Secondo Unimpresa, nei primi 5 mesi del 2012 la crescita è stata del 47%. In cima alla “classifica” l’edilizia, poi il commercio, l’artigianato, la piccola industria e l’agricoltura.
Nei primi 5 mesi del 2012 sono
cresciuti del 47% i mancati pagamenti
fra le imprese. Lo rivela un’indagine di Unimpresa che individua tre motivi in particolare: il crollo dei consumi, la stretta ai prestiti bancari e i crediti della Pubblica amministrazione
congelati. L’indagine è stata condotta incrociando i dati delle 130.000
associate di Unimpresa, raccolti nelle 60 sedi sul territorio nazionale, con le
informazioni estrapolate da alcune basi dati pubbliche e provate.
Dallo studio emerge un quadro
drammatico sostanzialmente omogeneo in tutta la Penisola, con una crescita
della percentuale di mancati pagamenti
leggermente più alta al Mezzogiorno (49,4%) rispetto al Centro-Nord
(45,3%). Quanto ai settori economici, in
cima alla “classifica” c’è l’edilizia, poi il commercio, l’artigianato, la
piccola industria e l’agricoltura.
Secondo Unimpresa la spirale negativa si fonda sulle tre ragioni principali, che
hanno portato, tra altro, il Paese in recessione. La crisi ha anzitutto fatto
crollare i consumi, modificando i
comportamenti delle famiglie che ricorrono alla spesa low cost ormai in maniera
sistematica per arrivare alla fine del mese: nel carrello della spesa finiscono
solo le offerte speciali e i prodotti scontati, con il risultato di un crollo
del fatturato che parte dal piccolo commercio e dalla grande distribuzione e
arriva a investire l’intera filiera produttiva, trasporti inclusi.
La seconda
ragione sta nella crisi di liquidità
innescata dalla stretta al credito da parte delle banche. Il 2012 non è partito
meglio rispetto al credit crunch certificato lo scorso anno e le superaste della
Bce non sono servite a modificare i comportamenti degli istituti.
Il terzo
fattore che contribuisce a bloccare i pagamenti fra le imprese è il congelamento dei crediti che le stesse
imprese vantano nei confronti della pubblica
amministrazione. Si tratterebbe di 70 miliardi di euro non erosi dalle
recenti manovre del Governo, ambiziose ma di difficile attuazione.