Una soluzione aperta che comprende e maschera le complessità implementative e gestisce il catalogo applicazioni è la proposta nel mondo cloud. Anche per la Pa e valida per capire il Tco.
La Pubblica amministrazione, vista come corpo unico, è il più impegnativo banco di prova per soluzioni che tengano conto della frammentazione e delle diverse scelte architetturali, procedurali ed economiche.
È qui che più la soluzione è articolata, meglio può rispondere alle necessità. In un’era sempre più votata al cloud, è su questo punto che abbiamo voluto verificare lo stato delle cose, incontrando al ForumPa di Roma Massimiliano Grassi, Marketing manager italiano di Citrix.
«Siamo al ForumPa – ha spiegato Grassi – per avere un punto di vista complessivo sull’utenza della pubblica amministrazione: qui parliamo con i nostri utenti finali pubblici nel loro ambiente, il che ci fornisce informazioni che gli incontri diretti non ci danno».
Le richieste che Citrix riceve sono orientate a due grandi filoni, la mobilità e il cloud.
«La mobilità del cittadino richiede la disponibilità dei servizi su ogni dispositivo, e da tempo è disponibile il software Citrix Receiver, di immediata e gratuita installazione ovunque, che permette la distribuzione dei servizi su qualsiasi device – ha dettagliato il manager – quindi da questo punto di vista la comunicazione è semplice: ci siamo».
Il cloud nasce all’interno
Il cloud è invece più una richiesta del personale interno. L’offerta dell’azienda si è recentemente ampliata con CloudStack, un approccio modulare che consente l’intercambiabilità degli strati software usati.
«Oggi per la maggior parte le offerte prevedono l’hypervisor Xen e il suo licensing aggressivo, ma dopo l’offerta può essere utile non dipendere per forza da quel componente, dalle sue specifiche e dalla sua manutenzione».
Allargando lo sguardo, l’approccio aperto di Citrix si articola su tre perni: Unify, Bridge e Build. Lo stack opera sul lato del Build, mentre il bridge consente di aggiungere anche temporaneamente risorse aggiuntive, gestendole unitariamente senza quindi vedere la complessità.
In questo contesto una parola in più merita Unify, il cardine sul quale è imperniata la coesistenza di applicazioni cloud interne ed esterne.
È l’applicazione che fa il catalogo
Agendo sul catalogo delle applicazioni, Unify rende possibile integrare applicazioni esistenti con quelle sviluppate internamente, aggiungendo informazioni di abilitazione e controllo che effettivamente ne unifichino la visione. «Flessibilità, mobilità, open, any cloud, any device – ha sintetizzato Grassi – la nostra proposta è semplicissima da declinare».
Grazie a questo approccio, di fatto si risolvono svariati problemi derivati dall’adozione del cloud nella sua prima fase di esistenza: le applicazioni restano elementi fruibili dall’azienda e semplicemente spostabili da un catalogo all’altro e da un fornitore all’altro, senza rischiare di restare legati ad una particolare scelta precedente.
È un enorme passo in avanti verso la definizione di un Tco del cloud computing.
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