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Cloud ibrido: Red Hat collega i container ad AWS

I grandi cloud provider del cloud pubblico stanno mostrando una rapidità di innovazione che rischia di lasciare indietro le software house tradizionali, per le quali ignorare questo fenomeno potrebbe essere pericoloso.

Da questo punto di vista Red Hat ha deciso di “agganciarsi” parzialmente all’innovazione di Amazon Web Services creando un collegamento diretto e nativo tra il suo ambiente OpenShift e alcuni servizi erogati dal cloud di AWS.

In questo modo in effetti Red Hat segue non solo l’evoluzione del cloud pubblico di AWS ma parallelamente il trend dell’adozione dei container nelle imprese. OpenShift (per la precisione la OpenShift Container Platform) è infatti l’ambiente Red Hat per il deployment e la gestione di applicazioni “containerizzate” via Docker.

Con questa novità, in sostanza, gli sviluppatori di applicazioni in container potranno accedere direttamente via API ad alcuni servizi AWS come Aurora, Redshift, EMR, Athena, CloudFront, Route 53 ed Elastic Load Balancing. Ma potranno farlo anche i non sviluppatori, nel senso che questi servizi saranno configurabili e attuabili direttamente dalla console di OpenShift.

Un ambiente OpenShift "visto" da una console ManageIQ
Un ambiente OpenShift “visto” da una console ManageIQ

La notizia è particolarmente importante per chi vuole gestire ambienti di cloud ibrido. Con questa novità è possibile ad esempio creare un ambiente OpenShift in una implementazione on-premise di Red Hat Enterprise Linux e da questa gestire applicazioni in container che si colleghino direttamente ai servizi di AWS. Dando così idealmente, anche secondo Red Hat e AWS, il meglio dei due mondi: un ambiente “stabile” e controllato (RHEL/OpenShift) allo stesso tempo aperto a tutte le innovazioni che AWS può portare ai suoi servizi.

Ovviamente nulla vieta di gestire invece tutto in cloud. Già da tempo è possibile seguire la OpenShift Container Platform su AWS, come anche Red Hat Enterprise Linux. I vantaggi pratici dell’alleanza rimangono anche se tutto gira nella “nuvola” di Amazon: poter estendere il proprio ambiente a container con funzioni di elaborazione, database o machine learning a seconda delle necessità.

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