Per l’Ict tradizionale non c’è futuro ma affinché scenari meno apocalittici si concretizzino in questo 2013 occorrono linee guida salde e associati pronti ad allineare il business ai trend indicati dal Global Digital Market.
Portati a casa i numeri di un Digital Global Market, che mostra un qualche trend di crescita anche da noi, in occasione delle anticipazioni del Rapporto Assinform 2013, l’attenta analisi del presidente dell’Associazione italiana per l’Informazion technology, Paolo Angelucci (nella foto), non ha mancato di mettere il dito in una piaga chiamata recessione.
Seppur di fronte “a un Pil e a consumi che, dati Centro Studi Confindustria alla mano, sono tornati ai livelli del 1997”, le riflessioni di Angelucci non si sono, però, retoricamente limitate “a famiglie costrette da consumi maggiori rispetto al reddito disponibile ad attingere ai propri risparmi”, o “a un preoccupante livello di disoccupazione” o, ancora, “all’aumento del costo del denaro” o “alla diminuzione del credito disponibile per le imprese”.
Più che riassunto “dalla caduta del 4% riportata nel 2012 nel mercato It e del 3,5% in quello delle Tlc” il riverbero negativo sulle componenti tradizionali del segmento cui fa riferimento il presidente di Assinform “è frutto della minor propensione da parte delle nostre imprese a spendere e investire in tecnologia”.
Peccato, è l’ulteriore constatazione, che “rappresentando l’It classico una componente fondamentale del Global Digital Market, anche quest’ultimo ne esce con un’unica constatazione”.
Quella che l’Italia è un Paese “ancora poco digitale”.
Governo, se ci sei batti un colpo
Polarizzato tra segmenti “tradizionali” e segmenti di “innovazione”, da noi il Gdm andrebbe supportato da un Governo “non solo sensibile ma anche capace di mettere l’Agenzia Digitale sotto un’unica responsabilità, e non alla mercè del coordinamento di ben quattro ministeri”.
Serve poi l’attuazione “rapida” di alcuni parametri dell’Agenda Digitale realizzabili a costo zero “e un modello culturale” capace di cogliere le potenzialità di un Paese mobile per definizione ma “privo di un utilizzo reale di queste stesse tecnologie da parte di imprese e cittadini”.
Urge, infine, “l’attuazione di politiche industriali utili alla diffusione di fenomeni quali l’e-commerce, l’e-business e il mobile payment che potrebbero rappresentare la vera chiave di volta”.
Così, in attesa che per prima l’amministrazione digitale diventi realtà nel nostro Paese, quelle invocate da Angelucci sono una “emissione straordinaria di Titoli di Stato dedicati al pagamento dei crediti delle imprese fuori dai vincoli del Patto di Stabilità e di Crescita” , una “Tecno-Sabatini che consenta alle imprese di beneficiare di finanziamenti agevolati per tutto quel che è tecnologico”, una “Smart Community di imprese in grado di mettere a fattor comune gli investimenti tecnologici per realizzare economie di scala” e un “Fondo di Garanzia per iniziative di credito all’innovazione da parte delle banche e della Cassa Depositi e Prestiti”.
Ordine priorità invertito per gli associati Assinform
Così, davanti a un’ipotesi “statica” in cui le previsioni 2013 a cura di Assinform/NetConsulting lasciano intravvedere per l’It e le Tlc tradizionali un decremento, rispettivamente, del 5,8% e del 5,5%, meglio puntare al male minore, ossia a quel più ridotto decremento previsto per i medesimi comparti in una previsione di scenario “dinamico”, con un’It in diminuzione di soli 3,6 punti percentuali seguita da Tlc ferme a quota -3,2%.
Per riuscirci Assinform ha invertito l’ordine delle priorità degli interventi indicati un anno fa alle proprie imprese mettendo al primo posto non più l’innovazione, ma “l’allineare al mercato le attività nei settore tradizionali”.
L’ulteriore sforzo richiesto fa riferimento “a una crescita dimensionale che consente risparmi di scala” seguita da “una diversificazione nei segmenti innovativi” e “dall’investimento in ricerca e sviluppo e competenze”.
Non senza sacrifici.
Perché la strada per attuare uno a uno i punti fin qui elencati passa da “un’inesorabile controllo delle spese, traducibile anche in poco piacevoli ma indispensabili licenziamenti”, da una diversificazione “perseguibile allargando il proprio territorio ma anche cambiando interlocutore all’interno delle imprese” e da una crescita perseguita attraverso “acquisizioni, fusioni, alleanze e la creazione di reti di impresa”, mentre certificare le competenze al proprio interno, riqualificare e puntare a nuove assunzioni per portar dentro nuovi skill e diventare, così, “portatori di valore”.
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