Cloud computing: in Europa non ci siamo ancora

Incoraggiarne l’adozione non è sufficiente. In una relazione del Comitato Europeo per gli Affari Economici e Sociali una strategia a tre vie per promuovere politiche cloud made in Europe.

Se è vero che il cloud computing è una delle priorità espresse anche dall’ Unione Europea, è altrettanto vero che, almeno finora, ciò che si è fatto non sufficiente né adeguato.

Lo sostiene, in una relazione presentata in questi giorni, da Eric Pigal, membro del Comitato Europeo per gli Affari Economici e Sociali – Cese, alla Commissione Europea

In sintesi estrema, dopo aver esaminato la relazione recentemente presentata dalla Commissione Europea e intitolata Sfruttare il potenziale del cloud computing in Europa, Pigal ha sottolineato come finora le azioni dell’Unione si siano limitate alla promozione delle diffusione del cloud, mancando in finalità e metodo.
Per questo motivo, è stata avanzata una nuova proposta, che indirizza la tematica cloud secondo tre direttrici chiave: diffonderne l’utilizzo, sviluppare applicativi basati su questo tipo di architettura e creare infrastrutture cloud in Europa.

Il terzo è un punto dirimente nella relazione di Pigal, il quale sostiene la necessità che l’Europa diventi ”produttiva in questo settore fornendo essa stessa le necessarie infrastrutture”.
Una sorta di autarchia digitale, (energia la definisce Pigal) con l’obiettivo di rendere l’Europa sempre meno dipendente dai fornitori extraeuropei.
“L’energia digitale, come altre fonti di energia quali il petrolio o il gas, è di importanza economica e strategica”.

Perché questa visione possa compiersi, diventa necessario, e in questo il Cese ha espresso già il suo parere favorevole, eliminare una serie di ostacoli tecnici normativi, sviluppare nuovi modelli o clausole contrattuali di riferimento, creando nel contempo ”sistemi di certificazione per i provider di servizi di cloud computing”.

Non solo.
Sempre in un’ottica di massima efficacia, il Cese ritiene fondamentale che alcune delle attività di sensibilizzazione vengano indirizzate in modo specifico ”utenti meno consapevoli”, mettendo in evidenza tanto i rischi quanto le opportunità.
Nel contempo, sarà necessario introdurre incentivi specifici destinati a chi sviluppa servizi basati sul cloud, così da incidere su quell’oligopolio di fatto che caratterizza il settore e lo consegna alla predominanza degli operatori extraeuropei.
Nella relazione Pigal sottolinea per altro come la comparsa di operatori europei dovrebbe portare a un diverso orientamento delle scelte dei consumatori, sia in considerazione del rispetto delle norme in materia di tutela dei dati, sia in relazione ad eventuali, possibili controversie.
In ogni caso Pigal e il Cese propongono l’introduzione di un sistema di risoluzione delle controversie online, simile a quello già adottato per il commercio elettronico, ipotizzando per altro il ricorso al contributo di una agenzia europea, nuova o esistente, che meglio definisca pratiche e regolamentazioni.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome