Per tanto tempo quello del backup e recovery è stato un mercato stagnante, con gli stessi vendor che proponevano soluzioni che limitavano gli utenti e rendevano la gestione e la protezione di dati aziendali e personali un’attività complessa.
Il backup era diventato un tema spinoso, visto da molti alla stregua di una polizza assicurativa, invece che un asset di business funzionale. Era un qualcosa in cui bisognava Investire ma, al tempo stesso, si sperava di non doverlo mai utilizzare. Questo approccio si traduceva nella percezione del backup come uno spreco di risorse.
Poi è arrivato il cloud, che ha cambiato lo scenario IT, abilitando aziende e utenti e aprendo la strada all’innovazione, nel networking, nella sicurezza e nel data management.
Un recente studio di Cloud Industry Forum ha rivelato che l’88% delle imprese oggi sta utilizzando una qualche forma di servizio basato sul cloud.
Per Cristian Meloni, Country Manager, Rubrik Italia, il cloud ha permesso a molte aziende di ridefinire il modo in cui gestiscono i dati, trasformando il backup e recovery in una funzione che crea valore e in un asset di business. Ha fornito la piattaforma perfetta per svincolare imprese e individui, liberando i loro dati dalle catene del backup legacy.
In altri termini il cloud data management orchestra i dati delle applicazioni mission critical in ambienti private e public cloud, offrendo al contempo funzionalità quali backup, disaster recovery, archivio, conformità, search, analisi e gestione delle copie (come test/dev) in un’unica piattaforma eseguibile ovunque. In questo modo, non è più detto che le aziende ignorino i dati del backup, dedicandoci ore, a volte giorni, per archiviarli e dimenticarli.
Grazie al cloud data management tutti i dati archiviati sono facilmente accessibili tramite un’applicazione cloud e la ricerca predittiva Google-like, in qualunque modo e in qualunque momento.
Questi dati ora hanno il potenziale di diventare un asset di business prezioso. E poiché IDC prevede che i dati a livello mondiale raggiungeranno i 180 Zetabyte entro il 2025, si tratta di un asset notevole. I CIO quindi hanno innumerevoli possibilità avvalendosi del cloud per impiegare i dati al fine di creare valore senza le limitazioni dell’infrastruttura.
La domanda allora è, perché il cloud data management non è ancora una pratica comune?
Per Cristian Meloni alcune imprese sono lente ad adottare pienamente il mondo del cloud per svariati motivi, ma il principale è la paura dell’ignoto e gli inevitabili equivoci che si verificano quando qualcosa di nuovo irrompe su un mercato statico, sconvolgendo e modificando lo status quo.
Alcune imprese ritengono che cambiare il sistema di backup e recovery legacy sia troppo impegnativo e che l’adozione di soluzioni e tecnologie cloud-based costerà molto in termini di disservizio e tempo di implementazione. La transizione stessa viene considerata lunga e complessa e la sola idea in alcuni casi è sufficiente a dissuadere i CIO.
Tuttavia, la realtà è che mentre le soluzioni di backup di una volta richiedevano giorni o settimane per l’implementazione, un sistema di cloud data management può impiegare anche solamente 30 minuti, che vengono facilmente ripagati dato che la piattaforma fornirà all’azienda un ripristino di dati in tempo reale quando necessario.
Un recente studio di Cloud Industry Forum ha rivelato che le preoccupazioni legate alla sicurezza rappresentano la principale barriera (48%) quando si parla di digital transformation, compresa l’adozione di tecnologie cloud.
Meloni invita dunque a pensare che oggi i dati sono diventati l’asset più prezioso di un’azienda e la loro protezione è fondamentale per il futuro e la crescita del business nel suo complesso.
Gartner prevede che entro il 2018 il 60% delle imprese che implementano adeguati strumenti di visibilità e controllo del cloud sperimenteranno una riduzione del 30% nelle falle di sicurezza.
Molte imprese devono ancora realizzare il potenziale del cloud a causa di limitazioni all’interno della propria infrastruttura. Ma, con volumi di dati in costante crescita e il GDPR, che impone notevoli sanzioni per le imprese che cadranno vittima dei data breach, è necessario adattarsi, altrimenti si rischia di rimanere indietro. Backup e recovery non fanno eccezione.