Intervista con Luca Vigorelli direttore Ict di Dhl Italia. Un manager nato e cresciuto nell’ambiente di canale e approdato in una importante multinazionale
Guardando Luca Vigorelli, direttore Ict della country italiana di Dhl, mentre è intento a giocare con un modellino d’aeroplano davanti al nostro obiettivo fotografico, si ha l’impressione di avere a che fare con un semplice ragazzone. Ma dietro ai suoi 192 centimetri di statura in realtà si nasconde un “self made man”, e la sua faccia da “buonista, certo non svela la determinazione necessaria per diventare manager di una multinazionale.
Da giovane studia ragioneria, seguendo le orme del padre, ma terminati gli studi superiori è subito catturato dal mondo dell’informatica. Nel 1982 comincia a frequentare la facoltà di Scienza dell’Informazione all’Università di Milano, un corso di laurea iniziato due anni prima. Lui fa parte del primo folto gruppo d’iscritti (circa 800) che interrompe l’anonimato di una facoltà ancora d’avanguardia.
“Gli studi universitari non mi hanno dato una vera e propria conoscenza della tecnologia – commenta Vigorelli -, ma hanno posto le basi per avere un approccio che penso sia stato molto utile alla mia carriera. Mi hanno fornito la giusta attenzione all’informazione, permettendomi di comprenderne e ordinarne il flusso. Tutt’oggi, nel lavoro in Dhl, quel background ha ancora valore”.
Conclusa l’avventura universitaria, Vigorelli non perde tempo e dopo qualche esperienza senza sbocchi pratici decide di creare una piccola azienda di consulenza It, Icare. Si occupa insieme ai soci di programmazione, ma fa un po’ di tutto. Ben presto la società trova un terreno fertile nell’ambito dei sistemi a supporto delle decisioni. Icare occupa 15 persone, e ina quest’ambito maturano le prime convinzioni di base.
“Un periodo bello e utilissimo, in un contesto piccolo le esperienze hanno un valore molto elevato – spiega con un pizzico di nostalgia – soprattutto nella prima fase del percorso lavorativo. Ho potuto guardare alla realtà It da vicino, comprendendo l’importanza del costante aggiornamento delle soluzioni nell’ambito dello sviluppo applicativo. Ho iniziato a concepire il lavoro come servizio e capacità di approcciare il cliente. Lì ho fatto le esperienze che mi hanno permesso di legare le tecnologie con le problematiche imprenditoriali, rapportando costi e prestazioni con l’adeguatezza delle soluzioni da proporre”.
Vigorelli nasce come un uomo di canale, un’esperienza decisiva, accentuata dalla sua titolarità. Questa posizione gli ha permesso un primo confronto con una realtà molto varia, ma soprattutto ha fatto da traino al suo futuro. In quella fase è costretto a verificare personalmente la crescita dell’azienda e della propria capacità di costruire e dirigere il business. È in quel contesto che matura la decisione di cambiare, puntando su un obiettivo: diventare manager.
Nel febbraio 1996, con pochi rimpianti comincia una nuova avventura diventando responsabile di progetto in Inferentia, una media agency, abbastanza affermata nel mondo delle terze parti It. La società lavora con grandi aziende su due aree: consulenze sullo sviluppo di sistemi informativi in chiave intranet e Internet, e un’attività di comunicazione multimediale (Interactive) con uno stretto rapporto con tutta la componente tecnologica.
“Lavoravo nella direzione tecnologie a livello trasversale come responsabile di progetto – ricorda Vigorelli -. Ho fatto progetti per aziende importanti e poi ho iniziato a lavorare con Alberto Fioravanti, socio fondatore di Inferentia, diventando responsabile di tutto lo sviluppo e non più dei singoli progetti”.
Fin da quando aveva iniziato la carriera, Vigorelli era attirato dall’idea di operare in un contesto internazionale, ma una possibilità del genere poteva realizzarsi solo in una grande azienda. L’occasione arriva dopo due anni, quando un amico lo avverte delle possibilità presenti in Dhl.
La sua richiesta viene accolta e Vigorelli cambia nuovamente prospettiva, ma questa volta la differenza si sente. Un conto è passare da una società con 15 addetti a una con 100 (Inferentia), altra cosa è lavorare in un’organizzazione che conta 3.000 dipendenti.
“In ambienti ristretti come quelli in cui avevo operato si ha un’idea precisa delle persone che lavorano con te e della propria crescita – commenta Vigorelli-. Ogni tanto per necessità mi ero trovato a lavorare in ruoli distanti dal mio, ma importanti per comprendere le necessità dell’azienda. A parte casi specifici, credo che in azienda conti molto la capacità di porsi, di risolvere problemi, di relazionarsi con le persone. Solo dopo puoi far valere la capacità tecnologica ottenuta con l’esperienza. Non credo nei manager troppo specializzati, rischiano di astrarsi dai contesti in cui operano”.
