Caso L’Oréal contro eBay: la Corte di giustizia europea precisa la responsabilità delle società che gestiscono un mercato online per le violazioni del diritto dei marchi commesse dai suoi utenti.
Il recente caso affrontato dai giudici della Corte europea di Lussemburgo vede una L’Oréal che ha contestato ad eBay di essere coinvolta nelle violazioni del diritto dei marchi commesse dagli utenti del suo sito.
Acquistando presso servizi di posizionamento a pagamento su Internet (come AdWords) parole chiave corrispondenti ai nomi dei marchi L’Oréal, eBay dirige i propri utenti verso prodotti che contravvengono il diritto dei marchi, proposti in vendita sul suo sito Internet.
L’Oréal ritiene anche inadeguati gli sforzi fatti da eBay per impedire la vendita dei prodotti di contraffazione sul suo sito.
L’Oréal ha individuato diverse forme di violazione, in cui rientrano la vendita e l’offerta in vendita a consumatori Ue di prodotti contrassegnati da marchi destinati invece alla vendita in Stati terzi (importazione parallela).
La controversia è pendente dinanzi alla High Court del Regno Unito, che ha sottoposto alla Corte di giustizia europea diverse questioni vertenti sugli obblighi che possono incombere a una società che gestisce un mercato online, per impedire ai suoi utenti di commettere violazioni del diritto dei marchi.
La sentenza
In un comunicato la Corte sottolinea preliminarmente che il titolare dei marchi può far valere il suo diritto esclusivo nei confronti di una persona fisica che venda in linea prodotti contrassegnati da marchio solo qualora tali vendite avvengano nel contesto di un’attività commerciale.
Ciò avviene, in particolare, allorché le vendite, per volume e frequenza, superano la sfera di un’attività privata.
La Corte, allora, si pronuncia sugli atti commerciali rivolti verso l’Ue mediante mercati in linea come eBay e constata che le norme dell’Unione in materia di marchi si applicano alle offerte in vendita e alle pubblicità riguardanti prodotti contrassegnati da marchio e che si trovano in Stati terzi, quando risulta che tali offerte e pubblicità sono destinate a consumatori dell’Unione.
Per la Corte è compito dei giudici nazionali verificare, caso per caso, se sussistano elementi pertinenti per concludere che l’offerta in vendita o la pubblicità che compare su un mercato online è destinata a consumatori dell’Unione.
Nel farlo i giudici nazionali potranno tener conto delle aree geografiche verso le quali il venditore è disposto ad inviare il prodotto.
La Corte considera poi che non è il gestore stesso di un mercato online che fa uso del marchio ai sensi della normativa dell’Unione, allorché fornisce un servizio consistente semplicemente nel consentire ai propri clienti di far comparire, sul suo sito, nell’ambito delle loro attività commerciali segni corrispondenti a marchi.
La Corte precisa alcuni elementi riguardanti la responsabilità del gestore di un mercato online.
Pur rilevando che tale valutazione spetta ai giudici nazionali la Corte considera che il gestore svolge un ruolo attivo atto a conferirgli conoscenza o controllo circa i dati relativi alle suddette offerte, allorché presta un’assistenza che consiste in particolare nell’ottimizzare la presentazione delle offerte in vendita online o nel promuoverle.
Allorché ha svolto un ruolo attivo, il gestore non può giovarsi dell’esonero dalla responsabilità che il diritto dell’Unione concede, in determinate condizioni, ai fornitori di servizi online quali i gestori di mercati su Internet.
Inoltre, anche laddove non abbia svolto tale ruolo attivo, detto gestore non può fruire del suddetto esonero dalla propria responsabilità se sia stato al corrente di fatti o circostanze in base ai quali un operatore economico diligente avrebbe dovuto constatare l’illiceità delle offerte in vendita online e, nell’ipotesi in cui ne sia stato al corrente, non abbia prontamente agito per rimuovere i dati dal suo sito o rendere impossibile l’accesso a tali dati.
La Corte si pronuncia infine sulla questione delle ingiunzioni giudiziarie che possono essere pronunciate nei confronti del gestore di un mercato online qualora non decida, di propria iniziativa, di far cessare le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale e di evitare che tali violazioni si ripetano.
Così si può ingiungere al gestore di adottare misure che consentano di agevolare l’identificazione dei suoi clienti venditori. In proposito, se è certamente necessario rispettare la protezione dei dati personali, resta pur sempre il fatto che, quando agisce nel commercio e non nella vita privata, l’autore della violazione deve essere chiaramente identificabile.
Di conseguenza la Corte considera che il diritto dell’Unione impone agli Stati membri di far sì che gli organi giurisdizionali nazionali competenti in materia di tutela dei diritti di proprietà intellettuale possano ingiungere al gestore di adottare provvedimenti che contribuiscano non solo a far cessare le violazioni di tali diritti ad opera degli utenti di detto mercato, ma anche a prevenire nuove violazioni della stessa natura. Tali ingiunzioni devono essere effettive, proporzionate, dissuasive e non devono creare ostacoli al commercio legittimo.
Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell’ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione.
La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.