Cresce il made in Italy negli Stati Uniti

Il cambio sfavorevole del dollaro non frena il buon andamento dei grandi marchi nazionali

Il made in Italy non perde colpi: nonostante lo svantaggioso cambio euro-dollaro e le prime avvisaglie di un rallentamento della crescita a stelle e strisce, il 2007 è stato un anno decisamente positivo per le grandi firme italiane del lusso negli Stati Uniti. È quanto segnala un’analisi effettuata dall’Istituto per il Commercio Estero (ICE): dal 2005 a oggi, secondo i dati del Dipartimento per il commercio americano, la quota di mercato dei prodotti di pelletteria Made in Italy venduti Oltreoceano è passata dal 6,96% all’8,36%, un dato che pone l’Italia alle spalle solo del colosso cinese. Un successo che si ripete anche nelle vendite dell’occhialeria, che nei primi dieci mesi del 2007 ha fatto registrare un balzo in avanti del 14%, per un volume d’affari complessivo vicino ai 450 milioni di dollari.

Bene le griffe della moda italiana
Il trend positivo è ampliamente confermato dalla lettura dei dati relativi alle singole griffe del lusso: il fatturato americano di Gucci Group, per esempio, è aumentato del 10% nei primi nove mesi del 2007, trainato dal buon andamento delle vendite dei marchi Gucci (+13%), Bottega Veneta (+32%) e Yves Saint Laurent (+23%). Buoni risultati pure per il gruppo Tod’s, che nei primi 9 mesi del 2007 è cresciuto negli USA del 10,3% (19% a cambi costanti), con ricavi pari a 47,4 milioni di euro. Vento in poppa anche per i conti americani di Valentino Group, forte di marchi come Valentino, Hugo Boss e Marlboro Classics. «Il mercato del Nord America – segnalano fonti dalla società milanese – che rappresenta il 16,5% delle vendite del Gruppo, ha evidenziato una crescita complessiva del 10,8% nei primi 9 mesi del 2007 (19% a cambi costanti), con un’accelerazione nel terzo trimestre (+13,2%)». A testimonianza del momento d’oro della moda italiana oltreoceano è arrivato anche l’annuncio dell’apertura del nuovo megastore di Dolce & Gabbana nel cuore pulsante di Manhattan, in Madison Avenue, per un investimento di 10 milioni di dollari. Non solo. Nel corso del 2008, Prada ha in programma l’inaugurazione di un punto vendita a New York sulla 57esima strada, nell’ex boutique di Jil Sander, mentre Aeffe prevede di ampliare la propria quota di mercato americano attraverso lo sviluppo diretto del retail all’interno del paese. E ancora, Gucci sta completando i preparativi in vista dell’apertura a febbraio del più grande flagship al mondo sulla Fifth avenue newyorkese, mentre Luxottica prevede il lancio negli Usa di negozi llori (catena premium e lusso), che dovrebbero arrivare a quota 150 entro i prossimi 2 anni.

Le possibili opzioni per un 2008 difficile
Ma se il 2007 è stato un anno positivo, le ulteriori turbolenze dei mercati e la probabile recessione dell’economia americana potrebbero costringere le maison della moda a un diverso atteggiamento nel corso del 2008. Secondo il rapporto ICE le aziende europee si troveranno di fronte a tre possibili strategie: accontentarsi di ridurre i margini di guadagno (in attesa di una rivalutazione della moneta verde), aumentare i prezzi o spostare la produzione. Seguirà la seconda soluzione Kiton, griffe partenopea dell’abbigliamento sartoriale, che a partire dalla prossima collezione autunnale aumenterà i prezzi dei prodotti venduti nelle boutique americane del 10-15%. Meno interessante, invece, almeno per le imprese del Made in Italy, appare l’opzione di esternalizzare la produzione verso le economie emergenti di Cina, India, Vietnam e Honduras. I consumatori occidentali infatti, segnala l’ICE, appaiono sempre più orientati verso articoli di alta qualità, che solo una produzione al 100% italiana è in grado di garantire.

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