Sda Bocconi: in un mercato maturo le aziende si devono impegnare concretamente a garantire la qualità delle informazioni
La Scuola di Direzione Aziendale dell’Università Bocconi ha reso noti i risultati del primo anno di attività del suo Osservatorio Business Intelligence. «Oggi – esordisce Paolo Pasini, responsabile scientifico dell’iniziativa – c’è chi parla di Bi 2.0, alludendo a un salto tecnologico che potrebbe aprire nuovi paradigmi in questo universo applicativo, sempre più investito dall’onda lunga delle Soa. In realtà, in Italia, il fenomeno dell’intelligenza diffusa continua a mostrare problemi ancora irrisolti sul fronte del disegno architetturale, del portafoglio applicativo e delle professionalità».
Un esordio che non lascia ben sperare quello del docente dell’università milanese, che sottolinea come, però, la Bi non possa essere più considerata una tecnologia da pionieri, ma sia entrata nella fase della maturità e, ormai, debba essere considerata una dotazione indispensabile per molte organizzazioni del Belpaese.
«Il dato più rilevante che emerge dall’osservatorio è che la Bi non può più essere vista come un fenomeno frammentato, a macchia di leopardo, ma come una realtà pervasiva all’interno delle aziende, anche di quelle più piccole – conferma -. A rincuorare chi crede nelle potenzialità di questi strumenti, c’è anche la conferma del coinvolgimento del management nei processi decisionali forti, che riguardano l’acquisto e la gestione, così come l’aggiornamento della Bi».
Lo studio condotto ha monitorato un universo di 180 aziende rappresentative della situazione microeconomica italiana per 10 mesi, dal luglio 2007 ad aprile. I dati raccolti mettono in luce che gli stanziamenti per la Bi crescono con l’aumentare delle dimensioni d’impresa e sono più consistenti, in particolare, nei settori banche/assicurazioni, retail e chimico/farmaceutico.
«È interessante notare che ben il 38% delle aziende dedica un budget specifico alla Bi, all’interno dello stanziamento Ict – osserva -. Meno rilevante, invece, è la diffusione in azienda di questi strumenti, data dal rapporto tra il numero di utenti abilitati e quello degli utenti potenziali, che si attesta sul 21%».
L’architettura che prevale (51% del campione) è quella dei tool, seguita dalle applicazioni personalizzate (24%), dalle soluzioni funzionali collocate all’interno di tecnologie Erp (15%) e dagli strumenti best of breed e, in generale, è massiccio il ricorso al vendor unico. «La responsabilità del progetto – sostiene il professore – è, nel 64% dei casi, della funzione It, piuttosto che delle unità operative utenti come il marketing o le vendite e stupisce come, sebbene la metà degli interpellati ritenga molto importante la creazione di un centro di competenza interno, solo 15% ammetta di essersi già dotato di un Bicc».
In realtà, il problema più rilevante rimane ancora legato alla qualità dl dato «visto che gli interventi su questo tema – sottolinea – sono occasionali, mai strutturati. Le criticità maggiori su questo fronte vanno riscontrate nelle fasi di data entry e nella rilevazione dei requirement del progetto». Anche la proprietà dei dati è un tema interessante «nel 64% dei casi, la ownership è dell’organizzazione It, nel 24% delle funzioni utenti e nel 12% della direzione generale – puntualizza – e questa mi sembra una buona idea. Data la trasversalità delle applicazioni di Bi, infatti, è buona norma non limitare la disponibilità dei record alle funzioni più operative tipo marketing o vendite, ma fare in modo che la base dati sia sempre accessibile».
Quanto ai processi decisionali, non stupisce che la scelta del vendor e dell’applicazione di intelligenza diffusa più idonea a supportare l’azienda siano materia della direzione generale nelle Pmi «soprattutto in virtù del fatto che la Bi risulta fortemente integrata con la spina dorsale del sistema di gestione queste aziende, ovvero l’Erp», dice Pasini. L’It manager o il Cio sono, invece, quelli cui è demandata la decisione nelle aziende di dimensioni più grandi, specie laddove si punta sulle soluzioni pacchettizzate.
Altro tema di interesse è la valutazione dell’offerta. «Il 22% del campione adotta strumenti di screening ex ante – sottolinea -, mentre il 56% valuta a posteriori la soddisfazione degli utenti, il 37% si è dotato di strumenti per stimare il grado di utilizzo di questi strumenti e il 22% applica le regole del Roi o altri indicatori finanziari».
Quanto al futuro «le sperimentazioni delle soluzioni di gestione della collaborazione sono quelle percepite come più urgenti dal 51% degli intervistati – conclude -, mentre i portali di intelligenza distribuita sono ritenuti la prossima frontiera di queste applicazioni nel 44% dei casi. L’integrazione con l’Erp è una priorità per il 38% del campione. Un quarto delle aziende intende valutare alternative di Bi open source e il 15% si dice pronto a sperimentare le opzioni di software come servizio per questa tipologia di applicazioni». Infine, la revisione della Bi nell’ambito delle architetture Soa è considerata una priorità dal 49% del campione.