La società avrebbe accettato di versare una cifra pari a 20 milioni di dollari con l’intento di chiudere definitivamente la scomoda vertenza.
Un nutrito gruppo di utenti di Facebook statunitensi aveva avviato, lo scorso anno, una class action nei confronti del social network fondato da Mark Zuckerberg lamentando un utilizzo non autorizzato dei loro dati per scopi pubblicitari.
Facebook ha ammesso “lo scivolone” sulle cosiddette “sponsored stories”
ossia le inserzioni pubblicitarie, solitamente esposte nella colonna di
destra del social network, che contengono i nomi degli amici a cui un
prodotto, un’iniziativa od un marchio “vanno a genio”. Secondo quanto
appurato dal giudice statunitense Lucy Koh, il sistema informatico sul
quale è basato il funzionamento di Facebook avrebbe esposto dei “Mi
piace” relativi ad utenti che non avevano mai espresso il proprio
gradimento per il prodotto pubblicizzato.
Il “problema” era stato
segnalato da alcuni utenti iscritti alla piattaforma sociale di
Zuckerberg: il loro nome era stato accostato a prodotti commerciali per i
quali non avevano mai espresso alcuna preferenza mediante la pressione
del pulsante “Mi piace”.
Stando a quanto riferito, Facebook avrebbe accettato di versare una cifra pari a 20 milioni di dollari con l’intento di chiudere definitivamente la scomoda vertenza.
Si tratta di un importo doppio rispetto a quanto stabilito
inizialmente, circa un anno fa: un risarcimento di soli 15 dollari andrà
a ciascuno dei 614.000 utenti che avevano sottoscritto la class action,
per un totale di oltre 9 milioni di dollari. La restante parte del
gruzzolo in uscita dalle casse di Facebook servirà per coprire le
parcelle dei legali, sarà utilizzato come donazione per organizzazioni
non a scopo di lucro e se ne andrà in tasse.