcuni Paesi europei, secondo il presidente di Indicam, sono restii a combattere il fenomeno dei falsi per timore di conseguenze negative sulle proprie attività commerciali

La contraffazione sembra essere (quasi) inestinguibile: nonostante i sequestri e le denunce si susseguano quotidianamente in tutta Italia, l’enorme diffusione delle merci copiate è sotto gli occhi di tutti e nessun settore sembra essere immune rispetto a questo fenomeno. B2B24.it ne ha parlato con Carlo Guglielmi, presidente di Indicam (l’Istituto di Centromarca per la lotta alla contraffazione) e del Cosmit (L’ente fieristico che cura il Salone del mobile di Milano).

Non è raro imbattersi nelle nostre città in bancarelle ambulanti stracolme di merci palesemente contraffatte, anche a pochi passi dalle sedi istituzionali. Il problema è soltanto culturale o siamo anche di fronte a un deficit di controlli?
Una cosa non esclude l’altra, e devo dire che la nostra Guardia di finanza e l’Agenzia delle dogane fanno un ottimo lavoro. Per quanto riguarda la presenza di merci sospette nelle nostre città è chiaro che in casi come questi occorre intervenire. Solitamente chi vende questo tipo di prodotti è sprovvisto di qualunque tipo di permesso o licenza e non rilascia scontrino fiscale. Per cui la prima cosa da fare è accertare questi reati e, solo in un secondo momento, controllare e sequestrare la merce. Solo così ci si può rendere conto se si tratta di prodotti imitati, copiati oppure contraffatti.

Qual è la differenza tra queste tre fattispecie?
Si tratta di tre tipologie diverse l’una dall’altra, alcune delle quali violano le norme di legge e altre no. L’imitazione, ad esempio, non è perseguibile penalmente; spesso alcuni produttori prendono qualcosa di esistente e gli cambiano pochi particolari appunto per non essere accusati di aver copiato (ovvero di aver riprodotto in tutto e per tutto un articolo già brevettato), che è un reato vero e proprio. La contraffazione, invece, è una copia in cui è anche riprodotto il brand di chi ha realizzato il prodotto originale. Questi sono gli aspetti legali del fenomeno, ma altrettanto importante è avere coscienza del problema culturale: copiare e contraffare non significa nient’altro che rubare un pezzetto d’intelligenza altrui, e inoltre bisogna avere la consapevolezza che la contraffazione è un danno per l’economia e per il proprio paese.

A quanto ammonta il giro d’affari della contraffazione in Italia e nel mondo?
Il fenomeno è pari ormai al 9% del Pil mondiale, stiamo parlando di una cifra sbalorditiva, ovvero circa 350 miliardi di euro. L’Italia, in particolare, è il primo paese in Europa per consumo di prodotti contraffatti, oltre a essere il principale produttore europeo e il quinto a livello mondiale. Nonostante la contraffazione nasca e si alimenti nell’illegalità, alcuni amministratori sono però restii a rendersi conto di questa situazione, e anche talune sentenze della giustizia in materia sono davvero opinabili.

Quale ruolo può giocare l’Europa nella lotta alla contraffazione?
 Noi vorremmo che l’Europa si dotasse di un Alto commissario per la lotta alla contraffazione, perché il problema non è più risolvibile soltanto a livello italiano ma è piuttosto globale. Purtroppo i paesi del Nord Europa sembrano frenare qualsiasi iniziativa, abbiamo avuto un commissario europeo che avrebbe dovuto occuparsi di queste tematiche, l’inglese Peter Mandelson, e che ha invece fatto di tutto per non farlo. I paesi dell’Est Europa e i porti del Nord sono infatti vere e proprie porte per l’ingresso di queste merci. Eppure ci sono alcuni stati, come Gran Bretagna e Olanda, che non hanno una reale volontà di combattere questo fenomeno, perché i loro interessi sono focalizzati sul trade, sia commerciale che finanziario, e dunque dal loro punto di vista l’importante è far transitare quanta più merce possibile.

Quale è stato l’impatto di Internet sul pianeta contraffazione?
L’impatto è stato drammatico. Internet è un enorme canale di distribuzione dei prodotti contraffatti, anche in questo senso ci vorrebbe un regolamentazione diversa. A nostro avviso anche i provider, i grandi portali come Google, e-bay, dovrebbero avere la responsabilità degli articoli che ospitano sui propri server. Dal momento che un semplice commerciante è considerato dalla legge come corresponsabile se mette in vendita un prodotto contraffatto, non si vede per quale motivo i giganti del web non debbano preoccuparsi di quello che è commercializzato sui propri siti.

Il settore del mobile e della cucina è a rischio contraffazione?
Sicuramente si tratta un comparto a rischio, anche se più che contraffazione esiste soprattutto un problema di copie e di imitazioni. Tutti i prodotti possono essere colpiti: se un tempo si poteva dire che gli articoli di fascia più alta erano meno imitati e copiati, oggi non è più così. La tendenza è quella di copiare le produzioni di successo, che hanno grandi numeri e giustificano ingenti investimenti da parte dei contraffattori. Anche in questo settore ci sono stati casi clamorosi di violazione della proprietà intellettuale: i divani di Le Courbusier per Cassina sono stati copiati in un modo incredibile, così come la serie Arco della Floss. Un destino simile hanno subito le lampade Scintilla e 1853 prodotte dalla mia azienda, Fontana Arte, che sono state riprodotte in Italia e all’estero.

Che tipo di azioni avete in programma come Cosmit a tutela della proprietà intellettuale?
Innanzitutto occorre sottolineare come il nostro Salone del mobile abbia sempre dedicato molta attenzione a questo tema: non è facile essere presenti nei nostri stand, tanto che c’è una lista d’attesa molto lunga. Numerose aziende asiatiche, che pure sono presenti in tante altre fiere, non hanno alcuna possibilità di essere mai ospitate all’interno del nostro Salone. In Germania, al contrario, ci sono padiglioni interi delle fiere dell’illuminazione affittati a copiatori cinesi. Come Cosmit cerchiamo invece di premiare sempre la qualità. In passato ci sono stati alcuni sequestri di merce copiata o contraffatta persino all’interno del Salone, ed è probabile che alcune aziende si stiano attrezzando per effettuare controlli anche nella prossima edizione della manifestazione. Sono convinto che anche per le fiere, che rappresentano senz’altro un’importante porta d’ingresso per queste merci, ci vorrebbe un regolamento comune.

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