In Dhl la situazione è più complessa, diversi sono i rapporti e le aspettative, diverso è il ruolo della tecnologia.
“I rapporti umani per me sono sempre molto importanti ed è chiaro che mutino sensibilmente quando si cambia società. Il primo passagio è stato indolore, conoscevo l’ambiente, avevo già lavorato insieme al personale di Inferentia. Ma quando sono arrivato in Dhl avevo paura di trovarmi di fronte a rapporti burocratizzati e ingessati, così come ci si immagina che siano in una multinazionale. Ma devo ammettere che, a parte una scontata difficoltà iniziale, non è stato così. Dhl è una realtà molto giovane e questo aiuta a costruire rapporti umani meno formali, anche perché le persone sono molto determinate e legate al business aziendale”.
Il fatto di lavorare in una società di servizi, cambia l’ottica da cui guardare alle tecnologie. Un particolare da non sottovalutare per una persona cresciuta nell’ambiente di canale e abituata a fornire soluzioni applicative ai clienti, guardando alle implicazioni tecnologiche dall’esterno.
Vigorelli scopre presto che ci sono una serie di problematiche che prima non lo riguardavano e di cui non ha ancora esperienza, che sono invece fondamentali. Ad esempio, la verifica dell’utilizzo della soluzione nell’azienda.
“Lavorando in Dhl ho scoperto che all’interno di un’azienda la realizzazione di un sistema è una cosa importante – spiega -, ma non ultimativa. Dopo il lavoro fatto dalla società di consulenza, con il rilascio della soluzione inizia la parte più concreta e importante. Per me è stata una sorpresa stimolante, perché è molto istruttivo vedere come il progetto diventa di tutti. L’adozione di una soluzione si trasforma in un fatto corale e l’aspetto tecnico è meno pregnante rispetto alla gestione del progetto all’interno dell’azienda”.
Il day by day è fondamentale nella realtà di una grande società e il manager It deve garantire che il cambiamento tecnologico permetterà a tutti di lavorare meglio. Al di là dell’aspetto tecnico, Vigorelli intuisce subito l’importanza delle persone che adopereranno i sistemi. Questa è una linea guida della sua azione, sintetizzabile con l’idea di guardare con un’occhio alla tecnologia e con l’altro al fatto che i sistemi funzionino producendo miglioramenti.
Nell’ottobre del 2000, quando Vigorelli diventa unico direttore Ict, Dhl decide di far migrare i propri sistemi informativi verso il data center di Londra. L’obiettivo è ridimensionare e consolidare i sistemi sparsi sul territorio. I server interessati in Italia sono all’incirca 20.
“Proprio in quel frangente mi resi conto di come una scelta in ambito It abbia un impatto pesante sull’azienda – spiega -, sia nel bene, in termini di possibilità di sviluppo e supporto del business, che nel male, nel caso che possa sfuggire qualcosa”.
Il ruolo di responsabilità nelle scelte è quindi un aspetto critico nella vita di un manager. È importante valutare le situazioni, ponendo attenzione all’orizzonte progettuale del cambiamento, pensando anche a chi sta dall’altra parte della tecnologia: il personale che la usa, ma anche i clienti.
“Vanno rispettate le esigenze della clientela, far fronte alle loro richieste, anticipandone alcune e suggerendone altre, ma sempre nel rispetto delle scadenze concordate”.
Sul momento della scelta Vigorelli racconta una storia significativa, un esempio nato dal tema dell’anno duemila.
In quel periodo la società aveva deciso di convertire e dismettere una buona parte dei sistemi applicativi. In particolare si voleva eliminare il vecchio sistema di reporting della forza vendita, sostituito con un sistema intranet basato su tecnologie di Business Object. Un progetto complesso con una revisione che abbracciava una arco temporale di più di dieci anni. In quel periodo si erano stratificate molte informazioni, in taluni casi con contenuti sconosciuti ai più. L’azienda si rivolge a a Iti, una società di consulenza di Milano Fiori, con cui viene elaborato il progetto senza coinvolgere il vendor.
“La scelta della società era dovuta a motivi storici e di prossimità – precisa Vigorelli – avevano già lavorato per noi e stavano completando gli strumenti per un piccolo data warehouse. C’era consuetudine a lavorare assieme e questo fatto aveva determinato una certa concordanza a livello di tecnologie e di ambienti applicativi. Volevamo far evolvere il data warehousing verso una forma di reporting per la forza vendita”.
