Giuseppe Giuliani, nuovo general manager della società di pc, ha intenzione di puntare sui bisogni del cliente e sul valore tecnologico, per affermare un brand che ha alle spalle 1.400 ricercatori.
Dopo una vita in Ibm, Giuseppe Giuliani ha detto sì a Lenovo. Il manager, conosciuto ai più come colui che diede vita alla rete commerciale dei Business partner, ha deciso di iniziare a lavorare per i cinesi. E così, lingegnere è entrato ai primi di settembre nel ruolo di general manager di Lenovo Italia. Ed è in questi panni che lo abbiamo incontrato per capire i presupposti di questa scelta e, soprattutto gli obiettivi.
Come mai ha detto sì a Lenovo?
"I motivi sono diversi. Ma diciamo che mi piace lasciare dei segni. Credo di averlo fatto costruendo il canale per Ibm. E mi pare che ci siano tutte le premesse per fare delle buone, ottime cose con Lenovo. E poi cera la voglia di tornare in Italia. Anche per fare qualcosa in più per il mio Paese".
UnItalia che è un po cambiata da quando sei anni fa si è trasferito a Parigi?
"Sì. I contatti sono sempre stati molto forti, soprattutto perché parte del mio lavoro ricadeva anche in questarea geografica. Ma tornarci a vivere è unaltra cosa. Basta accendere la televisione per avere solo notizie tragiche. E poi la sensazione è che manchi una direzione strategica".
Questo è il cittadino Giuliani. E il manager?
"Ho sentito clienti, partner, analisti e da loro emerge un forte senso di preoccupazione e insoddisfazione. Ma non cè rinuncia. Forse solo un po di impotenza. Da qui mi viene naturale fare delle riflessioni. Ma cè anche voglia di agire. Se penso al nostro settore, vedo che solo in Italia i clienti comprano i pc come fossero fette di mortadella offerta dal salumiere. Non si rendono conto dei costi e dei rischi. Quello che posso fare io, che voglio fare io, è riportare lattenzione ai valori. A quei dati che vanno al di là dellacquisto e della vendita contingente".
Torniamo al suo rapporto con Lenovo: ha la sensazione che lavorare con unazienda cinese sia diverso che essere dipendente di unazienda americana, come ha fatto per 31 anni?
"Non sono ancora andato a Pechino, ma ho avuto a che fare con i manager cinesi da quando è partito laccordo con Ibm. Li trovo molto disciplinati, con una cultura che sa di precisione. Ma non posso dire che Lenovo sia unazienda cinese. O almeno non nel senso comune del termine. È, invece, unazienda che basa il proprio essere sui bisogni del cliente, sul valore tecnologico, tantè che abbiamo a disposizione 1.400 ricercatori. Questi sono canoni vicini alla mentalità produttiva americana. Cè poi un altro valore su cui voglio puntare".
Quale?
"Quello della multicultura. I team con cui ho lavorato allestero erano multietnici. Da questi sono venute fuori le idee migliori".
Ci ha creduto subito sulla realtà Lenovo?
"Quando si diffuse la voce che Ibm avrebbe ceduto le attività dei personal computer a Lenovo, non sapevo neppure cosa fosse. Poi mi hanno spiegato che si trattava della nuova Legend e la cosa mi è stata più chiara".
Questo è forse il vero problema: un brand poco conosciuto…
"Al grande pubblico può darsi. E questo potrebbe essere il segno di cui parlavo prima: lanciare in Italia il brand, come team, come identità. Daltronde abbiamo ora lopportunità Smau dove presenteremo prodotti e strategie al pubblico professionale e al canale. Le Olimpiadi ora invernali e poi quelle del 2008, che vedono Lenovo sponsor, daranno forte enfasi su un pubblico più allargato. Vero è che il fascino che ha suscitato questa avventura Ibm-Lenovo ha destato linteresse di molti".
Obiettivi?
"Lanciare Lenovo in Italia ai massimi livelli (ora Idc gli assegna nel secondo quarter 2005 il 5° posto nel mobile e il 2° nei desktop – ndr). Questo è il mio obiettivo. Poi, dobbiamo decidere in quanti anni ottenere questo risultato".
Attraverso quale canale intende operare?
"Quello Ibm, ovviamente. Anche perché laccordo con Lenovo prevede lutilizzo di vari servizi offerti da Big Blue come, per esempio, i finanziamenti erogati da Ibm Global Financing. Si impone, però, anche in questo contesto una relazione di svolta: se il cliente deve acquistare in maniera più matura, è naturale che anche i rivenditori inizino a vendere con maggiore consapevolezza".
Il mercato dei pc è un mercato da grande arena, al limite delle sfide. Quale concorrente le fa più paura?
"Nessuno".
Visto le idee di marketing che in passato lanciò per la linea As/400, cè da credere che ne abbia in serbo anche per il mondo dei ThinkCentre e dei ThinkPad?
"Cè da crederlo. E poi prevedo ovviamente strategie sinergiche tra il mondo dei pc e quello dei server".