L’attenzione verso cybersecurity è ai massimi livelli da sempre, spinta dalla pandemia e dagli innumerevoli casi di cronaca. Ingecom ha nelle soluzioni di sicurezza informatica uno dei propri punti di forza; ne parliamo con il Country Manager Sergio Manidi
Quali cambiamenti rileva Ingecom sul mercato, e quali tendenze possiamo attenderci per il prossimo futuro?
Che l’attenzione verso la cybersecurity sia “da sempre ai massimi livelli” è un’affermazione che non mi sento di condividere appieno. Mi sento di affermare, di contro, che negli ultimi anni si sia impressa una forte accelerazione; conseguenza di una maggiore presa di coscienza da parte del tessuto economico del nostro paese. La sensibilità è aumentata di pari passo con l’evidenza che la sicurezza non è un problema riguardante esclusivamente le grandi aziende. Certo, hanno fatto notizia gli attacchi alle agenzie governative ed alle amministrazioni territoriali, ma l’elenco delle vittime ha incluso grandi, medie e piccole aziende, senza esclusione di colpi. Sarò contro corrente, ma la mia personale opinione è che la pandemia abbia avuto un ulteriore effetto negativo. Ha di fatto costretto molte aziende ad operare investimenti non preventivati per agevolare il lavoro agile/remoto in un momento di mercato estremamente insicuro. Le ha costrette a muoversi velocemente, a definire delle priorità senza oggettiva percezione di quanto lungo sarebbe stato il calvario. Da operatore di mercato credo sia una chiave di lettura lucida ed onesta. E’ vero, Ingecom ha fatto della sicurezza e dell’intelligence informatica i propri punti di forza. Il nostro è un mercato che si muove alla velocità della luce e questa caratteristica certamente non agevola il compito dei nostri partner di canale e dei “decision maker” nostri interlocutori. Serve avere delle competenze specifiche, non si può essere “tuttologi”. I produttori lavorano costantemente al consolidamento delle proprie piattaforme (o della propria offerta) acquisendo start-up specializzate. Lo stesso accade nel canale degli Integratori. Noi di Ingecom cerchiamo di acquisire e mantenere competenze quanto più profonde possibile su un numero di tecnologie estremamente innovative ed è un lavoro molto difficile perché purtroppo non “paga” nel breve termine.
L’Italia è alle prese con una potente ondata di trasformazione digitale, che sta cambiando nel profondo business model e strategie. Si tratta tuttavia di un mercato complesso e difficile, quali sono le vostre prospettive di crescita nel nostro paese?
La trasformazione digitale del nostro paese passa necessariamente dalla realizzazione di infrastrutture, fisiche o virtuali. L’Italia soffre di un “digital-divide” ancora imbarazzante. Mi permetto di riutilizzare le sue definizioni: si tratta di un mercato complesso e difficile. C’è un estremo bisogno di competenza e qualità ma, troppo spesso, non si è disposti a pagarle e si costruiscono ancora gare al ribasso. C’è ancora tanto da fare anche solo da un punto di vista culturale. Le nostre aspettative di crescita sono in linea con quelle del nostro HQ. Abbiamo dei partner di canale molto interessati al nostro portfolio, ricettivi e proattivi. Vogliamo crescere con loro aiutandoli a differenziarsi e a specializzarsi.
Si dice spesso che la sicurezza informatica non è un prodotto ma semmai un processo. Quale consiglio vi sentite di dare alle organizzazioni italiane?
Concordo e aggiungo che forse la cybersecurity è una serie di processi. Personalmente mi sento di suggerire di provare a cambiare prospettiva anche nell’approccio alla sicurezza e all’intelligence informatica, mantenendo viva o riaccendendo curiosità e interesse per l’innovazione che è alla base del nostro lavoro e della nostra passione.