Bea si butta in AquaLogic

Pronta la nuova offerta per le Soa, fatta di soluzioni che si pongono neutramente, “alla svizzera”, rispetto alle piattaforme.

Diventare la Svizzera del software. Questo sarebbe, detto con uno slogan enunciato dal responsabile marketing di Bea, Bill Roth, il massimo desiderio della società californiana.


Il senso è quello di raggiungere un grado di apertura, ovvero di neutralità alle piattaforme, più elevato.


Il contesto in cui farlo è quello, dinamico, dei Web service, diventato troppo stretto per come li abbiamo conosciuti sinora e, conseguentemente, in trasformazione, direzione service oriented architecture.


Una trasformazione trainata dalla tecnologia, ma anche dal mercato. Sempre secondo il responsabile di Bea, infatti, esistono due modi perché una società possa crescere: vendere di più o vendere più prodotti. Il senso dei recenti annunci della società è proprio questo: dato che le vendite di WebLogic sembrano aver raggiunto una soglia di stallo, ecco che arrivano nuovi prodotti, per contesti applicativi leggermente differenti. Il loro nome di bandiera è AquaLogic (fino a ieri, in codice era FreeFlow).


Si tratta di una famiglia di soluzioni software che constano di un Esb (Enterprise Service Bus) finora conosciuto con il nome di QuickSilver per consentire lo scambio di servizi Web fra i vari sistemi, di un registro Uddi, per trovare, aggiungere e rimuovere gli stessi servizi, di un server di integrazione (AquaLogic Data Services Platform, di fatto, rinominazione della soluzione prima conosciuta come Liquid Data) che compone anche servizi e non li utilizza solamente, di una piattaforma di sicurezza (la AquaLogic Enterprise Security) per convertire le policy di sicurezza in servizi riutilizzabili.


La caratteristica fondamentale della famiglia AquaLogic è quella di essere più aperta di WebLogic, nel senso di andare oltre J2Ee, supportando anche .Net e sistemi enterprise come Sap, Oracle e Ibm.

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