DeepL il traduttore online che traduce meglio di Google. E la conferma che una startup può fare meglio dei big della rete.
Il traduttore, lanciato nell’agosto 2017, offre 42 combinazioni da sette lingue: francese, inglese, tedesco, spagnolo, italiano, polacco, olandese, spagnolo e tedesco.
Ma cinese, russo, giapponese e portoghese sono in arrivo.
Già ora le le traduzioni sono molto più naturali di quelle di Google Translate, secondo i risultati dei test di riferimento “Blue” (Bilingual evaluation understudy), proposti da DeepL e confermati in particolare da TechCrunch.
DeepL vuol dire deep learning
Per questo risultato, DeepL si affida al suo primo prodotto, Linguee, un database di testi tradotti già raccolti tramite Webcrawler. Dal suo lancio nel 2009, Linguee ha raccolto un miliardo di traduzioni e “ha risposto a oltre 10 miliardi di richieste da oltre un miliardo di utenti”, assicura DeepL.
Questo tesoro permette di formare una serie di algoritmi di traduzione che si confrontano e si autocorreggono.
DeepL, come deep learning, è quindi una rete neurale ormai convolutiva che funziona grazie ad un supercomputer con sede in Islanda.
Un enorme macchinario per un’azienda ancora in fase di avviamento. Linguee è stato inizialmente finanziato come tutti gli altri attraverso fondi di investimento.
La sua prima raccolta di capitali nel 2010 è stata avviata dai partner svizzeri BTov, dall’Ucraina Ta Ventures e dal britannico Niko Waesche. Secondo il registro delle imprese tedesco, DeepL ha registrato un utile netto di 1,2 milioni di euro nel 2016.
Linguee lavora grazie alla pubblicità. DeepL è invece un accesso aperto su Internet, ma l’azienda sta iniziando a sviluppare l’offerta commerciale per le aziende adattando il software alle loro esigenze. In più sono previsti anche contratti con le società di traduzione.
Guidata dall’ex ricercatore di Google, Gereon Frahling, e dall’ex-Dropbox Leonard Fink, l’azienda impiega 22 persone a Colonia e 500 redattori freelance.
Per il momento, DeepL si sta concentrando sul miglioramento della qualità linguistica e rimane discreta sulle sue ambizioni. “Non costruiamo un business per venderlo” è, per ora, la parola d’ordine.