Il processo di elaborazione e implementazione fu lungo e ricco di implicazioni. Ma quando a ottobre del 1999 viene rilasciato, il cambiamento mette in crisi i rapporti con i venditori, soprattutto per alcuni difetti di dimensionamento. Il nuovo strumento è molto più ricco e potente nell’estrarre dati e proprio per questo non era semplice e veloce come il precedente.
“A quel punto bisognava decidere cosa fare – continua Vigorelli-. Tenere il vecchio sistema di reporting, sperando che l’anno 2000 non distruggesse tutto, oppure persistere sulla nuova via garantendo dei report meno ricchi e più rapidi per far lavorare i nostri venditori anche oltre i loro schemi consolidati. Abbiamo scelto questa seconda strada, ma non è stato facile. Non sapevamo quanto tempo sarebbe stato necessario a Iti e Business Object per costruire insieme a noi una nuova soluzione personalizzata. Non è stato facile convincere il general manager e le altre figure di riferimento nelle varie aree di business, della necessità di proseguire su questa strada”.
La scelta tecnologica è una scelta di notevole responsabilità, sembra ribadire l’esempio offertoci da Vigorelli, perché le sue ricadute sono sempre molto più ampie rispetto al contesto propriamente tecnico in cui nascono. Ecco perché l’ottica adottata per risolvere questo problema ha una particolare importanza.
“La chiave di volta è stata nella mia consapevolezza che bisognava scegliere quello che era meglio per Dhl- spiega Vigorelli -, e non quello che conveniva in termini di tecnologia. L’azienda aveva bisogno di uno strumento nuovo per arricchire e ordinare la varietà delle informazioni in suo possesso ed era necessario farlo anche per spingere l’evoluzione e la crescita della forza vendita in senso tecnico, aumentando le competenze e la percezione della potenzialità degli strumenti in suo possesso, come ad esempio l’uso dei notebook e di altri strumenti portatili, che poi abbiamo introdotto, o la possibilità di lavorare trasversalmente rispetto alle varie unità di vendita. Ma per fare tutto questo dovevamo garantire una fase di passaggio, adoperandoci per ridurre e rendere più semplici gli strumenti di report”.
Forse è giusto chiedersi non solo perché, ma anche in quale contesto un manager prenda le sue decisoni. Quale è il momento cruciale in cui avviene “l’illuminazione”. Certo ogni persona ha il suo: Newton pare si sdraiasse sotto gli alberi di mele, mentre per Vigorelli il momento clou non è in ufficio ma mentre guida.
“Non riesco a stare seduto davanti alla scrivania guardando o compilando gli appunti dei pro e dei contro. Le mie scelte le prendo dopo, in macchina, quando vado o torno dal lavoro oppure, anche se sembra strano, passeggiando in qualche corridoio isolato. A volte per allentare la tensione prendo la mia famiglia e vado fuori Milano, a camminare in montagna o, in barca al lago. Avere una famiglia vuol dire molto, mi permette di inquadrare meglio il ruolo che devo svolgere. Tutto sommato anche la famiglia, pur essendo estranea al contesto lavorativo, ti dà l’impostazione per costruire qualcosa giorno per giorno, dandoti la solidità necessaria per farlo. Anche la musica in certi momenti è molto utile, quando torno dal lavoro spesso l’ascolto. Riesce a sintetizzare il tuo stato d’animo e questo aiuta. In questo campo, però, sono un onnivoro sento dischi di Chopin e Mozart, ma anche Pink Floyd o musica contemporanea”.
Prima di concludere l’intervista Vigorelli parla del futuro di Dhl attualmente incentrata su due particolari fenomeni tecnologici: la centralizzazione delle operation e una decentralizzazione dello sviluppo dell’innovazione, ma sempre in una logica globale.
“Dhl va verso una maggiore globalizzazione, essendo presente in 220 Paesi, ma è cresciuta come una sorta di confederazione dove ogni country sviluppava il suo business in modo originale. Oggi l’obiettivo è da un lato di ridurre l’attività operativa di gestione dei sistemi, che si centralizzano, dall’altro di guadagnare il massimo vantaggio dalla presenza di Information Servicer locali che possono cogliere tutte le opportunità di business tramite tecnologie e progetti che nascono a livello periferico. Questo non deve avvenire in modo scoordinato, ma gestito attraverso l’identificazione e la standardizzazione dei siti di sviluppo e innovazione periferici. Si potrebbe parlare di una sorta di decentralizzazione controllata del livello tecnologico”.