Nel keyonote di apertura dell’edizione 2011 di Cisco Live! il Ceo riprende i temi di Davos e li interpreta alla luce dell’innovazione europea. Con una nota finale sulle Pmi italiane.
La transizione non aspetta nessuno: né le aziende, né i Governi, né le popolazioni.
È quasi un mantra per John Chambers, presidente e Ceo di Cisco e lo ripete più volte nel corso del keynote di apertura dell’edizione 2011 di Cisco Live! a Londra.
Nella giornata di ieri il Ceo ha annunciato un piano di investimenti da 500 milioni di dollari per supportare lo sviluppo del British Innovation Gateway, in vista dei Giochi Olimpici del 2012 e, naturalmente, oltre l’evento olimpico.
Ma Chambers è di ritorno da Davos, dove ha seguito i lavori del World Economic Forum, e oggi sceglie di rivolgersi all’Europa.
Un’Europa che deve fronteggiare il momento di uscita dalla crisi, la competizione globale, i nuovi player, tenendo il passo con una innovazione che non è mai cresciuta a un ritmo più veloce di quello di questi giorni.
“Stiamo passando dalla Information Economy alla Networked Economy” sostiene Chambers, più che mai convinto che la rete sia la piattaforma del cambiamento e la banda larga lo strumento abilitante.
“Anche a Davos – sottolinea – si è parlato del ruolo della Networked Ict nello sviluppo futuro“.
Ed è qui che scattano le riserve sull’Europa. Che rischia di restare indietro se non realizza che proprio alla rete spetta il compito di “cambiare il modo in cui i cittadini europei lavorano, vivono, giocano e imparano, trasformando la competitività europea attraverso innovazione e produttività“.
Ed è quasi una call to action, quella che viene da Chambers, convinto che l’economia basata sull’innovazione possa davvero arrivare a livelli di produttività mai raggiunti prima.
Il Ceo traccia anche un profilo della Networked Economy, che si gioca su paradigmi ormai diversi, nella quale non si parla più di accesso alle informazioni, ma di accesso alle competenze, nella quale i modelli statici hanno ormai lasciato il passo a modelli dinamici, nella quale all’individuo si sono sostituite le comunità e le relazioni: “Siamo in una fase di democratizzazione dei valori, passiamo da una economia incentrata sugli individui, sui controlli, sui processi, a una nuova realtà, nella quale non è importante portare le informazioni, bensì connettere le esperienze”.
In questo processo, sostiene Chambers, Cisco gioca la sua parte, con i 5,3 miliardi investiti in ricerca e sviluppo, con gli 8.000 brevetti registrati lo scorso anno, i 20.000 engineer che fan parte del suo staff.
Un impegno concreto verso l’innovazione che lo scorso anno si è tradotto in oltre 400 nuovi prodotti.
Con 40 miliardi di dollari cash, Cisco guarda a nuove possibili acquisizioni e Chambers riconosce che l’azienda guarda in modo specifico alle start up, che esprimono l’innovazione possibile: “Uno degli errori più gravi, in periodi di crisi, è smettere di investire in innovazione. In Cisco abbiamo smesso di ragionare in base a questo trimestre, questo esercizio, ma guidiamo le nostre scelte e le nostre strategie sul lungo termine. Ed è una scelta che non ci ha fatto trovare impreparati alla ripresa”.
E un messaggio chiaro, per i Paesi che più hanno sofferto lo scorso anno. Per l’Italia, un pensiero in più.
Cisco non ha in programma al momento investimenti come quelli annunciati ieri a Londra o l’estate scorsa in Russia. “Tuttavia è importante incoraggiare la crescita sostenibile delle piccole imprese offrendo servizi evoluti in modalità as a service, dalla Cloud capability alle Unified Communication erogate as a Service. Senza dimenticare un importante lavoro con le università, per favorire l’imprenditorialità e far crescere nuove generazioni in grado di portare l’innovazione nel tessuto imprenditoriale del Paese“.
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