Cloud computing, nessuna nuvola all’orizzonte

Il 66% dei CIO lo considera un trend rilevante per l’informatica aziendale. Ma non bisogna solo focalizzarsi sull’aspetto tecnico. I rischi per i direttori IT nell’analisi della School of Management del Politecnico di Milano.

La sintesi migliore la fa Gianluigi Castelli, Executive Vice President Ict di Eni: “il Cloud computing è un altro tassello nella costruzione della strategia Ict in azienda, non è LA strategia Ict”.

In altre parole, il Cloud non è un fenomeno passeggero, non è un moda, è fondamentale capirlo, ma va contestualizzato e “depurato” di tutti i messaggi marketing e promozionali che arrivano dall’offerta e dal mercato.

Solo nella zona di Milano – ha spiegato Mariano Corso responsabile con Stefano Mainetti dell’Osservatorio Cloud & ICT as a Service della School of Management del Politecnico di Milano – abbiamo contato oltre 30 convegni dall’inizio dell’anno con il termine Cloud nel titolo. Nuvole di parole, nuvole di concetti. Ma il dubbio è: si parla della stessa cosa?”. Per l’Ict è un po’ come la Torre di Babele e la lingua non converge.

Vediamo quindi di fissare alcuni paletti.  Il Cloud computing è stato correttamente definito dal Nist (National Institute of Standards and Technology). “Ma si tratta di caratteristiche perlopiù tecniche, che dicono che il Cloud prevede 5 caratteristiche essenziali, 3 modelli di servizio e 4 modelli di deployment”, spiega Stefano Mainetti.

La cosa importante è in realtà la valenza organizzativa del Cloud. Come impatta sul business? Come cambia la direzione Ict? Bisogna spostare la visuale, guardando la nuvola dall’esterno e non dall’interno, con un’ottica “alta” per poter fare la tara alle affermazioni dei vendor che enfatizzano la scalabilità, i tempi di risposta rapidissimi, il pay per use e via dicendo.

E l’unico modo per farlo è sentire la domanda, cioè i Cio che sono chiamati all’adozione di questo modello. Bene, secondo i dati dell’Osservatorio il 66% dei 168 Cio interpellati ritiene che il Cloud “è un trend rilevante che le aziende devono comprendere per far evolvere il loro modello d’impresa”. Solo l’1% ritiene che sia un termini vuoto, frutto della moda del momento.

Va anche detto che molti Cio dichiarano di sentirsi “lasciati soli” dai vendor, soprattutto per quanto riguarda la capacità di comprendere i bisogni e di guidare il percorso verso il Cloud.

L’offerta infatti sottolinea la capacità del Cloud di semplificare la gestione delle risorse Ict, schermandone la complessità e trasformandole in servizi. Ma il Cio deve calare il Cloud all’interno di un’infrastruttura operativa e funzionante e non è affatto facile capire di quale livello di servizio Cloud fruire (Iaas, PaaS, SaaS) o quale modello usare (pubblico, privato ibrido).

Per certi aspetti, il sistema informativo aziendale diviene un puzzle composto da soluzioni eterogenee che occorre amalgamare, sfruttando i “mattoncini” che vengono resi disponibili dal Cloud.

Da qui la necessità di avere una chiara visione di insieme del proprio sistema informativo, all’interno del quale andranno a convivere sistemi legacy, servizi Cloud, applicazioni orientate ai servizi.  In quest’ottica l’affermazione di Castelli che vede il Cloud come un ulteriore tassello nella costruzione di una strategia Ict è assolutamente pertinente.

E certamente l’offerta non sembra aiutare. Offerta che da un lato rivede (o maschera, a pensar male) la propria offerta in un’ottica Cloud, dall’altro vede l’ingresso di nuovi attori (service broker, Cloud provider, telco) che vedono nella Nuvola la nuova Eldorado. La Torre di Babele, in altre parole, non viene scardinata.

L’Osservatorio ha anche analizzato la diffusione del Cloud nelle grandi imprese italiane. Dalla ricerca emerge come il modello si servizio più maturo sia il SaaS (usato nel 63% dei casi), seguito dallo IaaS (49%) e dal PaaS (24%).

Nel SaaS, fra i servizi più usati troviamo la posta elettronica, la collaboration, la gestione delle risorse umane (applicazioni non core, insomma), mentre nei servizi IaaS e PaaS a farla da padrone sono la capacità elaborativa e di storage, le risorse virtuali configurate e il software infrastrutturale.

Se si sposta il focus verso le Pmi, il quadro invece è desolante: solo il 2-3% delle Pmi utilizza servizi SaaS principalmente per attività amministrative e gestione del personale. L’idea insomma che il Cloud possa aiutare le piccole imprese a dotarsi di quella infrastruttura It necessaria per competere è ancora in fase embrionale.

Un’ultima nota riguarda il lato organizzativo. E’ fuori di dubbio che i modelli Cloud possano essere un’occasione per innovare i sistemi It nell’ottica di rispondere maggiormente alle richieste del business.

Passando a un’ottica di servizio – commenta Corso – cresce la capacità delle linee di business di scegliersi il proprio servizio. E’ una prospettiva che può essere spiazzante per il Cio. Se la direzione Ict non si prepara per tempo corre il rischio di essere scavalcata, o sorpassata a destra, dai manager di linea”.

In realtà il 72% dei Cio interpellati non ha questo timore. Anzi, si afferma che è proprio il direttore It a guidare il processo. “Questo dato – afferma Corso  – va però letto con attenzione. Il vero tema è che nella maggior parte dei casi, l’approccio dei Cio è “auto tranquillizzante”: in genere si va verso il Cloud privato, senza un vera discontinuità nel percorso infrastrutturale, con un cambiamento che riguarda solo l’Ict. E quando si usa il Cloud pubblico, si sposta sulla nuova la posta elettronica o la collaboration, insomma nulla di sconvolgente”.

La vera discontinuità si avrà quando l’architettura Cloud andrà a coinvolgere il core business dell’azienda. “La direzione Ict dovrà dotarsi di nuove competenze in termini di vendor scouting, contratti, risk e resource management, enterprise architetture”, spiega Corso .

Mappando le nuove competenze richieste secondo tre assi (business, tecnologia, conoscenza dei vendor), i ricercatori della School of Management affermano che solo il 10% delle imprese è sufficientemente pronta ad affrontare una seria discontinuità Cloud.

Ma il percorso sembra tracciato. “Ci concentriamo troppo sugli aspetti tecnici, dimenticando quelli organizzativi” conclude Corso. “Le opportunità non sono dentro la nuvola, ma fuori. Cloud vuol dire togliere un certo livello di complessità per liberare risorse da usare in nuove fonti di vantaggio competitivo. E’ una sfida che non dobbiamo perdere. Le imprese, tutte, devono trovare nel Cloud l’opportunità per ripartire dai blocchi di partenza e costruire un’Ict che sia più capace di generare valore”.

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