Nel mondo wearable, il settore degli hearable, vale a dire gli auricolari smart, è il migliore per quanto riguarda i numeri di vendite. Superato per forza di cose dai più costosi smartwatch in valore, resta comunque un importante terreno di sfida per diversi produttori.
Anche e soprattutto in considerazione della possibilità di abbinare gli auricolari a uno smartphone o anche a uno smartwatch stesso, aumentando così il legame tra marchio e utente. Una strategia dagli alterni riscontri, nei quali tuttavia riesce comunque a trovare spazio anche chi affronta la sfida in solitaria
AirPods Pro, complemento naturale ad iPhone e Watch
È passato ormai qualche tempo da quando ancora una volta Apple ha sorpreso il grande pubblico lanciando una coppia di auricolari smart totalmente wireless. Come tanti altri prodotti, anche gli AirPods Pro hanno fatto scuola, stimolato imitazioni ma conservando comunque sempre aspetti unici. A partire dal design, senza dubbio sempre gradevole e funzionale al tempo stesso. In più, con la scelta oggi comune del bianco, a suo tempo quasi azzardata.
La rifinitura continua del design è però solo il primo dei tanti punti sui quali Apple cerca di staccare la concorrenza. E non si può parlare naturalmente solo di una qualità audio ormai arrivata a una media diffusa di buon livello.
La sfida è sempre più spesso sui dettagli. All’apparenza piccoli, il cui insieme contribuisce però a distinguere un prodotto come gli AirPods Pro da tanti contendenti e indurre a spendere 279 euro non solo per farsi notare.
Tanto per cominciare, degli hearable devono certamente farsi notare, ma farsi sentire il meno possibile da chi li indossa. Nel caso, i 5,4 grammi ciascuno assolvono egregiamente al compito.
Inoltre, un suono pulito non è più sufficiente. È importante infatti considerare anche i rumori ambientali. Se sui primi modelli si cercava di eliminarli del tutto, per chi indossa auricolari all’aperto, è diventata più importante una cancellazione attiva del rumore, in modo da mantenere il minimo di interazione indispensabile alla sicurezza.
Addirittura, Apple parla di cancellazione del rumore adattiva alle forme dell’orecchio e alla posizione dei cuscinetti. In parte grazie al doppio microfono, uno interno classico per filtrare l’ambiente e uno interno per correggere il ritorno dal padiglione. Tutto all’occorrenza disattivabile con un tocco sulla parte inferiore di AirPods.
La stessa, dove naturalmente si interviene anche per tutte le funzioni standard, dalla gestione delle chiamate a quella della musica. Senza dimenticare l’interfaccia vocale di Siri.
Galaxy Buds Live e la ricerca del suono pulito
In attesa di scoprire gli ormai imminenti Galaxy Buds Live, la risposta Samsung resta per qualche giorno affidata ancora a Galaxy Buds+.
Forme più allineate allo standard del settore, quindi più arrotondati, ma anche attenzione in più alla ricerca del suono ottimale. L’idea è infatti quella di aggiungere un terzo microfono, esterno.
In questo modo Samsung afferma di ottenere una maggiore selezione delle onde sonore. Filtrando opportunamente i rumori esterni quando si ascolta musica e aumentando invece il grado di isolamento durante una conversazione.
Inoltre, il sistema di auricolari smart utilizza diffusori a due vie, separando toni alti da quelli bassi. In questo caso però, la regolazione del sonoro è demandata tutta all’app. I comandi touch sono infatti dedicati alla gestione della playlist e delle chiamate.
Leggermente superiore rispetto ad Apple il peso di 6,3 grammi. D’altra parte, nettamente inferiore il prezzo ufficiale di 169 euro.
Nell’orbita Huawei brillano anche i FreeBuds 3
Del tutto particolare la situazione Huawei. Proprio la ricerca di uno stretto legame tra wearable e smartphone sta producendo qualche ritardo nell’aggiornamento dell’intera gamma dopo la rottura con Android.
Le ambizioni nel settore degli auricolari smart restano quindi affidate ancora a FreeBuds 3. Chiaramente ispirati al modello Apple, presentano tuttavia forme più lineari. Invariato però l’impegno sul controllo dei rumori di fondo.
In questo caso, la missione è affidata al processore audio Kirin a1 da 356 MHz, in combinazione con un sistema di cancellazione attiva del rumore per un risultato più in linea con la situazione reale. I suoni esterni infatti vengono filtrati seconda delle sue variazioni.
Per chi vuole andare oltre, ulteriori parametri possono essere regolati indirettamente dall’app e regolare di conseguenza i livelli di riduzione.
La stessa tecnologia si rivela utile anche durante le chiamate. I FreeBuds 3 in questo caso combinano infatti l’assorbimento dei rumori con la capacità di amplificare la voce e aiutare di conseguenza a superare i problemi derivanti dalla distanza tra bocca e microfono.
Con una particolarità in più. Un sensore vocale osseo integrato, permette di catturare la voce anche attraverso le vibrazioni ossee, canale più libero da interferenze e rendendola quindi più chiara.
Interessante infine il meccanismo di ricarica. Oltre alla classica custodia con batteria integrata, Huawei estende agli auricolari la soluzione per contatto, con in più la possibilità di sfruttare direttamente quella di un proprio smartphone.
