Cresce l’esigenza di soluzioni per migliorare i processi

Una panoramica su alcuni mercati verticali mette in luce quanto l’Italia investa poco in innovazione. Tra progetti pilota e nuove figure con cui interfacciarsi, in un contesto di difficoltà del settore, le utility mandano un segnale positivo.

Quella che stiamo vivendo continua a essere una situazione non rosea, in cui le aziende dei vari settori, pur affrontando problematiche diverse, sono accomunate dall’esigenza di soluzioni, dalla ricerca di elementi differenzianti.


"Difficilmente si parte da richieste tecnologiche per poi affrontare i processi – spiega Angelo Crippa, Ibm Business Consulting Services partner -. Al centro dell’attenzione si pongono le esigenze effettive al fine di poter fornire risposte che partono dalla consulenza per giungere allo sviluppo tecnologico". In particolare, la richiesta di servizi di consulenza è molto forte nel settore bancario, proveniente da un periodo caratterizzato da fusioni e consolidamenti, in cui il fermento è ancora alto ed è necessario integrare sistemi e strutture. "In realtà, l’investimento complessivo in innovazione e in It da parte degli istituti di credito è strutturalmente più basso di cinque anni fa – prosegue Crippa – e anche l’approccio alla spesa è cambiato".


Anche quello industriale è un mercato legato a pochi grossi nomi. Il settore è, infatti, caratterizzato da una costellazione elevatissima di Piccole e medie imprese. "Sono poche le realtà in grado di fare grossi investimenti – mette in luce il manager -. Le Pmi non hanno massa critica sufficiente per trainare la spesa in innovazione". Tra le cause va certamente annoverata la diminuita capacità competitiva delle aziende italiane nei confronti di quelle estere, che stanno mordendo il freno.


"Non si riesce a rispondere in maniera organica come Paese a tale agressione – dice ancora Crippa – e questo è vero principalmente per l’impresa manifatturiera, dove il chimico e il farmaceutico sono settori che non esistono più, essendo dominati da aziende multinazionali".


Nella propensione a investire in It, il manufacturing italiano è sicuramente secondo ai settori omologhi negli altri paesi. La percentuale di spesa per innovazione di un’azienda inglese, ad esempio, è circa doppia rispetto a quella italiana. "Questo vale per tutti i comparti, ma nell’industria in particolare – aggiunge Crippa -. All’estero si affronta un progetto perché porta valore all’impresa. Da noi, invece, si considera spesso l’It come un male necessario, capace di offrire servizi ma, fondamentalmente, un costo che si tende a minimizzare il più possibile".


Un percorso simile a quello dell’industria è seguito dalle aziende della distribuzione organizzata, che le vede nelle retrovie rispetto alle omologhe straniere. "In realtà, in Italia si fanno cose interessanti – illustra Crippa -, però le dimensioni che caratterizzano le aziende nostrane della Gdo non consentono di affrontare progetti di grossa portata".


Anche la radiofrequenza, tema caldo degli ultimi tempi, viene affrontata con un approccio pragmatico. "La tendenza è quella di ricorrere a progetti pilota, in questo come, più o meno, in tutti i settori – si rammarica il manager -. È come se ci fosse diffidenza nei confronti delle tecnologie, nei suoi costi, nelle sue funzionalità". Più motivato di altri nell’investire in Rfid sembra essere il fashion, anche per proteggere i propri prodotti dall’attacco delle falsificazioni.


Tutti questi aspetti si riassumono nelle Pmi che, per definizione, risentono degli influssi e delle difficoltà dei vari settori.


Secondo Cippa "una risposta potrebbe essere quella del distretto industriale su cui, come Ibm, abbiamo molte aspettative, anche se, non costituendo un’entità fisica, non può rappresentare un interlocutore unico per prendere decisioni sugli investimenti in innovazione di tutte le imprese interessate".

Le note positive


Un mercato che, invece, sta vivendo un periodo di fervore è quello della Pa, che inizia concretamente ad affacciarsi alla finestra dell’investimento It. "Fino a qualche tempo fa si potevano leggere solo parole scritte su dichiarazioni d’intenti – sottolinea il manager -. Il cammino, però, sarà sicuramente lungo, in quanto la burocrazia deve ancora essere semplificata, così come i termini di collaborazione con le aziende".


Anche quello delle utility è un settore con volontà di crescita, dove la richiesta di soluzioni dedicate e finalizzate a ridisegnare il modello di business degli utenti finali è alta. "Si tratta di progetti ad ampio respiro, come ad esempio quello dei contatori intelligenti sviluppato con Asm Brescia, che stiamo esportando all’estero – conclude Crippa – e che, in futuro, vedrà un avvicinamento alla domotica".

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