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Ammenda di 2,42 miliardi di euro a Google dall’Antitrust UE

La Commissione europea ha imposto a Google una ammenda di 2,42 miliardi di euro per violazione delle norme antitrust dell’UE. Google ha abusato della posizione dominante sul mercato in quanto motore di ricerca accordando un vantaggio illegale a un altro suo prodotto, il servizio di acquisto comparativo.

La società deve porre fine a tale comportamento entro 90 giorni o sarà soggetta al pagamento di una penalità fino al 5% del fatturato giornaliero medio mondiale di Alphabet, la società madre di Google.

Per la Commissaria responsabile per la Concorrenza, Margrethe Vestager “Google ha lanciato tanti prodotti e servizi innovativi che ci hanno cambiato la vita. Gli effetti sono positivi. Ma nella strategia attuata per il suo servizio di acquisti comparativi, non si è limitata a rendere il suo prodotto migliore di quelli concorrenti per attrarre più clienti. Google ha abusato della sua posizione dominante come motore di ricerca per promuovere il suo servizio tra i risultati della ricerca e per retrocedere quello dei concorrenti. Google ha tenuto un comportamento illegale ai sensi delle norme antitrust dell’UE perché ha impedito ad altre imprese di competere in base ai propri meriti e di innovare. Ma soprattutto, ha negato ai consumatori europei la possibilità di scegliere liberamente i servizi e di sfruttare appieno i vantaggi dell’innovazione.

Come è nata l’ammenda per Google

Come ricostruisce una nota di Bruxelles, nel 2004 Google è entrata nel mercato distinto dei servizi di acquisti comparativi in Europa, con un prodotto inizialmente denominato “Froogle” e rinominato “Google Product Search” nel 2008 e “Google Shopping” nel 2013. Il prodotto consente ai consumatori di raffrontare i prodotti e i prezzi online e individuare offerte proposte da rivenditori online di tutti i tipi, tra cui negozi online dei produttori, piattaforme come Amazon e eBay e altri rivenditori.

Quando Google ha introdotto il servizio di acquisti comparativi Froogle, erano già presenti sul mercato diversi operatori. Secondo i dati di cui disponeva all’epoca, Google era al corrente dei risultati scadenti di Froogle sul mercato. Per essere competitivi, i servizi di acquisti comparativi si basano sul traffico: più è intenso, più le pagine sono cliccate e gli utili aumentano. Inoltre, l’aumento del traffico attira un maggior numero di rivenditori che vogliono proporre i loro prodotti attraverso il servizio di acquisti comparativi. Grazie alla sua posizione dominante nella ricerca generica su internet, il motore di ricerca di Google è un’importante fonte di traffico per i servizi di acquisti comparativi.

Dal 2008 Google ha operato un cambiamento di rotta nella strategia attuata per affermare il proprio servizio di acquisti comparativi sui mercati europei, facendo leva sulla propria posizione dominante nella ricerca generica su internet invece che sulla capacità di competere in base ai propri meriti.

Per la UE, quindi, Google ha sistematicamente attribuito una posizione preminente al proprio servizio di acquisti comparativi: quando il consumatore effettua una ricerca su Google in relazione alla quale il servizio di acquisti comparativi della società americana vuole proporre risultati, questi sono visualizzati in cima ai risultati della ricerca o comunque tra i primi. E nelle pagine dei risultati della ricerca Google ha retrocesso i servizi concorrenti di acquisti comparativi: tali servizi sono visualizzati sulla base di algoritmi di ricerca generica, che Google ha impostato secondo una serie di criteri che finiscono per far retrocedere i servizi di acquisti comparativi concorrenti. I dati dimostrano che anche i servizi concorrenti più alti in graduatoria finiscono in media solo a pagina quattro dei risultati di ricerca su Google e altri figurano ancora più in basso. Il servizio di acquisti comparativi di Google non è soggetto agli algoritmi di ricerca generica della società, per cui non viene retrocesso.

