Chi crede nei big data

Un’indagine mette in luce il clima di confusione che avvolge le dinamiche di cambiamento necessarie per implementare i big data.

Oracle ha utilizzato i dati della ricerca Next Generation Datacentre Index per verificare le percezioni e la capacità di comprensione rispetto ai big data delle circa 1.000 aziende dell’area EMEA (Europa, Medio Oriente e Russia) intervistate da Quocirca lo scorso ottobre.

Dall’analisi emerge che non esiste unità di vedute sulle caratteristiche principali dei big data.
Viene anche messo in luce il clima di confusione che avvolge le dinamiche di cambiamento necessarie per implementare i big data: alcune aziende ritengono che si verificherà un cambiamento radicale, mentre altre che sarà necessario solo intervenire con progetti di integrazione alle tecnologie già esistenti.

Uno dei risultati dell’analisi che più sorprende è che 3/4 delle aziende intervistate non attribuisce grande importanza ai big data.

Un quarto ha affermato che negli ultimi due anni la risorsa dei big data ha avuto un’importanza alquanto limitata al proprio interno.
Per contro, l’analisi ha anche rivelato che 1/4 di imprese considera i big data come elemento differenziante o come aspetto della massima priorità per i prossimi due anni. La percentuale più alta è stata riscontrata tra le aziende del Regno Unito.

Le industry trainanti: TLC e utility
Massima importanza ai big data viene data da settori quali telecomunicazioni (61%) e utility (41%); al contrario, quelli che considerano tale tecnologia poco rilevante sono la sanità (35%) e il retail (31%).

Lo studio scende anche nel dettaglio in termini di differenze regionali per quanto concerne il livello di comprensione dei big data e degli strumenti correlati, la percezione dell’importanza che la tecnologia ricopre e i livelli di implementazione nei Paesi intervistati.

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