Mentre le competenze STEM sono sempre più importanti per affrontare le grandi sfide globali, in Italia il numero di iscritti a corsi di laurea scientifico-tecnologici (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) non cresce: in dieci anni la percentuale di immatricolati STEM è salita solo di un punto percentuale.
E il gender gap non si è ancora chiuso: sul totale degli iscritti a percorsi d’istruzione terziaria (Università, Istituzioni dell’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica e Istituti Tecnici Superiori) le donne STEM sono solo il 10%. È quanto emerge dal position paper “R-Evolution STEM. Le competenze tecnico-scientifiche per il futuro del lavoro”, realizzato nell’ambito dell’Osservatorio STEM e promosso da Fondazione Deloitte e dal Programma di Politiche Pubbliche di Deloitte.
“La scarsa conoscenza delle discipline STEM e delle opportunità educative e professionali in questo ambito continuano a determinare una scarsa affluenza verso percorsi tecnico-scientifici nel nostro Paese. Inoltre, emerge chiaramente la persistenza di barriere di genere e socioeconomiche che precludono gli studi o le carriere in ambito STEM, in particolare delle donne, comportando la perdita di un’opportunità per il progresso sociale e per la crescita economica di tutto il sistema Paese», commenta Fabio Pompei, Ceo di Deloitte Central-Mediterranean.
“Per invertire la rotta e mettere a frutto il grande potenziale culturale ed economico delle competenze STEM è necessario intervenire su tre leve di azione: universalizzare le STEM, favorendo un avvicinamento a queste discipline fin dall’infanzia; intervenire sulle barriere di genere e socio-economiche per garantire un equo accesso all’educazione e alle professioni STEM; educare e aggiornare le competenze della forza lavoro attraverso la formazione continua”, spiega Guido Borsani, Presidente di Fondazione Deloitte.
STEM cruciali per la ricerca scientifica e la transizione verde
Negli ultimi anni i macro-trend globali hanno reso sempre più evidente l’importanza delle competenze STEM. Ne sono consapevoli i più i giovani: per 6 su 10 le conoscenze STEM rappresenteranno una risorsa cruciale per far avanzare il progresso scientifico e tecnologico.
In particolare, uno studente su tre sottolinea l’importanza delle STEM nel campo della scienza, salute e medicina (33%). Circa un intervistato su quattro – 24% degli studenti e 23% fra i giovani occupati – riconosce l’importanza delle STEM per la decarbonizzazione e la transizione verde. Il 28% degli studenti e il 26% dei giovani occupati ne sottolinea l’importanza per l’economia circolare, la riduzione nell’utilizzo delle risorse e ottimizzazione dei cicli di consumo.
Nonostante la crescente importanza delle STEM, in Italia la percentuale di studenti universitari iscritti a corsi di laurea STEM rimane stazionaria: in dieci anni (dall’anno accademico 2012-2013 al 2021-2022) la crescita di studenti STEM sul totale di studenti è stata pari a un solo punto percentuale, passando dal 26% al 27%. Oltre al dato generale fermo al 27%, rimane un forte gender gap: sul totale degli studenti solo il 10% delle donne si dedica a un percorso di istruzione terziaria STEM.
Nell’ambito dell’istruzione terziaria STEM, il 62% degli studenti proviene dal liceo scientifico, il 17% da istituti tecnici o tecnologici e, in minore misura, da istituti economici e professionali (4%) – mentre solo una quota minoritaria, il 13%, proviene da una formazione umanistica. Analizzando i singoli sottoinsiemi STEM, inoltre, emergono alcune peculiarità: gli iscritti a percorsi di istruzione terziaria in Informatica e Tecnologie ICT, ad esempio, provengono per il 47% da istituti tecnici.
Non stupisce, dunque, che fra i deterrenti che ostacolano l’avvicinamento alle STEM vi sia la percezione delle discipline STEM come difficili: un giudizio che è espresso dal 21% degli studenti e che sale al 25% quando si intervistano gli universitari non-STEM. E accanto a questa percezione delle STEM come materie complesse, rimane, come nelle passate edizioni, l’importanza della passione e dell’interesse soggettivo per la materia come criterio di scelta del percorso scolastico, sia per gli studenti (48%) sia per i giovani lavoratori (41%).
A fronte di un’ampia varietà di motivazioni e criteri decisionali, il giudizio dei giovani intervistati sul proprio percorso educativo risulta prevalentemente positivo. Circa la metà degli studenti (52%) e dei giovani occupati (46%) si ritiene molto o abbastanza soddisfatta del principale corso di studi intrapreso. Inoltre, emerge la percezione di arretratezza dell’offerta formativa e dei percorsi erogati in Italia rispetto ad altri Paesi (24%).
Quali sono le motivazioni che portano alla scelta della professione dopo il diploma? Le motivazioni principali che portano a scegliere dei percorsi di studio STEM sono la passione e l’interesse personale per la materia: è così per la maggior parte degli studenti (48%) e giovani lavoratori intervistati (41%). Al tempo stesso, l’aspettativa della crescita professionale è un criterio comunque determinante per oltre un terzo degli studenti (37%) e per un quarto dei giovani occupati (26%). Nell’accesso al mondo lavorativo, le scelte professionali sono guidate in primis dall’opportunità di carriera e crescita (32%) e dalle aspettative economiche (31%).
Una volta nel mondo del lavoro, prevalgono i giudizi positivi: nel complesso, un intervistato su due (50%) si ritiene molto o abbastanza soddisfatto. Riguardo la valutazione delle effettive opportunità lavorative in ambito STEM in Italia, solamente un terzo dei giovani occupati (34%) le ritiene “molto o abbastanza competitive” rispetto alla media europea. Più incerte le prospettive dei giovani lavoratori con un diploma in ambito STEM: in questo caso, il grado di fiducia si ferma al 26%.
Competenze per il mondo del lavoro: più di 1 su 2 si aspetta grandi cambiamenti
Più di un giovane su due ritiene che, entro i prossimi 10 anni, le competenze richieste nel mondo del lavoro saranno profondamente diverse da quelle attuali (61% studenti; 50% giovani occupati) e si dichiara preoccupato (50% studenti; 49% giovani occupati) per l’impatto occupazionale derivante dalla diffusione di tecnologie AI. Il peso di questi timori sembra peraltro destinato a crescere: il timore maggiore si registra fra le generazioni più giovani di studenti (61%) rispetto ai giovani già occupati (49%).
I laureati STEM non solo sono più soddisfatti della media del loro lavoro (52% vs 50%), ma sono anche più flessibili: l’idea di abbandonare il proprio impiego “senza sapere dove si lavorerà in seguito” vale per il 44% dei laureati STEM contro il 40% del campione totale – dati che evidenziano come un’istruzione più avanzata produce una maggiore versatilità e discrezionalità nelle scelte lavorative. Restringendo l’orizzonte temporale, prevede cambiamenti professionali entro 12 mesi più della metà degli occupati con laurea STEM (53%) – rispetto al 47% proveniente da altre facoltà. Estendendo l’orizzonte temporale al medio periodo (3-5 anni), la quota di chi prevede cambiamenti professionali sale al 63% fra i giovani occupati con laurea STEM, mentre il dato si ferma al 56% per i laureati non STEM.
Nelle università più ragazze che ragazzi, ma nelle facoltà STEM rimane il Gender Gap
In Italia, analizzando i dati dell’Anno Accademico 2021-2022, è evidente che ormai le donne rappresentano la maggioranza della popolazione universitaria (56%). Ma all’interno del bacino STEM permane un divario di genere: in questo ambito le studentesse rappresentavano il 37% nel 2021-2022, dato rimasto sostanzialmente invariato negli ultimi 10 anni. Il dato medio del 37%, però, nasconde differenze rilevanti tra diversi corsi di laurea STEM: a oggi le donne costituiscono il 58% del totale degli studenti in ambito scientifico e il 46% in Architettura e Ingegneria Civile, mentre sono ancora una minoranza in Ingegneria Industriale e dell’Informazione (23%), in Informatica e Tecnologie ICT (15%), un ambito che a sua volta è ancora più di “nicchia” (8% dei laureati STEM).
Da una rielaborazione dei dati Alma Laurea emerge che le donne nei percorsi STEM, pur essendo in numero minore, ottengono in media un voto medio di laurea più alto (104,2 su 110, rispetto al 102,3 degli uomini) e hanno una migliore riuscita in termini di regolarità negli studi (tra le donne il 58% ha concluso gli studi nei tempi previsti rispetto al 53% degli uomini). Nonostante le performance universitarie migliori, le donne restano penalizzate nel mondo del lavoro: a cinque anni dal conseguimento del titolo di secondo livello il tasso di occupazione è pari al 94% per gli uomini e al 91% per le donne.
Secondo il 71% degli studenti rimangono stereotipi di genere che ostacolano la partecipazione delle donne ai percorsi STEM. Il punto di vista dei giovani occupati rispecchia in parte quello degli studenti, sebbene con valori meno accentuati. Un lavoratore su due (49%) afferma di aver assistito a discriminazioni di genere sul proprio luogo di lavoro.