A tutto tondo il Plm di Ibm

Il Product lifecycle management va visto in un’ottica di completa integrazione con l’azienda

In uno degli ultimi discorsi rivolti agli analisti, Sam Palmisano, Ceo di Ibm, ha detto che il software rappresenta un importante motore di crescita per la società, tant’è che per il 2010 dovrà contribuire tra il 40 e il 45% dei profitti, il tutto supportato anche da una politica di investimenti in acquisizioni, tra le quali una delle ultime è Telelogic, che peraltro ha portato a 71 le acquisizioni fatte da Big Blue dal 1995 a oggi. In ambito software, come ha osservato Paolo Perillo, direttore marketing Software della società in Italia «Ibm ha guadagnato nuove quote e nei primi nove mesi del 2008 ha raggiunto in Italia nel middleware un market share di circa il 25%». Inoltre, pur in un momento di estrema cautela da pare delle aziende a investire in nuovi piani di sviluppo, emerge che il mondo sta diventando molto più denso di tecnologia, che sta diventando più interconnesso e che tutte le cose stanno diventando intelligenti. «Significa, quindi, che c’è una chiara convergenza tra infrastrutture fisiche e digitali, – ha proseguito Perillo – per cui in questo contesto le imprese se vogliono sopravvivere devono diventare più intelligenti soprattutto sul fronte tecnologico».

In quest’ottica, Ibm, si propone con un portfolio software di 6 brand, il cui valore aggiunto è rappresentato dalla capacità di integrazione dell’offerta, affiancata da servizi e competenze diverse. Uno dei sei brand è rappresentato dal Plm (Product lifecycle management), un mondo che per anni è stato a se stante rispetto all’informatica. Da un po’ di anni a questa parte l’evoluzione del Plm è rappresentata dall’integrazione con tutto il resto dell’azienda della parte engineering, non solo quella tradizionale, ma anche quella allargata, quindi tutti i dati che sono associati al progetto. Date queste premesse, due anni fa l’area Plm di Ibm è entrata nel Software Group e, come ha sottolineato Flavio Fusi, marketing manager Plm della società «questa mossa per noi ha rappresentato un notevole valore aggiunto, in quanto ci ha consentito di diventare una parte integrante di una struttura molto più ampia, che vede il sistema informativo a 360 gradi, per cui ci siamo anche trovati ad affrontare tematiche a noi sconosciute».

Per Ibm, da sempre parlare di Plm significa ribadire la collaborazione estremamente consolidata con una software house francese, la Dassault Systèmes, che però due anni fa ha deciso di seguire direttamente tutto il mercato dello small and medium business, lasciando a Ibm la parte dei large account. «È un’evoluzione che era nella logica delle cose, per cui visto che commercializziamo un software non nostro, abbiamo identificato due aree dove potevamo avere un ruolo particolarmente significativo: la prima è quella dell’integrazione, la seconda dei servizi. Dal momento che i nostri clienti sono realtà del settore automotive, aerospace e aziende industriali, abbiamo cercato di capire come il Plm può essere impattato dalla crisi».

Per alcuni di questi mercati, la crisi forse va oltre il fatto che ci sia un problema economico, per cui molte imprese devono cercare di cambiare il modo di rinnovare la propria offerta. In tutto questo, il Plm può essere un aiuto «perché va ricordato che per qualsiasi prodotto l’80% del costo viene definito durante la fase di progettazione, e questo non è un fatto banale» ha osservato Fusi.

Quindi, quanto più bisogna innovare e fare nuovi prodotti, tanto più diventa cruciale il discorso della progettazione. Inoltre il Plm non deve essere utilizzato solo da progettisti e ingegneri, ma deve arrivare anche alla portata di un utente finale, magari con capacità creative, per cui Dassault ha deciso di riscrivere il suo portfolio di prodotti e realizzato la nuova piattaforma V6, che ha un obiettivo ambizioso: avviare la collaborazione e la cooperazione. Questa scelta si sposa completamente con le linee guida che Ibm aveva individuato per il settore, in quanto V6 offre l’opportunità di avere una tecnologia che è integrata nell’ambito dell’engineering e che le permette di aggiungere tutta una serie di nuovi servizi.

«Il vantaggio della unit di Plm di operare all’interno del Software Group – ha ribadito Fusi – è quello di essere vicina all’area che sviluppa Websphere, cioè la parte di infrastruttura, a quella di Rational, che invece sviluppa le applicazioni per costruire il software e a quella di Tivoli che si occupa di integrazione e di sicurezza, con l’obiettivo di realizzare l’integrazione tra l’ambiente Plm allargato, in una logica V6, con tutto il resto dell’azienda. Abbiamo, quindi, cercato di far vedere qual è la declinazione della Soa per il Plm e, sempre in ottica integrazione, realizzato dei centri di eccellenza Plm dislocati in tutto il mondo: in Europa uno si trova vicino a Nizza e un altro a Stoccarda, dove ci siamo ripromessi di far vedere concretamente al cliente come l’informazione, che viene dall’engineering, possa arrivare agli Erp, al Crm e, viceversa, come questi possono essere recepiti».

Un’altra tematica importante emersa riguarda l’ottimizzazione dei processi: il Tco del prodotto, infatti, si ottiene anche controllando il costo del software. Per cui Fusi consiglia caldamente che le aziende con centinaia di licenze sappiano con precisione come queste vengono utilizzate per cui è importante anche fare un assessment delle metodologie di Plm «per ottenere significativi risparmi anche su questo fronte».

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