A Canton l’Italia del calzaturiero

Quarantacinque aziende del made in Italy hanno partecipato alla 18° edizione della rassegna “International Exhibition on Shoes & Leather Industry”

Si chiude oggi, presso il complesso fieristico di Pazhou di Canton, l’International Exhibition on Shoes & Leather Industry, 18° edizione della fiera di tre giorni dedicata all’industria delle calzature e pelle. La manifestazione di settore, che raccoglie ogni anno oltre 1.000 espositori provenienti da 26 Paesi, occupando un’area di 60.000 mq con oltre 30.000 visitatori, ha visto quest’anno una nutrita partecipazione di aziende italiane, suddivise in 2 padiglioni merceologici. Il primo con 26 imprese guidate da Unic (Unione nazionale industria conciaria) e Unac (Unione nazionale accessori e componenti); il secondo con 19 aziende coordinate da Assomac (Associazione nazionale costruttori macchine e accessori per calzature, pelletteria e conceria). Per l’occasione, il Presidente di Assomac, Giulio Tandura, ha presentato le due manifestazioni fieristiche di settore (Simac e Tanning Tech) che si terranno a Bologna dal 28 al 30 Ottobre 2008, per le quali sarà organizzata in collaborazione con l’Istituto per il commercio estero (Ice) anche una delegazione di 10 operatori cinesi. Inoltre Ice e Assomac -ha aggiunto il presidente Tandura- realizzeranno un programma speciale di formazione per manager cinesi del comparto calzature.

La Cina è il principale mercato estero per i costruttori italiani di macchine per calzature, rappresentando il primo produttore ed esportatore mondiale di scarpe, con un volume annuo di oltre 10 miliardi di paia e circa 30.000 aziende, di cui più di 5.000 sono concentrate nella provincia del Guangdong. Secondo quanto affermato dal segretario generale dell’associazione locale Wu Hang, nonostante una crescita dell’8% circa registrata nel 2007, rispetto agli anni passati il settore sta mostrando un preoccupante rallentamento, dovuto soprattutto alle misure antidumping dell’Unione Europea, alla rivalutazione del renminbi e all’aumento dei costi di gestione delle aree industriali. Inoltre, l’adozione da parte del Governo cinese di nuove e più stringenti norme per la tutela ambientale sta imponendo alle imprese locali ulteriori costi. Si tratterebbe, tuttavia, di un rallentamento di transizione, dovuto anche al tentativo dei produttori cinesi di migliorare le caratteristiche dei loro prodotti attraverso l’acquisizione di tecnologia più avanzata e materie prime di qualità, soprattutto dall’Italia.

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