Tale servizio è quindi molto più visibile ai consumatori nei risultati della ricerca su Google rispetto ai servizi concorrenti.

I dati disponibili indicano che i consumatori cliccano molto più spesso sui risultati più visibili, ossia quelli che appaiono più in alto su Google. Anche su un desktop, i primi dieci risultati della ricerca generica a pagina 1 di solito ricevono circa il 95% di tutti i clic (il 35% dei quali va al primo risultato). Il primo risultato a pagina 2 su Google riceve solo l’1% circa di tutti i clic. Ciò non dipende solo dal fatto che il primo risultato è più pertinente, poiché è dimostrato che spostandolo al terzo posto il numero di clic si riduce di circa il 50% in meno. Sui dispositivi mobili gli effetti sono ancora più pronunciati a causa della dimensione molto più ridotta dello schermo.

Ne consegue che, dando rilievo unicamente al proprio servizio di acquisti comparativi e retrocedendo i concorrenti, Google gli ha conferito un notevole vantaggio.

Le norme antitrust dell’UE

Le pratiche attuate da Google, sostiene l’Antitrust UE, costituiscono un abuso della sua posizione dominante nel settore della ricerca generica su internet in quanto soffocano la concorrenza sui mercati dei servizi di acquisti comparativi.

Detenere una posizione dominante non è di per sé illegale ai sensi delle norme antitrust dell’UE. Tuttavia, le imprese dominanti hanno la particolare responsabilità di non abusare di tale potere limitando la concorrenza nel mercato in cui sono dominanti o in mercati distinti.

Con la decisione odierna la Commissione giunge alla conclusione che Google gode di una posizione dominante sui mercati della ricerca generica su internet in tutto lo Spazio economico europeo (SEE), vale a dire in tutti e 31 i paesi del SEE.

La decisione conclude che dal 2008 Google esercita una posizione dominante sui mercati della ricerca generica su internet in tutti i paesi del SEE, tranne che nella Repubblica ceca dove Google è risultata dominante dal 2011. Questa valutazione si basa sul fatto che il motore di ricerca di Google ha costantemente mantenuto, almeno a partire dal 2008, ossia il periodo oggetto dell’indagine della Commissione, quote di mercato molto elevate in tutti i paesi del SEE, superiori al 90% nella maggior parte di essi. Esistono inoltre elevate barriere all’ingresso in questi mercati, in parte a causa di effetti di rete: più i consumatori utilizzano un motore di ricerca, più questo diventa attraente per gli inserzionisti. I profitti ottenuti possono essere successivamente utilizzati per attirare un numero ancora maggiore di consumatori. Analogamente, i dati che un motore di ricerca raccoglie sui consumatori possono a loro volta essere utilizzati per migliorarne i risultati.

Google ha abusato di tale posizione dominante sul mercato accordando un vantaggio illegale al suo servizio di acquisti comparativi. L’impresa ha dato rilievo nei risultati della ricerca solo al proprio servizio di acquisti comparativi, facendo retrocedere i servizi concorrenti, il che ha impedito lo sviluppo di una concorrenza basata sui meriti nel mercato in questione.

Google ha introdotto questa pratica in tutti e 13 i paesi del SEE in cui ha attivato il suo servizio di acquisti comparativi: dal gennaio 2008 in Germania e nel Regno Unito, per estenderla quindi in Francia (ottobre 2010), in Italia, nei Paesi Bassi e in Spagna (maggio 2011), nella Repubblica ceca (febbraio 2013) e in Austria, Belgio, Danimarca, Norvegia, Polonia e Svezia (novembre 2013).

Secondo Bruxelles le pratiche illegali di Google hanno avuto una notevole incidenza sulla concorrenza tra il proprio servizio di acquisti comparativi e quelli concorrenti. Il servizio di Google ha potuto ricavarne guadagni significativi nel traffico rispetto ai suoi concorrenti e a scapito dei consumatori europei.

