Ennio Lucarelli, presidente di Aitech-Assinform sferza le aziende del settore. Rischiamo di diventare solo un Paese che consuma e non produce tecnologia
Sull’It italiana spinge una leggera brezza di novità. “Si sente il vento del nuovo“, azzarda il presidente di Aitech-Assinform Ennio Lucarelli che saluta la crescita dell’It tricolore (1,6%) e quella del Pil (1,9). Lucarelli però non nasconde che il divario con la crescita mondiale (6,1%) è ancora troppo alto e soprattutto che ”l’It del nostro Paese segue bene i processi di crescita dell’economia italiana ma non dà quel quid in più in termini di innovazione”.
Perché è questo il paradosso . Anche l’industria dell’Information technology ha bisogno di cambiare. E questa volta Lucarelli non si riferisce al fatto che anche l’It, un settore fatto di piccole e medie imprese, dovrebbe puntare verso entità di maggiori dimensioni. ma fa riferimento a un deficit di innovazione che colpisce un settore tradizionalmente all’avanguardia come quello It.
Se non interverranno
fattori in grado di imprimere una decisiva sterzata, è l’opinione
dell’Associazione, l’Italia è destinata a diventare sempre più un paese di
consumatori di innovazione tecnologica generata altrove.
“Per l’industria italiana – aggiunge Lucarelli – ciò significa comprare tecnologie
spesso poco personalizzate al soddisfacimento delle sue peculiarità, rimanendo
esposta a crescenti difficoltà nella competizione mondiale. Per innovare e
sostenere l’espansione del Made in Italy bisogna, perciò, innovare l’informatica
italiana. Occorre, cioè, tornare a investire in modo massiccio nel
settore dell’It , scommettendo sulla sua capacità di generare nuove applicazioni e servizi informatici mirati a innovare la struttura produttiva nazionale, costituita prevalentemente da piccole e medie imprese.
Di fronte ai grandi numeri degli investimenti in innovazione informatica che stanno trasformando il mondo – ha proseguito – è chiaro come il ritmo faticoso con cui cresce il settore nazionale dell’Ict sia assolutamente insufficiente a sostenere la nostra economia nella competizione internazionale”.
Un esempio significativo: nel commercio on
line, vera e propria frontiera dell’innovazione tecnologica,
l’Italia risulta al penultimo fra i paesi dell’Europa a 25 , subito dopo Cipro e prima della Lettonia. “Dove si trovano le cause di questa arretratezza – si è chiesto Lucarelli – in una obsolescenza strutturale, ovvero nell’assenza di
domanda innovativa, o nella mancanza di valide soluzioni tecnologiche, ovvero in
un’offerta insufficiente? Noi pensiamo che il problema vada cercato in
un Paese che non ha creduto nella sua capacità di produrre
innovazione , che ha rinunciato a investire nell’informatica e quindi é in continuo ritardo. Oggi i nostri investimenti nell’ innovazione
informatica sono limitati all’impegno estremamente difficoltoso di poche
imprese. Il ruolo di traino della domanda è molto condizionato dal blocco di
quella pubblica che è ripiegata su se stessa, in un circolo assai poco virtuoso
ristretto al binomio stato-cliente e fornitore di se stesso”.
Come uscirne? Secondo Lucarelli, lo sviluppo dell’It va
perseguito attraverso il varo di un progetto strategico nazionale per
l’informatica, finalizzato a sviluppare l’offerta di nuove tecnologie per
l’innovazione industriale, l’efficienza delle attività dei servizi, la crescita
delle Pmi, la modernizzazione della Pa.