Giovanni Franzini, country manager della filiale italiana, spiega la nuova strategia avviata dalla società, volta a supportare con un’offerta completa di tool le imprese nei grossi progetti di sviluppo software.
31 agosto 2003 Dopo varie sofferte vicende
(che tra l’altro l’hanno vista per un po’ di tempo cambiare nome per poi
riprendere quello originario), Borland da due anni è ritornata
sul mercato italiano con una filiale che oggi conta una struttura di 17 persone,
guidata da Giovanni Franzini, nome noto all’It per aver
lavorato in precedenza in Novell e Etnoteam. Negli ultimi mesi la software house
si è distinta nel panorama informatico per una significativa attività di
acquisizioni (TogetherSoft, Starbase e BoldSoft ) e una serie di annunci che hanno confermato un’offerta rivolta ai grandi progetti relativi a tutto il ciclo dello sviluppo del software. Con il country manager abbiamo voluto approfondire quali sono le ultime strategie in atto e su quali fronti tecnologici la società si sta impegnando.
Da oltre un anno e mezzo lei è alla guida della rinata Borland Italia. Che situazione di mercato ha trovato e come sta andando nel nostro Paese, visto che a livello internazionale la società sta registrando 13 trimestri consecutivi di crescita e che anche l’ultimo, il secondo del 2003, ha avuto un’accelerazione del 28% del fatturato sullo stesso periodo del 2002, pari a 76,3 milioni di dollari?
Anche in Italia abbiamo continuato a investire e stiamo crescendo a due cifre, grazie ai nuovi sviluppi focalizzati soprattutto sul mondo enterprise. Prima della riapertura della filiale, il business Borland era realizzato solo dal canale con il mercato dei singoli sviluppatori, una comunità peraltro ancora molto vasta e fedele al mondo Delphi, che continuiamo a seguire con molta soddisfazione. Oggi, però, abbiamo anche tutta l’offerta relativa allo sviluppo per il mondo Java, il che significa grandi progetti, sull’onda del successo ottenuto da Jbuilder, che è diventato il numero uno, in termini di diffusione e di fatturato, negli ambienti di sviluppo Java. Per cui abbiamo un approccio di vendita diretta, costituita da una forza di prevedendita e di tecnici che supportano i progetti presso i grandi clienti.
Un cambio decisamente significativo di strategia, quindi, che vi ha portato ad affrontare un mercato, per voi abbastanza nuovo, fatto di grandi realtà.
In effetti è così e, grazie anche alle acquisizioni, oggi abbiamo un’offerta piuttosto completa nell’area dell’Application lifecycle management, in quanto Borland proviene dal mondo di Jbuilder che però è solo una fetta dello sviluppo software, mentre adesso siamo in grado di seguire grossi progetti e offrire i prodotti relativi a tutto il ciclo di vita del software. Continuiamo, tuttavia, ad avere clienti che comprano solo una parte dell’offerta perché le nostre soluzioni si integrano perfettamente con tutti gli altri prodotti della concorrenza e questo è stato per noi un elemento di forza, che ci ha consentito, tra l’altro, di poter subito integrare nell’offerta i prodotti delle società acquisite, perché di fatto erano già integrate anche prima di entrare in nostro possesso.
Qual è la tipologia di utenza che si rivolge a voi per i grandi progetti?
Sicuramente le banche e, nonostante i tempi difficili, anche le telco, perché con Borland oggi è possibile sviluppare software in modo industriale. Attualmente sempre di più le grandi aziende, quando ci sono i bandi di gara, pretendono che vengano usati certi tool e quindi i nostri prodotti riescono a soddisfare queste esigenze, perché ottimizzano i costi in quanto aumentano la produttività e rispettano le richieste di standard.
Nel vostro approccio al mercato mi sembra di aver colto l’obiettivo di avere una vision unica dell’offerta e una gestione coordinata di tutti i prodotti.
In effetti il nostro obiettivo futuro è quello di essere l’interlocutore privilegiato delle grandi aziende per tutto lo sviluppo del software, proprio perché le imprese, crisi o non crisi, hanno bisogno di un’infrastruttura software che deve continuamente evolvere e integrare.
Qual è il competitor che oggi temete di più?
Innanzitutto Ibm, in particolar modo dopo l’acquisizione di Rational Software, l’altra azienda che era focalizzata come noi sul settore dello sviluppo del software. Altri prodotti che ci sono sul mercato sono spesso una parte di altre offerte, ma non sono frutto di uno specifico commitment in quest’ambito come lo è per noi.
A quali partner vi appoggiate per meglio seguire il mercato enterprise e per sviluppare le vostre soluzioni?
In Italia i più importanti per noi sono system integrator come Nch di Bologna, molto introdotta nell’area banche, ObjectWay di Roma e Milano e Imola Informatica, azienda molto specializzata nell’ambiente Java. Attualmente, inoltre, stiamo definendo alleanze con altri vendor, che a volte sono partner e altre competitor. Certo è, ci tengo a sottolinearlo, che non siamo in concorrenza con Microsoft, in quanto Borland porta nel suo mondo l’esperienza di Java: riteniamo, infatti, che .Net e Java debbano convivere e tra loro collaborare, per cui abbiamo una linea di prodotti sia per l’uno che per l’altro mondo. Fra l’altro siamo ancora l’unica azienda ad aver avuto da Microsoft la licenza del Framework .Net all’interno delle nostre soluzioni di sviluppo. Ma abbiamo anche realizzato una serie di prodotti nuovi, di integrazione tra Java e .Net, in particolare Janeva, che consente la comunicazione tra i due mondi in modo trasparente e nativo. È una soluzione che ritengo avrà sempre più importanza quando decollerà in maniera significativa l’ambiente di Microsoft. Se un’azienda decide di iniziare a sviluppare in .Net ma ha già una serie di applicazioni sviluppate in Java, i programmatori con Janeva continuano a comportarsi come se utilizzassero solo .Net, in quanto è il nostro software che si preoccupa di fare da interprete verso quanto è sviluppato in Java, il tutto in modo trasparente per l’utente. Come pure non si può pensare di far buttare a un’azienda quanto sviluppato con Corba, per cui Janeva si fa da interprete anche verso questo mondo. Il tutto, quindi, facilita il decollo di .Net. Inoltre da agosto è disponibile una particolare edizione di Together per Visual Studio .Net.
E per quanto riguarda il futuro, su quali fronti Borland è maggiormente impegnata?
Un grosso sforzo è concentrato sul miglioramento
dell’integrazione, in modo da rendere sempre più facile e produttiva la vita non
solo per lo sviluppatore, ma anche per tutto il gruppo che lavora al progetto,
con tool semplici e sempre più integrati tra loro all’interno della nostra
suite. Perché oggi o consentiamo agli utenti di ottimizzare i tempi e ottenere
un effettivo ritorno sull’investimento o non andiamo lontano. Un’altra area
importante su cui stiamo investendo è quella dell’ottimizzazione e miglioramento
delle performance: in questo periodo stanno venendo alla luce molti progetti,
magari concepiti due anni fa, e quando diventano operativi molto spesso si
scopre che non tutti sono stati realizzati nel modo giusto o hanno le
performance adeguate. Per cui abbiamo sviluppato una famiglia di prodotti,
chiamata ServerTrace, che consente di vedere che cosa avviene all’interno
dell’application server, e quindi di individuare i punti critici e i colli di
bottiglia, per cui si riesce a trovare molto rapidamente la soluzione per
ottimizzare i flussi.