Beverage, un settore con liquidità per comprare Ict

Vino, birra, liquori, bibite e acque. Per la produzione e la vendita le aziende hanno bisogno dell’Ict

Il paesaggio italiano, tanto variegato quanto apprezzato dai visitatori
provenienti da ogni parte del Globo, deve parte del proprio fascino alle
colture che ne ricoprono il suolo, e fra queste i vigneti svolgono un ruolo
di primo piano, sia per l’occhio, sia per il palato.
Ne sanno qualcosa gli inglesi che hanno colonizzato le verdi colline toscane,
tappezzate dai vitigni del Chianti, ma anche altre zone di coltivazione
viticola come il Monferrato o l’Oltrepo Pavese e chissà quante ancora,
sono meta di turismo, locale o internazionale. Luoghi per scampagnate che
nascondono, però, una ricchissima risorsa economica per il Paese.

Si tratta della produzione di vini, con ben 42 milioni e 400mila ettolitri
(dati Istat 2003) trasformati da ben 35.000 aziende che lavorano nel settore,
se comprendiamo anche gli imbottigliatori. E il vino nostrano, oltre che
in Italia, viene estremamente apprezzato anche negli altri Paesi, che ne
importano notevoli quantità.
La Federvini, federazione italiana industriali, produttori, esportatori
e importatori di vini, acquaviti, liquori, sciroppo, aceti e affini, informa
che nel 2003 i tedeschi hanno importato 5 milioni di ettolitri del nostro
vino, mentre gli americani ne hanno bevuto 2 milioni di ettolitri. Il gran
numero di aziende coinvolte nella produzione di questo nettare conferma
come sia diversificata la fisionomia di tali imprese, con grandi nomi, anche
storici, di cantine che si affiancano a piccole realtà, spesso a
conduzione familiare o, ancora, a consorzi. Un target variegato che, nella
nostra inchiesta, indicheremo ai nostri lettori come approcciare dal punto
di vista tecnologico, portando come esempio alcuni operatori che con il
settore dei vitivinicoltori da anni proficuamente collaborano.
Perché, a quanto pare (lo diranno loro stessi), grandi o piccoli
che siano, le esigenze di gestione delle complicate e mutevoli leggi che
regolano tale produzione sono molto simili tra le varie aziende, e quando
si parla di grandi nomi, dove aumenta il giro d’affari, si complicano
le dinamiche di produzione e di commercializzazione. Quindi l’informatica
pare essere un must anche nelle più tradizionali delle cantine.

Ma non di solo vino è fatto il mondo del beverage.
Lo sapevate, per esempio, che l’Italia è il primo produttore
di acque minerali? Nel 2002 dalle numerose fonti sparse per il Paese sono
stati attinti 10 miliardi e 700 milioni di litri, e 1.083 milioni di questi
sono stati bevuti all’estero, soprattutto in Germania (25%) e negli
Usa (23%). E i nostri cugini francesi, se per ragioni di concorrenza snobbano
i nostri vini, sembrano invece apprezzare le nostre acque, essendo consumatori
del 17 per cento del totale esportato. Un’industria che vede impegnati
164 stabilimenti, i quali commercializzano complessivamente 253 marchi (dati
Mineracqua).

Ma altre ancora sono le bevande che produciamo e consumiamo in Italia, tra
bevande gassate, liquori e birre. A proposito di quest’ultime, Assobirra,
l’associazione degli industriali della birra e del malto, ci rammenta con
orgoglio che il nostro Paese tiene testa ai grandi produttori esteri (siamo
quinti dopo Germania, Gran Bretagna, Spagna e Francia) con circa 200 marchi
nostrani, la cui produzione avviene in diciotto stabilimenti, i quali danno
il lavoro a oltre 22.000 persone.
Per non parlare delle nuove microbirrerie artigianali (un centinaio) che
producono birre non pastorizzata. Complessivamente, il settore del beverage
comprende, quindi, un universo di aziende, piccole o grandi, intorno alle
quali gravitano molte altre attività, tra cui le società di
distribuzione o quelle di imbottigliamento, tutte alla ricerca di un aiuto
per ottimizzare i loro processi produttivi e di gestione.

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