Cosa chiedere a un Ceo

Avendo la possibilità di farlo, cosa chiederesti a un Ceo, ovvero a un amministratore delegato, di una grande azienda?

Avendo la possibilità di farlo, cosa chiederesti a un Ceo, ovvero a un
amministratore delegato, di una grande azienda, magari informatica?
Posto
che se l’azienda è veramente grande (ma anche media, ma addirittura piccola)
dovrebbe far bene il suo lavoro, e, quindi, avere instaurato anche un meccanismo
di comunicazioni esterne per il quale la filosofia, la missione, l’esecuzione
aziendale dovrebbero essere già ben divulgate, chiare e inequivocabili.

Quindi dovresti essere vittima della lusinga e della tentazione di chiedere
a colui che ha l’onore e l’onere di guidare una società importante e
determinante per le sorti complessive dell’It anche l’insondabile.
Senza
farsi cogliere da pruderie, ma solo da una semplice e naturale curiosità,
verrebbe da chiedergli cosa fa la mattina quando si alza (e a che ora lo fa), se
ha lo stesso pensiero che aveva quando e’ andato a letto (e a che ora), dove
dorme più spesso, se a casa o in giro, che ne pensa la sua famiglia, se ne ha
una, della situazione, quanto tempo dedica ai figli (se ne ha), se non ritiene
che nel bagaglio di obblighi etici che un uomo, qualsiasi uomo, ha di fronte
alla vita non esista anche quello di dedicare parte della propria giornata alla
meditazione, magari suffragata dalle lettere.
Poi verrebbe da chiedergli
come si unisce il senso della sua giornata a quello dei dipendenti la società
che dirige.
Poi verrebbe da chiedergli, con fare un po’ moralistico, (però,
che ci dobbiamo fare…) se gli emolumenti che mediamente percepisce un Ceo non
siano un tantino sproprorzionati rispetto a quelli del resto del mondo del
lavoro.
Poi verrebbe da chiedergli se nel libero mercato (se siamo ancora
nel libero mercato, come tradizione economica liberista ci ha insegnato questo
debba essere) vale tutto.
Soprattutto se vale porsi questioni che, per il
metodo con cui ce le si pone, contrastano con quelle che abitualmente tutti
fanno. Ovvero se chi prova ad andare controcorrente è ritenuto un pazzo,
misurabile, oltretutto, con strumenti computistici di stampo algebrico.
Poi
verrebbe da chiedergli, appunto, se non si è stancato che il suo operato, e
quello della sua società debba essere misurato, verificato e validato
diuturnamente e senza fiato da quel qualcosa che sono i mercati finanziari e che
di intelligenza hanno solo quella dei soldi (pochi, maledetti e subito), che,
appunto, intelligenza non è, ma solo un meccanismo di riferimento passivo al
loro padrone. Poi verrebbe da chiedergli se pensa che il mondo economico sia
giunto a una soglia di non-più-crescita, per lo meno nel senso tradizionale, e,
quindi, se non si sente come un amministratore di condominio.
Poi verrebbe
da chiedergli tante altre cose.
Ma non lo faremo mai.
Perché per mettere
realmente a nudo cose e persone non ci vuole coraggio.
Nemmeno disinteresse.

Solo curiosità.
Che è la vera nemica dell’economia e non solo.
E chi
ce l’ha se la tenga, se non vuol far danno a chi non comprende.
Tutela, va.

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