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AI e robotica: ecco il futuro delle aziende e della società

Viene da pensare che il responsabile del CSAIL, ossia il Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory del MIT, debba essere necessariamente convinta della diffusione delle tecnologie di cui si occupa, come la robotica.

Daniela Rus – intervenuta all’evento Reply Xchange di Milano – non smentisce questa idea e anzi ha una visione molto chiara: come il computing è entrato talmente in profondità nella nostra vita che oggi nemmeno ce ne rendiamo conto, così la robotica e il machine learning – che saranno sempre più legati fra loro – faranno nel prossimo futuro e con impatti ancora maggiori.

È una evoluzione tecnologica che viene accelerata non solo da altri miglioramenti tecnici ma anche dai cambiamenti della società. La popolazione in età lavorativa sarà sempre meno, ad esempio, e questo porterà alla mancanza di competenze sul mercato e a una competizione per i talenti disponibili.

Poi il global warming, che impone a tutte le aziende di pensare al proprio sviluppo tenendo conto della sua sostenibilità. E le mutazioni sociali, per cui entro il 2050 il 70 percento della popolazione mondiale risiederà in megalopoli tutte da gestire.

Machine learning anche per i chatbot, ad esempio quello che Reply ha realizzato per Lancia

Se il mondo si fa sempre più complesso servono tecnologie che aiutino le persone ad affrontarlo nei compiti che devono svolgere.

L’obiettivo della ricerca è realizzare sistemi sempre più autonomi che affianchino le persone là dove è possibile e sensato che accada. Machine learning, intelligenza artificiale e robotica serviranno a questo, prima di tutto nelle imprese e poi man mano nella società, quindi è bene che le aziende comincino ad affrontare questi temi.

Due forme di autonomia

Secondo Daniela Rus, AI e robotica sono in fondo due forme diverse di autonomia. La prima è una “autonomy at rest” e la seconda una “autonomy in motion” ma le due sono destinate a integrarsi anche perché il machine learning sta facendo fare importanti passi in avanti alla robotica stessa, ad esempio nel campo della visione e della manipolazione degli oggetti.

Ma per ora le imprese hanno davanti il machine learning più convenzionale, reso possibile dalla grande potenza di calcolo oggi disponibile ma anche e soprattutto dalla enorme quantità di dati con cui addestrare le reti neurali che permettono agli algoritmi di imparare.

Anche se, ricorda Rus, il deep learning non è perfetto: “esaminare grandi quantità di dati non significa creare conoscenza e fare tanti calcoli non significa autonomia”. La gran parte dei sistemi di AI oggi sono poi soluzioni che sanno fare bene una cosa sola, non sono strumenti trasversali.

Reply ha sviluppato per Superga una soluzione per la prototipazione rapida di scarpe con la stampa 3D, per vedere dal vivo l’effetto di nuove fantasie o stili

Procede spedito anche lo sviluppo di nuovi sistemi robotici più funzionali e versatili di quelli classici. Qui i miglioramenti sono legati soprattutto ai “soft robot”, creati con materiali e strutture più flessibili rispetto alla progettazione tradizionale e più vicini a come sono strutturati gli organismi in natura.

Anche qui conta l’AI perché per funzionare meglio i robot devono imparare le caratteristiche dei materiali con cui hanno a che fare, andando oltre l’addestramento rigido degli approcci consueti, come quelli della robotica industriale.

Cambia il mondo del lavoro

Siamo davanti a evoluzioni importanti nelle aziende e nella società, cosa che non può non avere ripercussioni sul mondo del lavoro. Ma, spiega Rus, il rischio della perdita di posti di lavoro per l’avvento di robot e intelligenze artificiali è sopravvalutato: “le macchine possono occupare alcune fasce intermedie dei lavori, non quelle più complesse di decision making o quelle più pratiche di chi opera in ambienti imprevedibili”.

E in realtà la questione è più articolata e legata a come intendiamo il lavoro, secondo la responsabile del CSAIL. Siamo abituati a considerare una professione come un ruolo monolitico ma in realtà essa è un insieme di task a cui ciascuno dedica una parte del proprio tempo lavorativo.

Le AI “possono eliminare alcuni task ma non un ruolo nella sua totalità, tutti i lavori ad esempio comprendono una complessità di interazioni personali che le AI non possono gestire”, commenta Rus.

Anche per questo i risultati migliori – e lo si vede statisticamente già ora, in diversi settori – non si ottengono sostituendo le persone con algoritmi di machine learning ma affiancando i due tipi di competenze. Dal punto di vista sociale il problema sarà semmai contenere il gap crescente tra chi svolge professioni di livello “alto” e chi ha compiti più semplici.

A breve termine si può intervenire formando le persone su nuovi skill, nel lungo periodo serve che il computational thinking entri nelle scuole: imparare prima possibile come risolvere i problemi con le tecnologie è il modo per essere sempre pronti al cambiamento.

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