Home Prodotti Digital Performer 6

Digital Performer 6

Nell’ormai lontano settembre 2006 abbiamo recensito la versione 5.0 di Digital Performer, che apportava modifiche sostanziali al modus operandi, cercando di allinearsi con i prodotti della concorrenza nello stesso segmento di mercato, lasciando sostanzialmente immutata l’interfaccia grafica ridisegnata per la versione 3.0. A distanza di ben due anni, eccoci davanti alla attesa versione 6 che già aveva iniziato a far parlare di sé all’inizio della primavera quando rumors prima e presentazioni ufficiali poi la davano disponibile per l’inizio dell’estate 2008, con nuove caratteristiche operative e con una nuova interfaccia grafica completamente ridisegnata. Nel frattempo la software house MOTU ha letteralmente “dato fiato alle trombe” immettendo nel mercato numerosi nuovi prodotti tra interfacce audio e Virtual Instrument e, finalmente, il nuovo Digital Performer 6 ha visto la luce, con qualche mese di ritardo rispetto ai primi annunci ufficiosi, come coronamento di quello che possiamo a ragione definire un ambiente di lavoro integrato e completo per la produzione musicale di alto livello a trecentosessanta gradi, confortata da alcuni successi avuti tra gli utenti MOTU più famosi a livello mondiale (citiamo a mero titolo di cronaca l’Oscar per la miglior colonna sonora conseguito dal nostro Dario Marianelli). Ora è il momento di addentrarci in Digital Performer 6 e analizzare quello che di nuovo è stato introdotto.

L’interfaccia grafica

Come sopra accennato, era dalla versione 3.0 che MOTU non apportava modifiche all’interfaccia grafica del suo software. La nuova abbandona lo stile “Aqua” che aveva contraddistinto il soft­ware come pionieristico rispetto a tanti altri proprio nel momento di transizione dal System 9 a Mac OS X a favore di una grafica che si potrebbe definire, in un certo senso, più “spartana”. Effettuata l’installazione del programma (che raccomanda un G5 multiprocessore o Intel con almeno 2 GB di RAM, e che peraltro non comporta alcun tipo di problema se si aveva una precedente versione installata in quanto si integra perfettamente con tutto quello che era stato personalizzato e configurato compreso l’eventuale software di terze parti installato) balza subito all’occhio questo nuovo styling decisamente più sobrio rispetto al precedente: lo spazio operativo è dominato da un colore bianco diffuso su tonalità di grigio chiaro per i dettagli, la waveform ha colorazione piena e selezionabile a piacere (ora è anche possibile stabilire se la traccia rappresentata debba essere colorata per intero con una tonalità più chiara, oppure se la colorazione debba interessare esclusivamente la forma d’onda), il meter a sfondo blu con indicazioni di segnale color azzurro chiaro; il tutto con un restyling più bidimensionale rispetto al precedente che tendeva a una maggiore tridimensionalità.

Anche nella Transport bar che contiene i controlli generali del playback e le impostazioni dell’hardware sono state apportate delle modifiche a favore di una più chiara e immediata intelligibilità delle informazioni, che ora sono raccolte in minore spazio e accessibili con pochi e veloci clic. Il Counter è ora più grande e distribuito su una linea unica. È possibile stabilire le dimensioni nell’ambiente Traks, operazione che prima era ad appannaggio solo dell’ambiente Sequence, e nelle altre finestre di editing del materiale registrato. Questo a vantaggio non solo della personalizzazione dell’ambiente di lavoro ma anche dell’operatività generale, sia per chi ha sempre lamentato questa mancanza avendo problemi di vista oppure trovandosi costretti a lavorare con monitor non adeguati (pensiamo a configurazioni su MacBook nel “nomadismo” musicale ormai quasi diventato una necessità più che un vezzo), sia in quelle situazioni in cui ci si trova a lavorare con progetti piuttosto complessi e c’è la necessità di tenere sotto controllo la sessione in modo globale; situazione in cui le finestre di Editor complicherebbero un pochino le cose, ma era il passo obbligato fino a questa nuova versione. Con Windows tab è anche possibile personalizzare lo spazio di lavoro in maniera ulteriormente dettagliata, in modo da tenere sempre sotto mano tutto quello che è funzionale al progetto in corso e poterlo richiamare in un baleno con un semplice clic del mouse.

La gestione dell’audio

A livello di gestione dell’audio all’interno della piattaforma, la novità macroscopica che Digital Performer 6 porta in dote è l’abbandono del formato Interleaved Audio Files: storicamente il programma ha sempre gestito l’audio con il formato Sound Designer II in modalità Interleaved, ovvero l’audio acquisito in registrazione oppure importato ad esempio da un CD oppure da altro supporto o in altro formato, veniva elaborato per ottenere una coppia di file audio corrispondenti ai due canali audio (Left e Right), proprio come nell’ambiente Pro Tools. L’abbandono oggi del formato Interleaved comporta una maggiore snellezza operativa e la riduzione dei tempi di attesa nel caricamento e importazione del materiale audio, oltre a un piccolo miglioramento verso il contenimento delle dimensioni a livello di occupazione su disco rigido e di impegno del medesimo nelle operazioni di lettura e scrittura.

Entrando più nelle funzionalità operative della nuova versione, quando ci si trova a dover lavorare con diversi take effettuati ad esempio per la registrazione di una sessione vocale anche complessa, Digital Performer ci permette di affrontare la selezione delle parti che giudichiamo migliori in maniera decisamente più snella di prima, creando un Composite dei nostri take in meno che non si dica: registrato tutto il nostro materiale in tutti i take necessari, terminata la sessione di registrazione con la funzione Show Take, Digital Performer permette di visualizzare contemporaneamente tutto il materiale audio appena registrato in diverse sottotracce che corrispondono a ciascun singolo take appena effettuato: questa situazione permette di poter operare tutte le modifiche desiderate quali tagli, spostamenti, copia e incolla, crossfade, scrub e altro in maniera veloce e decisamente più semplice, per arrivare a costruire il Composite definitivo da tenere all’interno del progetto in una unica traccia audio.

Dalla finestra Bounce to Disk è possibile quindi selezionare all’interno del menu Format l’opzione Burn Audio CD che permette di creare direttamente il CD con all’interno il progetto audio appena realizzato. Nella eventualità che si lavori con più tracce audio distinte e si intenda creare un CD contenente le tracce audio separate, mediante l’apposizione dei marker, andremo a creare le diverse tracce che saranno contenute all’interno del disco. È possibile anche creare un’immagine disco per copie future senza la necessità di riaprire il progetto oppure per l’archiviazione.

Nuovi plug-in

Accanto alla suite di plug-in che hanno armato le precedenti versioni di Digital Performer, tra i quali ricordiamo il buon Masterworks Equalizer, replica dell’equalizzatore Sony Oxford, MOTU ha introdotto due nuovi plug-in interessanti che completano il corredo creando un ambiente completo per il trattamento audio di alto livello e che si allineano alla dotazione dei sistemi concorrenti nella stessa fascia di mercato di Digital Performer.

Masterworks Leveler è un plug-in che richiama il “sound” e anche le sembianze del Teletronix LA-2A. Un jolly che ben si adatta a trattare materiale audio registrato da diverse fonti: voce, bassi, chitarre oppure anche in Insert sul master per trattare tutto il materiale audio del progetto su cui stiamo lavorando al mixaggio. Non si tratta di un compressore-limiter classico ma di un controllo automatico del gain (AGC): le regolazioni si operano tramite tre manopole, rispettivamente Gain Reduction, Makeup Gain e Response, e attraverso i pulsanti posti sul lato sinistro (Limit e Comp). In basso quattro pulsanti che ci permettono di selezionare il comportamento acustico Modern o Vintage (per ambedue il controllo è disponibile in modalità slow o fast), questo per replicare appieno l’evoluzione che l’LA-2A ha avuto negli anni di produzione, quindi diverse “paste” sonore.

