Uno studio di Microsoft elaborato insieme a The European House – Ambrosetti valuta positivamente sull’impatto del digitale nello sviluppo sostenibile italiano: secondo la ricerca, tra il 2020 e il 2030 il digitale contribuirà ad abbattere fino al 10% delle emissioni rispetto ai livelli del 2019. L’impatto è pari a quello incrementale delle energie rinnovabili.
Lo Studio “Digitalizzazione e sostenibilità per la ripresa dell’Italia” si è posto l’obiettivo di indagare il contributo del digitale allo sviluppo sostenibile, identificandone gli ambiti di applicazione e quantificandone gli impatti sulle sue diverse componenti per l’Italia nel contesto della ripresa post Covid-19.
È necessario un cambio di marcia sulla decarbonizzazione della nostra società anche alla luce del rinnovato obiettivo di abbattimento delle emissioni di CO2 del 55% al 2030 recentemente adottato dalla Commissione Europea. In parallelo a livrllo sociale,è necessario invertire la tendenza che vede in aumento la disuguaglianza: dal 2008, il valore per l’Italia del Coefficiente di Gini, che misura le disuguaglianze di ricchezza, è aumentato del 12% (4 punti base in assoluto) e il 2020 è l’anno con il più alto incremento mai registrato.
Da una survey condotta dal gruppo di lavoro di The European House – Ambrosetti su un campione di oltre 200 aziende, le nuove forme di lavoro a distanza (64% del campione) e di collaborazione (59% del campione) sono, infatti, percepite come le principali leve attraverso cui il digitale può contribuire alla sostenibilità sociale.
Le sinergie fra digitale e sostenibilità
Nello studio vengono identificate le sinergie tra trasformazione digitale e le diverse componenti di sviluppo sostenibile.
Sul piano della sostenibilità economica lo studio dimostra come le aziende digitalizzate ottengano un importante beneficio sulla produttività del lavoro rispetto alle aziende che non hanno ancora attuato percorsi di trasformazione digitale (+64% per le aziende italiane, rispetto ad un +49% per le aziende europee).
Sul piano della sostenibilità ambientale, il gruppo di lavoro di The European House – Ambrosetti ha costruito un modello proprietario per stimare il contributo del digitale alla decarbonizzazione. Dal modello risulta come il digitale sarà una delle armi più importanti per la transizione verde, con un impatto al 2030 pari a quello incrementale delle energie rinnovabili. Complessivamente, infatti, si stima che tra il 2020 e il 2030 il digitale contribuirà ad abbattere fino al 10% delle emissioni rispetto ai livelli del 2019 (37 milioni di tonnellate di CO2 annue).
Sul piano della sostenibilità sociale, lo studio evidenzia chiaramente come l’adozione di nuovi modelli di collaborazione sia la principale leva d’azione attraverso cui le aziende possono contribuire al benessere delle persone, all’inclusione sociale e all’inclusione dei territori. Nella survey condotta su oltre 200 aziende italiane le nuove forme di lavoro a distanza (63,7% del campione) e di collaborazione (59% del campione) sono state indicate come le principali leve attraverso cui il digitale può contribuire alla sostenibilità sociale.
I dati della survey
Il 64% delle aziende intervistate considera infatti la sostenibilità ambientale come uno dei pilastri della propria visione. Sostenibilità ambientale che si declina secondo significati differenti: per il 59% delle aziende sostenibilità ambientale significa efficientamento dei processi interni, per il 39,6% implica il rinnovamento dei propri prodotti e servizi in ottica sostenibile, il 5% del campione ha indicato anche la necessità di competenze e figure professionali adeguate per concretizzarne le implementazioni produttive e strategiche per uno sviluppo sostenibile.
