Dal prossimo anno via libera ai libri di testo in formato digitale o misto nelle scuole primarie e secondarie. Ma l’Associazione degli Editori giudica il decreto dannoso e inapplicabile.
Nella giornata di martedì, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, per firma del ministro Francesco Profumo, ha emanato la nuova direttiva in materia di libri di testo per le scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado.
Direttiva che in qualche misura colma il vuoto legislativo di cui avevamo parlato poche settimane fa, soprattutto per quanto riguarda l’adozione di libri di testo in formato elettronico.
Secondo la direttiva, infatti, dal prossimo anno scolastico le adozioni di libri di testo per e classi prima e quarta della scuola primaria, la classe prima della scuola secondaria di I grado, la prima e la terza classe della secondaria di II grado dovranno prevedere solo edizioni digitali o miste.
L’intervento del ministro riguarda anche i tetti di spesa. Così, se a livello generale viene di fatto imposto ai Consigli di Istituto di ridurre del 20% i costo complessivo dei testi adottati, nel caso in cui, si legge nella nota emanata dal Ministero, ”l’intera dotazione libraria sia composta esclusivamente da libri in versione digitale la sforbiciata è più consistente, con una riduzione che arriva fino al 30%. […] I risparmi ottenuti potranno essere utilizzati dalle scuole per dotare gli studenti dei supporti tecnologici necessari (tablet, PC/portatili) ad utilizzare al meglio i contenuti digitali per la didattica e l’apprendimento”.
Da parte sua il Ministero si impegna a rendere disponibile una piattaforma utilizzabile sia dagli editori sia dagli istituti scolastici così che i docenti possano consultare le versioni demo dei testi in formato digitale, così da poter avere tutti gli elementi necessari in fase di valutazione.
Il percorso di introduzione e adozione dei libri di testo in formato digitale, così come dei supporti tecnologici destinati agli studenti sarà monitorato con continuità dall’Indire.
Da parte sua, l’Associazione Italiana Editori ha marcato il suo disappunto nei confronti del decreto, giudicandolo di fatto non convincente.
Giustificando la sua presa di posizione con la necessità di affrontare il tema della digitalizzazione della scuola in un’ottica di realismo, l’Associazione, che già a suo tempo aveva espresso riserve rispetto alle conseguenze che la decisione del ministro Profumo avrà in termini economici e occupazionali sull’intera filiera che oggi si occupa di editoria scolastica, oggi fa rilevare ”l’insufficienza infrastrutturale delle scuole (banda larga, WiFi, dotazioni tecnologiche, …), rappresentata, con dati e confronti molto eloquenti, poche settimane fa dall’indagine dell’OCSE, voluta dallo stesso Ministero”.
Sottolinea per altro come con la decisione del ministro si facciano ricadere sulla famiglie ” i costi di acquisto delle attrezzature tecnologiche (pc, portatili, tablet, …), quelli della loro manutenzione e quelli di connessione, che nelle altre esperienze europee e degli altri paesi a ovest e a est dell’Europa sono solitamente affrontate con consistenti finanziamenti pubblici”.
Altre riserve nei confronti di un decreto ritenuto letteralmente “dannoso e inapplicabile” vengono espresse dall’Associazione in merito ai limiti di fatto imposti alla libertà di insegnamento e alla assenza di una ”seria e documentata validazione di carattere pedagogico e culturale”, per non parlare delle ” possibili ricadute sulla salute di bambini e adolescenti esposti ad un uso massiccio di devices tecnologici”.