Rivisti i listini, che ora includono anche il compenso per copyright, da Apple definito “tassa”. Le reazione di Siae e sindacati.
I primi a pagarne – letteralmente – le conseguenze sono gli utenti di Apple.
Perché nonostante le rassicurazioni rilasciate a suo tempo dal Ministro, sostenitore del fatto che i nuovi compensi per copia privata sarebbero stati assorbiti direttamente dai produttori o dai distributori.
Così non è stato, visto che nella giornata di ieri la società ha aggiornato i propri listini, includendo, come si legge al momento del checkout, la ”tassa su copyright di €4”.
Gli aumenti includono per altro l’Iva, cosa che aggiunge onere all’onere, oltre a essere evidentemente paradossale l’idea di un’imposta che va a gravare su un’altra imposta.
Alla Siae e ai sindacati la definizione stessa di ”tassa non piace, tanto da definire ”provocatoria” la decisione di Apple, sottolineando per altro come gli aumenti applicati (3,78 euro per iPhone 5s, 2,56 euro per iPad Air da 16 Gb, 4,03 euro per iMac 21,5” con 1 TB di memoria) siano esattamente pari all’applicazione dell’equo compenso.
Nella nota sindacale ci si scaglia contro Apple, la cui decisione, se pure in linea con quanto previsto da Bruxelles che ritiene che l’equo compenso sia in ogni caso a carico dell’acquirente, di fatto ha il risultato di lasciare inalterati gli utili. La nota include anche una valutazione morale, sugli utili ottenuti utilizzando manodopera a basso costo.
In questo momento non si hanno notizie di altri rincari, anche se l’incidenza dell’equo compenso sul costo finale degli hard disk potrebbe mettere qualche pressione in più nel comparto pc.