Chi non è riuscito a tenere il passo con l’evoluzione dell’online o dei grandi centri commerciali oggi ha poche chance per restare a galla. Il modello Apple può essere una alternativa, ma non per tutti.
Imparare dagli errori degli altri.
È questo l’invito che Canalys fa ai retailer del settore dell’elettronica di consumo in tutto il mondo, lanciando, nel contempo, l’allarme.
I casi Surcouf, Best Buy Europe, CompUSA e Circuit City rischiano di non restare isolati, con un pericoloso effetto a macchia d’olio che potrebbe veder sparire molte insegne dalle strade d’Europa e del mondo.
I retailer stanno perdendo la loro battaglia, lasciando sul campo market share che va a tutto vantaggio degli operatori Internet e dei grossi centri commerciali.
Non ce la fanno a tenere il passo sul prezzo, sull’assortimento, sulle informazioni, sulla capacità di dare consiglio, sulle consegne e sulle politiche di reso.
Nella sua nota Canalys sottolinea come gli utenti arrivino a cercare un libro in una libreria tradizionale, per poi acquistarlo su Amazon non in ragione del prezzo, ma per la capacità che il modello proposto da Amazon ha di analizzare le loro scelte per poi indirizzare futuri consigli.
Similmente, i grandi centri commerciali giocano sulle promozioni per i prodotti di fascia più bassa, accettando di sacrificare un po’ di margine pur di portare clienti sul punto vendita. Hanno parcheggi adeguati, servizi online, e sono spesso disposti a effettuare servizi a domicilio.
La situazione, secondo Canalys, risulta particolarmente critica in Europa, dove i retailer del comparto Consumer Electronics non possono nemmeno giocarsi la carta della garanzia estesa, dal momento che quella biennale è garantita per legge. Inoltre, in questo momento, hanno criticità su alcune linee in assortimento, Cd e Dvd per citarne alcuni, mentre da un lato la crescita esponenziale di Kindle e iPad sembra mettere in predicato le possibilità di business aggiuntivi su libri e riviste, e dall’altro software e giochi sembrano aver definitivamente preso la strada delle vendite online.
L’unico vantaggio evidente, su questo l’analisi di Canalys è spietata, sta nell’abilitare l’impulso di acquisto, consentendo una soddisfazione immediata del desiderio, senza attendere il giorno successivo per la consegna del prodotto. Un po’ poco, in effetti.
Tuttavia, ed è qui che la critica si fa dura, la cosa non dovrebbe sorprendere. Sono almeno 15 anni che la minaccia si sta concretizzando: il comparto ha un ritardo di reazione non scusabile. E anche chi è riuscito a reagire, complementando la sua attività con iniziative online, lo ha fatto da follower e non da leader.
Prospettive?
Poche.
Non ce la faranno mai a recuperare il ritardo con gli specialisti di Internet: si sono tenuti lontani dall’online per non penalizzare le attività sul punto vendita , senza rendersi conto che una unova generazione di utenti stava crescendo. Una generazione che mostra poco interesse nella possibilità di toccare con mano il prodotto, e il successo dei negozi online di abbigliamento dovrebbe dirla lunga sulla propensione all’acquisto di questa tipologia di clienti.
C’è qualche chance?
Inutile guardare ai mercati asiatici, è la prima risposta. Perché se è vero che Tailandia e Singapore ancora mostrano qualche ritardo sul business online, in Cina sta definitivamente esplodendo, con evidenti possibilità di una rapida espansione sui mercati contigui.
Meglio scegliere una via più radicale.
Qualche retailer, possibilmente con l’aiuto dei vendor, dovrebbe trasformarsi in showroom, dove i prodotti si mostrano ma non necessariamente si vendono.
Apple rappresenta il perfetto esempio di questa visione. I suoi negozi stanno di fatto ridefinendo il retailing: location prestigiose ed eleganti nelle quali presentare i prodotti e offrire una serie di servizi, dai consigli gratuiti ai corsi di formazione a pagamento.
Il tutto con una stretta integrazione con il punto vendita online, spesso in un’ottica di mix & match di servizi, incluso il prenota on line e ritira domani sul punto vendita.
È chiaro, riconosce Canalys, che l’appeal di Apple non è paragonabile a quello di altri brand, nondimeno ci sono delle tendenze nei comportamenti degli acquirenti che non vanno trascurate.
Per questo il punto vendita deve diventare portatore di esperienze positive, dal divertimento al relax, agli eventi in shop, senza dimenticare tutto quell’insieme di servizi che davvero non hanno alternativa online.
Non è semplice.
E Canalys non sembra neppure particolarmente fiduciosa del fatto che ciò possa accadere. E decreta la fine di molte delle insegne retail presenti sui mercati maturi nel giro del prossimo quinquennio.