L’intelligenza artificiale generativa? Secondo Alessandro La Volpe, da luglio general manager di Ibm Italia, porterà un impatto sulla produttività da 4.400 miliardi di dollari a livello globale. Per l’Italia, significa un incremento di circa 90 miliardi. Ma le aziende devono essere in grado di cogliere questa opportunità. E devono integrarla in azienda in maniera affidabile, puntando alla scalabilità, ma anche tenendo conto dell’impatto sull’ambiente di una tecnologia rivoluzionaria, ma allo stesso tempo incredibilmente energivora.
Secondo La Volpe, già oggi il 45% delle aziende di grandi dimensioni sta già iniziando a sperimentare con la GenAI. Ma, per l’appunto, si tratta prevalentemente di sperimentazioni: “solamente il 10% sta portando in produzione un prototipo”, spiega La Volpe, sottolineando che questi sono i dati relativi ai clienti di Ibm. Ma che, al di là dei numeri specifici, tutti concordano su un punto: al momento, i progetti di IA sono prevalentemente esperimenti. Facilitati anche dal fatto che oggi è stato democratizzato l’accesso all’IA: questa tecnologia, un tempo riservata solo alle realtà con grandi budget a disposizione per ricerca e sviluppo, è oggi accessibile a basso costo per chiunque, Pmi incluse.
Fermarsi alla sperimentazione, però, è un rischio, perché “se noi ci fermiamo nel mondo dei prototipi senza mai entrare in funzione questa diventa una trappola, una palude dalla quale non usciamo. E perdiamo un vantaggio competitivo”, prosegue La Volpe. Per concretizzare i progetti, bisogna partire dai casi d’uso. A oggi, quelli più diffusi sono l’automazione, la scrittura di codice, la generazione di contenuti di marketing o commerciali, ma la scelta su quali investire dipende dalla specificità dell’azienda stessa. Che deve individuare le aree dove l’intelligenza artificiale può portare miglioramenti e dove è più probabile poter trasformare gli esperimenti iniziali in progetti concreti di utilizzo quotidiano.
E qui entra in gioco il tema dei dati. Quelli generalisti e pubblicamente disponibili sono già stati tutti utilizzati per addestrare gli attuali modelli di IA. In ambito aziendale, però, sono i dati di business che fanno la differenza portando un vantaggio competitivo. Sono queste le informazioni che permettono di personalizzare le IA secondo le proprie esigenze, di creare modelli non più generalisti ma specifici. Qui La Volpe sottolinea due aspetti chiave: l’importanza di saper gestire i dati aziendali in maniera sicura e conforme alle regole, ma anche scegliere il modello di IA più adatto per ogni situazione.
Sotto questo profilo, Ibm ha annunciato a ottobre i modelli Granite 3.0, distribuiti sotto licenza open source. Large Language Models ma non giganteschi, più snelli, più facili e meno costosi (sotto il profilo della potenza di calcolo) da addestrare. Perché spesso non è necessario utilizzare un modello enorme, in grado di fare fin troppo: meglio concentrarsi su modelli più compatti, dai 3 agli 8 miliardi di parametri (per capirci, il modello di Mistral fa leva su 400 miliardi di parametri), ideali per specifici compiti, che possono essere addestrati e adeguati rapidamente. E, sottolinea La Volpe, “consentono una più rapida adozione dell’intelligenza artificiale. E performance almeno equivalenti a quelle di altri modelli, in alcuni casi superiori, con un impatto sui costi ridotto”. La Volpe sottolinea anche l’importanza di proteggere questi modelli, per evitare utilizzi distorti.
Sintetizzando, tre le peculiarità che dovrebbe avere un’IA secondo La Volpe: agile (e quindi relativamente semplice da addestrare e poco energivora), sicura e affidabile.
La Volpe fa anche il punto sugli agenti, che considera come “la nuova frontiera dell’IA”. Questi agenti non si limitano a restituire output da prompt, ma automatizzano processi. Gli attuali sistemi di IA sono eccellenti nel dare risposte, ma si trovano in difficoltà se devono lavorare su processi strutturati, che richiedono più passaggi.
Qui entrano in gioco i servizi di consulenza di Ibm Consulting Advantage, una piattaforma basata su tecnologia Ibm ma compatibile anche con altre soluzioni cloud, così da potersi adattare alle esigenze delle imprese che si appoggiano ad altre infrastrutture, come Azure o Aws. Consulting Advantage incorpora una serie di asset, sviluppati a livello globale e specifici per vari tipi di industria. All’interno della piattaforma operano circa 2.000 assistenti di IA, progettati per accelerare le operazioni dei consulenti della multinazionale. I vantaggi sperimentati a oggi? Secondo Tiziana Tornaghi, general manager di Ibm Consulting Italia, accelerano significativamente le operazioni, in particolare quelle ripetitive, che possono essere facilmente automatizzate. Liberando tempo ai lavoratori, tempo che potrà venire utilizzato per acquisire nuove competenze. Perché uno dei principali problemi è relativo proprio alle competenze digitali: senza possederle, è difficile ottenere quei grandi incrementi di produttività promessi dalla tecnologia.
Gi esempi di Inail e Asphi
Si parla molto di IA e di progetti, meno dei risultati concreti ottenuti dalle imprese adottando questa tecnologia. Ibm ha portato due esempi pratici di adozione. Il primo arriva da Inail, l’Istituto Nazionale che tutela i lavoratori, l’Istituto Nazionale che tutela i lavoratori, che ha avviato una collaborazione con Big Blue per affrontare l’aumento delle richieste di finanziamento nell’ambito del programma “Bandi ISI”. Un bando con un budget da mezzo miliardo di euro, che ha visto un’ampia partecipazione. Per sostenere il sovraccarico di richieste, Inail ha reso disponibile, con il supporto di Ibm Consulting e Ibm Client Engineering, un assistente virtuale basato sulla tecnologia di IA watsonx Assistant. Il risultato? Inail ha registrato un aumento della produttività e sensibili miuglioramenti nella tracciabilità delle richieste. Il sistema si è rivelato efficace nel supportare i clienti nella presentazione delle domande, offrendo anche supporto immediato e riducendo la necessità di contattare il servizio clienti.
Un altro esempio pratico arriva dalla onlus Asphi, che ha collaborato con Ifab (International Foundation for Big Data and Artificial Intelligence for Human Development) e Ibm Client Engineering per valutare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale attraverso un proof of concept basato su Ibm watsonx.ai, Ibm watsonx Assistant, Ibm Cloud Code Engine e il database Ibm Cloudant. Il risultato della collaborazione si è concretizzato in una piattaforma che consente anche ai lettori con disabilità di rendere i testi complessi più accessibili e coinvolgenti. Utilizzando le capacità analitiche di watsonx, lo strumento semplifica la lettura e guida l’utente verso nuovi materiali didattici. Non solo: è stato anche creato “LucIA”, un assistente virtuale dotato di UA a disposizione degli utenti che può rispondere a qualsiasi domanda relativa al testo. L’assistente virtuale è costruito su watsonx.ai e utilizza watsonx Assistant per gestire l’interrogazione dei testi da leggere, offrendo assistenza in tempo reale.