Agassi a ruota libera

Il responsabile tecnologico di Sap parla ai “softwarologhi” americani di concorrenza, verticalizzazioni e ruolo del Cio.

La morale di Shai Agassi, responsabile dei prodotti e della tecnologia di Sap, è che la casa tedesca rimane sostanzialmente imperturbata di fronte alla “scalata” di Oracle negli ultimi anni. Sap, pensa il manager, non si ritiene minacciata nel proprio primato applicativo.

Agassi ha ricordato a una platea di “softwarologhi” americani, riportano le cronache d’Oltreoceano, che in materia di quote di mercato delle applicazioni, prima che Oracle acquisisse PeopleSoft, Sap deteneva un vantaggio di 30 punti percentuali, che ora è salita a 35 punti.

Ma per non perdere troppo tempo in noiosi confronti diretti, è poi passato a spiegare il senso della strategia Esa (Enterprise Services Architecture) e della sua coesistenza con la verticalizzazione delle applicazioni.

Trattasi di due tendenze in atto.

La prima è un concetto adiacente a quello Soa, non perseguito direttamente da Sap, che preferisce parlare di standardizzazione della semantica di business. Ma, insomma, siamo lì: è il terreno per la costruzione di un’architettura aperta e flessibile su cui montare e accogliere, con NetWeaver, servizi e applicazioni. Qualsiasi queste siano, e, soprattutto, chiunque le faccia.

Tratto attuale del mercato, infatti, secondo Agassi è la richiesta di applicazioni fortemente verticali. Che Sap, da sola, non può fare. Ergo, le devono creare i partner, potendo contare su un’architettura aperta su cui montarle.

E Agassi parla di 4mila applicazioni, che devono poter essere utilizzate liberamente dall’utente, senza vincoli di piattaforma.

Capitolo a parte, quello dei Cio. Agassi, si sa, ha sempre espresso interesse per il ruolo del gestore delle informazioni aziendali.

Al momento attuale lo vede in trasformazione. Da un lato deve essere sempre il Chief It officer, ovvero colui che svolge ormai da anni il tema del contenimento dei costi di infrastruttura, mediante gestione ottima. Dall’altra deve assumere la veste del Chief process innovation officer, ovvero colui che sa pianificare i cambiamenti di struttura e valutarne gli impatti, sul business.

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