Vista la posizione dominante di Google nella ricerca generica su internet, il suo motore di ricerca è una fonte importante di traffico. A seguito delle pratiche illegali attuate dalla società americana, il traffico verso il suo servizio di acquisti comparativi è aumentato in modo significativo, mentre i concorrenti hanno subito notevoli perdite di traffico su base costante.

Dall’inizio di ciascun abuso, il servizio di Google ha registrato un incremento del traffico di 45 volte nel Regno Unito, 35 in Germania, 19 in Francia, 29 nei Paesi Bassi, 17 in Spagna e 14 in Italia.

Invece, a seguito delle retrocessioni operate da Google, il traffico verso i suoi concorrenti ha subito una forte contrazione. Ad esempio, la Commissione ha riscontrato prove specifiche di brusche riduzioni del traffico verso taluni siti concorrenti dell’85% nel Regno Unito, dell’80% in Francia e fino al 92% in Germania, che del resto non possono essere riconducibili ad altri fattori. Alcuni concorrenti si sono adeguati e sono riusciti a recuperare del traffico, ma mai completamente.

Queste ed altre constatazioni raccolte dalla Commissione dimostrano che le pratiche messe in atto da Google hanno soffocato una concorrenza basata sui meriti sul mercato degli acquisti comparativi, privando i consumatori europei di un’effettiva possibilità di scelta e innovazione.

Come la UE ha raccolto le prove

Per formulare la sua decisione la Commissione europea ha raccolto e attentamente analizzato una gamma di prove, tra cui:

1)   documenti di Google e di altri operatori del mercato risalenti all’epoca dei fatti;

2)   grandi quantità di dati oggettivi, tra cui 5,2 terabyte di risultati della ricerca su Google (circa 1,7 miliardi di ricerche);

3)   esperimenti e indagini finalizzati ad analizzare soprattutto l’impatto della visibilità dei risultati della ricerca sul comportamento dei consumatori e sulla percentuale di clic;

4)   dati finanziari e sul traffico che attestano l’importanza commerciale della visibilità dei risultati della ricerca su Google e le conseguenze della retrocessione;

5)   un’ampia indagine di mercato sui clienti e sui concorrenti nei mercati interessati (con questionari inviati dalla Commissione a diverse centinaia di imprese).

Cosa succede adesso

L’ammenda di 2.424.495.000 euro imposta dalla Commissione tiene conto della durata e della gravità dell’infrazione.

In conformità degli orientamenti della Commissione per il calcolo delle ammende del 2006 l’ammenda è stata calcolata in base al valore delle entrate di Google provenienti dal servizio di acquisti comparativi nei 13 paesi del SEE interessati.

In base alla decisione della Commissione, Google deve cessare il proprio comportamento illegale entro 90 giorni dalla data della decisione e astenersi da qualsiasi misura che abbia un oggetto o effetto equivalente. In particolare, Google deve rispettare il semplice principio della parità di trattamento tra i servizi di acquisti comparativi concorrenti e il proprio.

Google deve applicare al posizionamento e alla visualizzazione dei servizi di acquisti comparativi concorrenti nelle proprie pagine dei risultati di ricerca le stesse procedure e gli stessi metodi applicati al proprio servizio.

Google ha la responsabilità esclusiva di garantire il rispetto di tale disposizione e di spiegarne le modalità. A prescindere dall’opzione scelta, la Commissione controllerà attentamente il rispetto della decisione da parte di Google e quest’ultima è soggetta all’obbligo di informare la Commissione delle proprie azioni (inizialmente entro 60 giorni dalla data della decisione e quindi attraverso relazioni periodiche).

In caso di non rispetto della decisione della Commissione, Google sarà soggetta al pagamento di una penalità di mora il cui importo può giungere fino al 5% del fatturato medio giornaliero mondiale di Alphabet, la società madre di Google. La Commissione dovrebbe stabilire tale inosservanza in una decisione separata e gli eventuali pagamenti decorrono con effetto retroattivo dalla data di inizio dell’inosservanza.

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