Più contenuto ancora il prezzo, in questo caso a 129 euro.
Audio di professione in Creative Outlier Air
La tendenza a puntare sulla dotazione coordinata degli auricolari smart con lo smartphone, rende difficile la vita a chi invece si dedica solo allo sviluppo degli accessori. Tra chi riesce in qualche modo a reggere il confronto, Creative può puntare su una tecnologia audio proprietaria in grado di conciliare resa con costi decisamente più abbordabili.
Outlier Air possono infatti essere considerati un compromesso solo in parte, almeno per quanto riguarda tutta la parte sonora.
La lunga esperienza Creative è infatti riuscita a racchiudere in un modello da 59,99 euro una soluzione decisamente all’altezza della situazione.
Grazie anche a un’estetica non scontata, impreziosita da un originale cerchio colorato luminoso su ogni auricolare, Outllier Air è certamente un’alternativa da valutare per chi è interessato ad ascoltare soprattutto musica.
Perché, almeno in parte, la differenza di prezzo si sconta con l’assenza di un sistema per la riduzione del rumore. Certamente, non indispensabile. Spesso però difficile da rinunciare una volta fatta l’abitudine su un modello diverso.
Con ripercussioni inevitabilmente anche sulla qualità delle chiamate. Pensarle come sostituto degli auricolari con filo solitamente in dotazione, in ambienti rumorosi o presenza di vento rischia di rivelarsi un’illusione.
D’altra parte, la scelta del grafene per realizzare il diaframma va sicuramente a vantaggio della resa sonora, contribuendo anche a ridurre i consumi, aspetto da non sottovalutare nell’arco di lunghe trasferte. Così come la neutralità che garantisce la compatibilità con entrambi i sistemi vocali Apple e Google.
Solo sul prezzo Xiaomi non ci sente
Quando il confronto parte dal prezzo, tra i protagonisti entra di diritto anche nel modo hearable Xiaomi. Sostenitore convinto di riuscire e proporre prodotti di qualità rivoluzionando le strategie di costo e puntando sui numeri, ha da pochi giorni rinnovato la sfida con Mi True Wireless Earphone 2 Basic a 39,99 euro.
Versione votata alla vita quotidiana, non va tanto per il sottile sull’estetica. Colore inevitabilmente bianco con forme molto semplici, al limite del minimalista.
Dove invece Xiaomi assicura di non essersi assolutamente risparmiata è la qualità audio, affidata a driver da 14,5 mm. A livello puramente numerico, superiore agli attuali AirPods.
In linea con gli standard invece la configurazione per la riduzione del umore, affidata a due microfoni. Uno esterno per captare i disturbi e l’altro invece rivolto verso l’utente per raccogliere la voce. Intesa anche come riconoscimento vocale Google Assistant e Amazon Alexa.
Interessante la funzione di attivazione e spegnimento automatico della musica legata al movimento. Una volta accoppiati allo smartphone, i Mi True Wireless Earphone 2 Basic interrompono infatti il flusso non appena estratti dall’orecchio, per riprendere nuovamente quando rimessi in posizione.
Più limitati però i controlli, limitati alla modalità touch, da cui scaturisce la necessità di imparar una serie di combinazioni maggiore alla concorrenza in grado di sfruttare anche lo sfioramento.
Google Pixel
Della partita wearable intende farne parte anche Google. In effetti, c’è già da qualche tempo con la proposta Pixel Buds. Come spesso accade quando si parla di hardware però, con risultati non esattamente confortanti.
Tuttavia, Google non intende arrendersi e al contrario ha rilanciato proprio pochi giorni fa con l’arrivo anche in Italia di una nuova versione. Gli spunti interessanti non mancano, anche se gli entusiasmi rischiano di essere scoraggianti da un prezzo ambizioso di 199 euro.
La scelta del bianco, per la componente visibile in questo caso non è riconducibile al desiderio di cavalcare una tendenza. Le forme sono infatti più compatte, con la parte interna al padiglione in nero, dalla quale scaturisce un contrasto gradevolmente delicato.
I driver audio da 12 mm sono presentati come dinamici. Raggiungendo quindi la qualità audio desiderata anche con il contributo della regolazione dinamica in base all’ambiente circostante. In pratica, in presenza di un rumore improvviso, come il passaggio di un aereo, un colpo di clacson o un’accelerazione, il volume viene prontamente adeguato, salvo tornare al livello iniziale una volta terminato.
Quando si parla di audio però, Google può mettere sul tavolo la carta importante del riconoscimento vocale. Infatti, Assistant non viene sfruttato solamente per i impartire comandi a mani libere.
Abbinati alla relativa app dello smartphone Android, i Pixel Buds si prestano anche come traduttori. Ancora lontano dai modelli sviluppati da diverse startup in grado effettivamente di reggere tempo e ritmi di una conversazione, segnano comunque una differenza visualizzando sul display dello smartphone la traduzione di una frase dettata.
Certamente più originale infine la funzione Trova. Per definizione, degli auricolari smart in-ear tendono a essere difficili da trovare. L’idea Google è far squillare gli auricolari direttamente dal telefono. Se nel raggio d’azione del Bluetooth, si può attivare la suoneria di un auricolare alla volta e avviare la ricerca.