Le percentuali che si riducono nel caso delle piccole e medie imprese: solo il 47% delle PMI, infatti, considera la sostenibilità un caposaldo della propria missione (67% le sole grandi aziende). Il 50% sta ridisegnando i propri processi interni in ottica di efficientamento del consumo di risorse (69% le grandi). Gli sforzi principali delle piccole imprese per implementare dinamiche di sviluppo sostenibile si concentrano invece principalmente nella selezione della supply chain (50%) e, sorprendentemente, nella creazione di figure professionali pronte ad agire il cambiamento. Le piccole imprese, in sostanza, scommettono sulle persone e sulle capabilities “green” lungo tutta la filiera.
Abilitatore del cambiamento in chiave sostenibile è la presenza di una cultura aziendale orientata al digitale. A sostenerlo è il 42% delle aziende del campione; a seguire, la presenza di processi che permettano di sfruttare a pieno il digitale (24%) e delle giuste competenze per creare valore a partire dagli asset digitali in azienda (21,5%).
Fattori, questi tre, che guardati insieme rimandano alla maturità del business in materia di digitale e nuove tecnologie. Una cultura aziendale digitale, che integra la tecnologia nella propria value chain e nella propria strategia, è quindi predisposta a sfruttarne il valore oltre la “semplice” efficienza, ma anche, ad esempio, ad innovare prodotti e servizi e registrare impatti positivi sui territori di attività – con maggiore ingaggio di consumatori e investitori, e ricadute positive in termini di competitività.
Dalla ricerca emerge inoltre che oltre l’86% delle aziende dichiara di aver implementato o programmato misure per la sostenibilità abilitate dal digitale. Il restante 14%, che ancora non ha realizzato né pianificato implementazioni sostenibili, fa riflettere sulla necessità, ancora invalidante, di finanziamenti a sostegno della transizione green e della digitalizzazione, governance orientate alla sostenibilità e procedure più snelle – a cui il PNRR, con il 70% delle risorse dedicate a green e digitale, potrà imprimere un’accelerazione significativa.
Anche in questo caso, però, la dimensione dell’azienda è una variabile significativa: la quota di piccole aziende che fanno leva sul digitale per incrementare il loro livello di sostenibilità ambientale è dimezzata rispetto alle grandi aziende (38% contro 69%).
Diminuzione degli spostamenti (71,2%), dematerializzazione dei processi (68,4%), gestione più efficiente delle operations (50,9%) e incremento delle attività di monitoraggio (49,1%) sono i principali fattori che secondo le aziende intervistate contribuiscono a migliorare il livello di sostenibilità ambientale.
Le proposte di Microsoft e Ambrosetti
Alla luce delle evidenze emerse, lo studio riporta tre proposte concrete elaborate da The European House – Ambrosetti insieme a Microsoft Italia e indirizzate ai policymaker e alle aziende.
Abilitare il diritto/dovere alla formazione digitale attraverso un “new Deal” delle competenze: una pluralità di indicatori segnala la carenza di competenze digitali come l’elemento di debolezza chiave del sistema industriale italiano.
Sancire il diritto universale al digitale come leva di inclusione sociale e riduzione delle disuguaglianze. Post Covid, le Nazioni Unite riportano un deterioramento trasversale degli indicatori legati ai Sustainable Development Goals, con impatti su tre fronti: economia, salute e istruzione. Come confermano i dati sull’andamento della povertà nel nostro Paese per il 2020, il numero di individui in povertà assoluta è passato da 4,6 a 5,6 milioni di individui, registrando un aumento del 22,8%. Il dato riflette la severità degli andamenti occupazionali, per cui tra gennaio e dicembre 2020 si è registrata una contrazione -1,1% per gli uomini e del -2,7% per le donne. Ma, forse ancora più significativo, è l’aumento del numero degli inattivi: persone senza lavoro ma che, scoraggiati dalla crisi, rinunciano a ricercare un’occupazione: +2,6% per gli uomini e +3,7% per le donne.
Individuare standard condivisi per misurare l’impatto delle aziende tra i molti esistenti: per convogliare anche le energie del mondo privato verso la costruzione di modelli di produzione e consumo sostenibili, bisogna elaborare metodologie condivise per la quantificazione degli impatti ambientali e sociali di tutte le attività di impresa.