La questione, con tutta probabilità, non è capire chi c’è, ma chi ci sarà.
Perché nel primo gruppo di editori che hanno scelto di aderire al progetto Amp lanciato ufficialmente ieri da Google c’è anche un italiano: La Stampa.
Il resto è tutto da costruire.
L’idea è interessante e per capire meglio di cosa si tratta consigliamo la lettura delle FAQ pubblicate da Google sulla pagina web dedicata ad AMP Project.
Amp è un acronimo per Accelerated Mobile Pages e il progetto Amp è di fatto un’iniziativa che consente di accelerare i tempi di visualizzazione delle pagine web su dispositivi mobile.
L’obiettivo dichiarato è chiaro: ridurre la frustrazione dell’utente mettendo a punto un nuovo formato basato sugli standard esistenti.
Si tratta di un progetto open source, tengono a precisare subito in Google, nato dal confronto tra editori, produttori di contenuti e tecnici, tutti d’accordo sulla necessità di migliorare l’intero ecosistema mobile a vantaggio di tutti gli attori della filiera.
Se questo è il “cosa”, il “come” è trovando un modo per ottimizzare le pagine web perché si carichino istantaneamente.
“Istantaneamente” è la parola chiave e Google sottolinea come la velocità sia cruciale per ridurre i tassi di bounce rate tra gli utenti. Non solo: per chi produce contenuti, il nuovo formato rappresenterebbe l’opportunità di meglio condividere e distribuire attraverso tutte le piattaforme il loro lavoro.
Tecnicamente, le pagine AMP sono pagine Html più leggere, nelle quali sono consentite solo un numero limitato di funzionalità tecniche, definite e governate dalla specifica stessa. Sono pagine che si aprono in qualunque browser o App e i file AMP possono restare in cache in cloud, così da ridurre ulteriormente il tempo di caricamento del contenuto sul dispositivo dell’utente.
Questo significa che i publisher mantengono il controllo sul contenuto, ma le piattaforme di delivery possono effettuare caching o mirroring per ottimizzare il rilascio dei contenuti stessi.
I due assi lungo i quali dunque si muove AMP sono da un lato la riduzione delle funzionalità tecniche e un sistema di distribuzione basato sul caching.
L’obiettivo ora è che, oltre agli editori coinvolti in questa prima fase di sviluppo, i provider di CMS (Content Management System) integrino il supporto per le pagine AMP HTML. Cosa che WordPress ha già garantito di fare.