In sei anni calati di 64 mila unità i commercianti e di 70 mila unità gli artigiani. Tra le cause di questa “moria”, la Cgia di Mestre cita tasse, burocrazia e aumento delle difficoltà di accesso al credito. Ma anche incremento dei costi di energia elettrica e gasolio.
La Cgia di Mestre
denuncia che tra il 2008 e il 2013 le due principali categorie che costituiscono il cosiddetto popolo
delle partite Iva, ovvero artigiani e commercianti, hanno subito una vera e propria
moria. Se tra i piccoli commercianti infatti, il calo sfiora le 64 mila unità,
tra gli artigiani supera addirittura quota 70 mila. Sommando i
risultati dell’una e dell’altra categoria, all’appello mancano quasi 134 mila
piccole imprese.
“A
differenza dei lavoratori dipendenti – fa notare il segretario della Cgia Giuseppe
Bortolussi – quando un autonomo cessa l’attività non dispone di alcuna misura
di sostegno al reddito. A esclusione dei collaboratori a progetto che
possono contare su un indennizzo una tantum, gli artigiani e i commercianti, ad
esempio, non usufruiscono dell’indennità occupazionale e di alcuna forma di cassa integrazione o di mobilità
lunga o corta. Spesso si ritrovano solo con molti debiti da pagare e un
futuro tutto da inventare”.
Oltre alle
chiusure, negli ultimi sei anni, fa notare la Cgia, il costo dell’energia elettrica è aumentato del 21,3
per cento, quello del gasolio del 23,3 per cento, mentre la Pubblica Amministrazione ha allungato i tempi di pagamento di
ben 35 giorni.
Sul fronte
del credito la situazione è altrettanto preoccupante: in questi
sei anni di crisi economica gli impieghi bancari alle imprese con meno di 20
addetti sono diminuiti del 10%. In termini assoluti ciò corrisponde ad
una contrazione dei prestiti erogati alle micro imprese pari a 17 miliardi di
euro.
Infine, le tasse
e la burocrazia. Tra il 2008 e il 2013 la pressione fiscale in
Italia è aumentata di 1,7 punti percentuali: l’anno scorso ha toccato il record
storico del 44,3 per cento. Anche il peso degli adempimenti burocratici
ha assunto un livello non più sopportabile. Secondo i dati della Presidenza del Consiglio dei Ministri,
la burocrazia costa al mondo delle imprese italiane 31 miliardi di euro
all’anno. Ciò implica che su ogni impresa grava mediamente un costo annuo
pari a 7 mila euro. A differenza di quelle più grandi, le piccolissime
imprese non possiedono una struttura amministrativa al proprio interno.
Pertanto, sono costrette a rivolgersi a professionisti esterni, subendo
costi annui ben superiori al dato medio nazionale sopra citato.