ProVerb è la seconda sorpresa nella schiera dei plug-in: è un riverbero a convoluzione con diversi ambienti al suo interno (impulse response). In pratica si tratta di un tipo di Riverbero che propone un suono estremamente reale basato su dei campionamenti effettuati in ambienti reali e di cui ne viene analizzato il comportamento sonoro mediante diversi algoritmi di comportamento dell’audio nell’ambiente ricavati dai campionamenti stessi che vengono applicati al segnale da processare: il suono risulta riverberato in maniera molto dettagliata fornendo un impasto sonoro realistico e estremamente interessante. ProVerb permette inoltre di manipolare e automatizzare diversi parametri relativi al riverbero in maniera immediata e ascoltare in tempo reale il risultato senza tempi di attesa per il ricalcolo dei modificatori dei responsi, supportando anche il lavoro nei progetti in surround.

Grazie al Plug-in Manager attraverso la finestra Preferences and Settings è ora possibile gestire la grande quantità di plug-in che possono affollare la piattaforma, tra quelli forniti a corredo da MOTU fino a quelli sviluppati da terze parti, in maniera veloce ed efficace, abilitando e disabilitando uno a uno i plug-in oppure creando dei set personalizzati per ogni tipo di esigenze a seconda del tipo di lavoro da svolgere.

L’integrazione con Final Cut

Chi si occupa della sonorizzazione di filmati, da tempo trova nella piattaforma MOTU una perfetta integrazione con Final Cut Pro; integrazione che oggi con Digital Performer 6 significa lavorare con le due piattaforme in dialogo continuo via XML, ovvero un collegamento dinamico tra i progetti in corso: l’editing video che viene effettuato sulla piattaforma Apple si esporta creando un file XML che viene importato all’interno di Digital Performer e permetterà di riconoscere nel progetto su piattaforma MOTU quello che si è editato su Final Cut in maniera visiva, attraverso linee blu che segnano la vecchia posizione dell’audio rispetto al video non ancora modificato e linee rosse che corrispondono alla posizione nuova assunta dopo l’editing. Viceversa, lavorando con Performer è possibile esportare direttamente in Final Cut Pro tutte le tracce in lavorazione in modo da rendersi conto immediatamente dell’avanzamento del progetto audio e video.

Conclusioni

Digital Performer ritorna finalmente a far parlare di sé anche se con un po’ di ritardo rispetto alla concorenza. Un restyling grafico che porta sì notevoli cambiamenti e che si è fatto attendere molto, ma che non lascia attoniti di certo i veterani dell’utilizzo dell’ammiraglia di casa MOTU che si sono sentiti un passo avanti agli altri con il restyling della versione 3.0 ormai diversi anni or sono. I plug-in aggiunti completano l’ambiente di lavoro e sono indubbiamente di qualità ma si tratta comunque di un paio di aggiunte. Nessuna novità invece sul fronte degli strumenti virtuali di serie. Dell’ottima integrazione con Final Cut Pro non c’è che dire, anche se non tutti gli utenti di Digital Performer si occupano di sonorizzazione video. L’integrazione è invece ottima con l’hardware e il software di casa Digidesign (Pro Tools) ma quello lo si dà ormai per scontato. Dopo tanto tempo, insomma, ci aspettavamo qualcosina in più, anche se Digital Performer resta comunque uno dei migliori sistemi DAW in circolazione.

Punteggio
4/5

info
Mark of the Unicorn
/www.motu.com

distribuito da
Backline
www.backline.it
€ 425,00

Pro
– operatività migliorata rispetto alla precedente versione
– sono solo due ma i nuovi plug-in aggiunti sono davvero interessanti e “suonano” bene

Contro
– la nuova interfaccia grafica risulta un po’ dispersiva

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome

Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere sempre informato sulle novità tecnologiche
css.php