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Le 4 caratteristiche di base del consulente IT

Siete competenti tecnicamente, avete una buona esperienza e il lavoro nello staff IT della vostra azienda vi sta stretto? Potreste essere un buon candidato per fare il grande salto e diventare un consulente IT. Le tecnologie evolvono rapidamente e c’è sempre bisogno di talenti che sappiano governarle, invece di farlo per un’azienda sola potreste farlo per clienti diversi.

Si tratta di una evoluzione professionale che molti fanno o cercano di fare e i suoi pro e contro sono abbastanza noti. C’è la possibilità di guadagnare di più e avere un lavoro più vario, ma anche di essere molto più impegnati e la variabilità delle situazioni d’impiego non è detto vada bene a chiunque.

In ogni caso, ci sono alcuni elementi che bisogna avere di certo prima di affrontare l’ipotesi di un passaggio. E che andrebbero messi in evidenza se siete interessati al salto.

Primo: il consulente IT ha esperienza

Ci sono stati tempi in cui l’IT interna aziendale vedeva nel consulente IT quasi unicamente una persona poco preparata che faceva esperienza proprio saltando da progetto a progetto. Ere geologiche fa, parrebbe.

Ora se volete essere appetibili per una società di consulenza bisogna dimostrare esperienza, il che non vuole necessariamente dire aver passato anni a fare la stessa cosa.

L’esperienza può essere legata a uno specifico settore che ha una medio-alta diffusione della tecnologia, perché chi sa come muoversi al suo interno capisce meglio da subito come portare avanti i progetti. Può anche essere esperienza su tecnologie particolari che oggi sono d’interesse, perché la si può portare subito ai clienti. O esperienza su determinate applicazioni enterprise, sempre perché questo semplifica il trasferimento delle conoscenze.

Secondo: l’adattabilità

Un consulente IT deve essere adattabile, nel bene e nel male. In senso positivo l’adattabilità diventa elasticità per seguire un modello di lavoro che è molto dinamico. Nessun progetto è mai uguale a un altro e questo va bene per chi non amerebbe stare in azienda a fare lo stesso per anni. Dato poi che di solito si ricorre a consulenti esterni per implementare nuove soluzioni, chi lo fa ha l’occasione di toccare con mano tecnologie e approcci sempre nuovi.

L’altro lato della medaglia è che un lavoro dinamico può diventarlo a volte anche troppo. Il carico di lavoro in un’azienda classica è ragionevolmente costante, mentre in una società di consulenza può spesso avere picchi legati alle necessità dei progetti e delle aziende clienti. Picchi che non sono negoziabili, per cui potreste trovarvi a passare da fasi di calma piatta a fasi di lavoro più che full time.

Terzo: competenze trasversali

Vero: l’esperienza in un particolare campo premia, specie se quel campo ora va per la maggiore. Ma attenzione a non esagerare andando troppo in profondità, perché per un consulente IT avere competenze trasversali o complementari è un vantaggio in più. Innanzitutto è comunque un bene conoscere più di una tecnologia tra quelle più richieste sul mercato, anche perché il panorama stesso dei progetti IT è cambiato e le aziende cercano soluzioni (e consulenti) end-to-end.

Ovviamente non si può essere tuttologi, ma aiuta mettere sul piatto l’aver partecipato a diversi progetti interessanti e magari anche qualche certificazione. Va tenuto anche presente che a un consulente tecnico ora sono richieste anche competenze di business, quantomeno la capacità di definire se, quanto e come una tecnologia o una soluzione possono inserirsi in un contesto di business.

Quarto: i soft skill

Anche chi lavora con la tecnologia deve abituarsi a sentire sempre più parlare di soft skill, ossia le competenze non tecniche. E nemmeno di business: qui parliamo di più che altro di problem-solving, capacità manageriali e di comunicazione.

A richiederli è proprio lo stesso tipo di lavoro che fa un consulente esterno, che ad esempio deve inserirsi velocemente in un contesto aziendale che non conosce e che è stato chiamato proprio per risolvere un problema. Non è affatto semplice, o non lo è quasi mai. Serve essere capaci di recepire molte informazioni rapidamente, capire cosa è importante e trarne le indicazioni di progetto.

Ancora una volta la parola chiave è variabilità. A volte si partecipa a un progetto dove tutto va per il meglio, altre no. Altre ancora si arriva quando qualcosa è già andato male e bisogna capire perché e come raddrizzare la soluzione. Talvolta si lavora quasi da soli, talvolta in team di decine di persone che devono essere sempre allineate. Per assorbire tutto questo essere buoni tecnici non basta. Bisogna sapersi organizzare e gestire bene le comunicazioni verso tutte le persone coinvolte: colleghi, clienti, collaboratori.

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