Lo hanno auspicato i rappresentanti delle istituzioni intervenuti nel convegno di apertura dell’edizione 2004 di Ict Trade
Collaborare con il mondo universitario e gli enti locali per diffondere una cultura di tipo tecnologico e agevolare l’accesso al credito per le piccole e medie imprese italiane. Svoltasi sotto il patrocinio di una serie di istituzioni, fra cui il ministero delle Comunicazioni e quello per l’Innovazione e le tecnologie, il convegno d’apertura della terza edizione di Ict Trade, ha visto alternarsi sulla scena una serie di personalità pubbliche. Tutte concordi sulla necessità di muoversi (e anche in fretta) su un paio di fronti, ormai non più trascurabili, se l’obiettivo è quello di tornare a innovare nel nostro Sistema Paese.
Eliminando, possibilmente, quella serie di interventi a pioggia "che oltre a non essere strutturati, sono anche privi di confronti sugli eventuali ritorni" come ha fatto notare Pierfilippo Roggero, qui presente nella veste di presidente di Assinform, anche se più volte chiamato in causa come amministratore delegato di Fujitsu Siemens Computers. Lo stesso che ha poi aggiunto come nel nostro Paese il problema sia ancora di tipo culturale, visto che "la tecnologia è vissuta dalle imprese di casa nostra come un costo che, per forza di cose, nei momenti di criticità, va tagliato".
E allora ecco chiamate in causa le associazioni, quelle stesse nelle quali, secondo molti dei presenti, le aziende di piccole e medie dimensioni dovrebbero raggrupparsi. Per tornare a compiere quelli che Piero Varaldo, direttore generale di Federcomin, ha definito "investimenti ragionevoli" per recuperare in competitività.
Ancora più diretto è stato Marco Schianchi, presidente di Comufficio, che non ha solo sottolineato come "i commercianti avrebbero bisogno di capire quanto l’Ict è un progresso, non un costo puro", ma ha anche risvegliato le coscienze della platea evidenziando come in Italia, da dieci anni a questa parte, "si campa sugli errori e certo non si innova". Sarà per questo che, sempre secondo Schianchi, "nel 2003 abbiamo perso il 3,4% nelle esportazioni". E ha auspicato "una forte de-tassazione per riavviare il ciclo dei consumi" che, però, per essere efficace dovrà essere accompagnato da investimenti in innovazione e ricerca perché, ne è convinto Schianchi: "Se non c’è ricerca non c’è innovazione e se non c’è innovazione non c’è sviluppo".
È tornato, invece, su toni più positivi Ferruccio Ferranti, presidente di Consip, nel ricordare che "possiamo fare molto meglio, ma la situazione non è così drammatica". E ha parlato dell’importanza dell’aver razionalizzato i processi di acquisto d’Ict nella Pubblica amministrazione centrale e locale, "specie ora che la Finanziaria 2004 prevede piena libertà di scelta da parte degli enti dello Stato ad acquistare da chi si desidera tecnologia, con Consip a garanzia che si tratti sempre della miglior scelta in termini di qualità/prezzo".
Per Fabio Lazzerini, intervenuto in veste di presidente del comitato scientifico di Osservatorio Italia: "Oggi che l’Information and communication technology non corre più a due cifre, c’è più voglia di confrontarsi con il mondo della politica, che dovrebbe avere un ruolo di facilitatore, che non ha perché conosce poco il settore". Lo stesso che ha sottolineato come andrebbe fatto di più in ambito business, "non solo l’Internet per le scuole". Chiamato in causa, Alessandro Musumeci, direttore generale servizi automazione informatica e innovazione tecnologica del Miur, ha sottolineato come "il problema grosso sia il capitale umano". Quello stesso che, misurabile in termini di capacità di sviluppare reddito, "risulta fortemente inferiore rispetto alla media degli Stati Uniti". E i motivi sarebbero da ricercare in una serie di fattori come il tasso di occupazione, il livello di retribuzione e quello d’istruzione scolastica e la durata media della vita lavorativa. "Noi – ha affermato il braccio destro dell’attuale ministro dell’Istruzione, Letizia Moratti – stiamo lavorando sul terzo di questi punti con l’obiettivo di introdurre nuove tecnologie negli istituti scolastici per passare da una scuola auditorium a una laboratorio, che dal sapere insegni al saper fare".
E forse forse è proprio anche da qui che l’Italia dovrebbe ripartire, se non vuole che Cina, India e tigri asiatiche in generale prendano il sopravvento.