A dimostrazione di quanto il canale sia importante per tutti i player del mondo ICT bastano quattro nomi: Michael Dell, Gianfranco Lanci, Antonio Neri, Dion Weisler. Tutti e quattro presenti di persona a Barcellona a parlare a una platea di rappresentanti delle terze parti del mercato EMEA in occasione dell’annuale Channels Forum organizzato da Canalys. Non i soli, naturalmente, ma il fatto che gli uomini delle prime file della neonata Dell Technologies, di Lenovo, di HPE e di HP Inc. si siano presentati direttamente sul palco, pronti a raccogliere le domande di un pubblico esigente quale è quello del canale la dice lunga sull’importanza della posta in gioco.
Prima di loro, era toccato a Steve Brazier, fondatore della società di analisi, fare il punto della situazione, chiarendo subito le luci e le ombre di un mercato in pieno cambiamento.
Per Canalys il tradizionale soffre, cresce l’iperconvergenza
Certo, i settori tradizionali non vanno bene. Le revenue derivanti dallo storage sono calate del 5 per cento nella prima metà dell’anno, altrettanto è successo con i server, per non parlare poi dei pc per i quali il regresso arriva al 12 per cento. E no, non c’è consolazione né compensazione nel fatto che gli smartphone siano cresciuti dell’1%, perché il segno positivo è guidato solo dalle buone performance del mercato africano. Un po’ poco.
Certo, ci sono anche le note positive. Come il +74 per cento registrato dai sistemi iperconvergenti o il più 150 per cento messo a segno dai detachable, o ancora il raddoppio dello storage flash.
Il problema è il cambio di modello
Il problema è che c’è un cambio di modello in corso che mette in discussione l’intera ossatura del business.
Perché se solo tre anni fa le vendite di server avvenivano per il 75 per cento tramite canale, lasciando alla diretta un esiguo 25 per cento, ora al canale resta solo il 40 per cento del segmento, mentre c’è una buona metà del mercato che passa dal cloud pubblico e dai managed service providers.
La parte dei “cattivi” – si fa per dire, naturalmente – in questa storia spetta ai tre più importanti player del mondo del public cloud: AWS, Azure e Google. Insieme valgono la metà del public cloud e le loro crescite superano quelle del loro mercato di riferimento. +59 per cento per AWS, +98 per cento per Azure, +89 per cento per Google.
E continuano a crescere.
Troppo grandi per fallire
Ed è proprio questo il problema, dal momento che mentre i player tradizionali sembrano fermi a riflettere su come rispondere, i tre grandi diventano ancora più grandi. Con il serio rischio di diventare così grandi da non potersi permettere di fallire, perché se una cosa del genere accadesse, le conseguenze sarebbero inimmaginabili. “Se una cade, centinaia di migliaia di aziende cadrebbero con lei”, è stata la lapidaria conclusione di Brazier.
Una visione catastrofista di medio/lungo periodo, alla quale si affianca anche il concreto rischio di lock-in in uno dei tre schieramenti per i loro clienti.
Quale alternativa?
L’alternativa?
Tornare al “build”, al costruirsi le proprie infrastrutture in casa.
Cosa non semplice, dal momento che anche le competenze nei settori tradizionali dell’Ict si stanno perdendo. I più giovani cedono al fascino del coding, e così i camici bianchi invecchiano sempre di più, senza ricambio generazionale.
L’ammonimento è stato dato.
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Gianfranco Lanci: Lenovo lascia Windows Phone
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