Lo spiega Luca Bruschi di Bt: vanno scritte applicazioni appositamente. Con gli standard.
Everything over Ip, big data, Byod e cloud, per Luca Bruschi, head of marketing top di Bt in Italia, sono quattro facce della stessa medaglia.
Con il cloud le aziende diventano «realtà prive di perimetri definiti in termini di infrastruttura, persone e documenti».
E le declinazioni della nuvola in termini di IaaS, Saas e PaaS diventano processi «o per meglio dire, l’applicazione di alcuni concetti tecnologici alla realtà attuale di cui le aziende oggi fanno parte».
It manager con visione olistica
Secondo Bruschi in questo scenario l’asset della competenza tecnologica non ha più il valore del passato: «oggi l’It manager deve conoscere in maniera approfondita il business della propria azienda e altrettanto accuratamente i processi e gli strumenti di governance del proprio ambiente It».
Cambia anche la sicurezza, che non è più quella del “perimetro” da proteggere, ma del “ruolo” della persona alla quale consentire l’accesso ai dati in base a chi è e a che cosa ha diritto di fare. «Non esiste più un dentro e un fuori – conferma Bruschi –: esiste un dato e un utente con precise credenziali di accesso».
Attorno a tutto questo il mondo applicativo che si va a disegnare è completamente diverso rispetto al passato «e richiede un cambio di modello di governance It totale che Bt propone attraverso analisi, semplificazione, convergenza ed estensione».
Una serie di passaggi alla cui base non può mancare il presupposto di conoscere il proprio ambiente analizzando l’infrastruttura informativa a disposizione e i relativi bisogni di business per definire i livelli di sicurezza attesi per ogni dato gestito.
Il passaggio successivo è l’implementazione di un piano per portare i dati sul cloud con una corretta definizione degli Sla.
Scrivere nel cloud
Bt fornisce soprattutto Infrastructure as a Service «che, oggi, deve necessariamente risultare ibrida in quanto l’attuale mondo legacy rende scarsamente conveniente, dal punto di vista economico, migrare sul cloud».
Questo fin tanto che le applicazioni non verranno scritte direttamente per lavorare sulla nuvola in un’evoluzione «che, però, richiederà ancora diversi anni». L’obiettivo diventa, allora, la standardizzazione dei linguaggi tra cloud pubblici e privati, «che se non si parlano, non portano ad alcun vantaggio operativo» non solo per Bruschi.
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