Alcuni ricercatori della University of California – Santa Barbara hanno sviluppato una procedura per identificare la struttura tridimensionale di oggetti nascosti da muri, e in generale da qualsiasi spazio chiuso, usando semplicemente due droni e i segnali WiFi.
Non occorre sapere o ipotizzare nulla della struttura nascosta, l’unico vincolo è che deve essere fissa, ossia non comprendere oggetti in movimento. L’approccio potrebbe essere usato in varie applicazioni, dall’archeologia al monitoraggio strutturale sino alle operazioni di salvataggio.
Il metodo sviluppato dai ricercatori si basa su una coppia di droni che operano in sinergia. I due velivoli autonomi si spostano intorno alla struttura da monitorare seguendo un percorso predefinito che li vede sempre ai lati opposti della struttura ed è studiato per ottimizzare l’analisi degli spazi mantenendo al minimo il numero delle rilevazioni necessarie.
Uno dei droni emette un segnale WiFi e l’altro ne misura la potenza in ricezione, che è ovviamente influenzata da ciò che si trova fra i droni, all’interno dei muri.
Le misurazioni della potenza rilevata in ricezione, calcolate lungo il percorso ottimale studiato, permettono di arrivare a una immagine 3D di quello che si trova nell’area coperta dai muri.
Questo “salto” dalle rilevazioni a una (possibile) immagine avviene passando una corposa fase di calcoli matematico-statistici
È proprio la parte degli algoritmi di calcolo che dà rilevanza al progetto, spiegano i ricercatori, perché per il resto sono stati usati componenti (droni, router WiFi, board Raspberry Pi) alla portata di chiunque.
L’unico elemento un po’ particolare è stata una coppia di tablet Google Tango montati sui droni per la rilevazione del loro posizionamento nello spazio.
