La Idc conference conferma tutte le difficoltà che trova nel farsi largo il nuovo modo di pensare l’azienda. Perché il salto è concettuale e il problema più che tecnologico è organizzativo.
Per capire la situazione dell’Enterprise 2.0 in Italia basta vedere la case history presentata da Emanuele Quintarelli all’Idc conference di Milano. Quintarelli parla di Lago, azienda veneta pluricitata quando si parla di E 2.0. Interessante, ma è sempre la stessa storia che rimbalza di convegno in convegno.
La platea ascolta attenta, tradisce una preparazione approssimativa in materia ed è pronta a raccontare che nella sua azienda c’è di peggio. “Quando ho chiesto al mio amministratore delegato di venire mi ha chiesto cos’è il Web 2.0 “, racconta una delle partecipanti che lavora in una società che ha a che fare con l’Ict. Antonio Romano, responsabile di Idc Italia, entra subito nel vivo spiegando che l’E 2.0 è come il knowledge management di una decina d’anni fa. “Un salto concettuale che senza piattaforma tecnologica adeguata rischia un Roi lento”
Per Romano prima di affrontare l’e 2.0 bisogna rivedere pesantemente il sistema informativo. Dice che è sbagliato pensare a un antagonismo fra client server e infrastruttura centralizzata e che bisogna prendere in considerazione la crescita dei volumi e della eterogeneità delle informazioni strutturate o semistrutturate (la posta elettronica, per esempio).
Per questo c’è bisogno di un sistema informativo che riesca a trovare il valore delle informazioni destrutturate. Ma non bisogna affidarsi completamente al sistema informativo perché neanche l’infrastruttura migliore del mondo è in grado di recuperare efficienza se i processi azienda non lo sono. “L’E 2.0 – prosegue – è il driver che permette alle aziende di guardarsi dentro. Ancora oggi ci sono organizzazioni troppo piramidali con troppi livelli fra chi va sul mercato e chi fa le strategie. Per questo rivedere l’infrastruttura e i processi va in parallelo”. Dal punto di vista tecnologico Romano sottolinea il ruolo della virtualizzazione che “permette di traguardare la coesistenza fra infrastruttura distribuita e centralizzata” con, sullo sfondo, il punto d’arrivo del cloud computing.
Con il consueto stile spumeggiante Vito di Bari, docente del Politecnico, chiede alla platea se sia proprio sicura di voler affrontare oggi, con 18 mesi di probabile crisi davanti a sé, l’argomento dell’E 2.0. Dall’adesione degli sponsor all’iniziativa di Idc pare di no, eppure è proprio in questo momento che bisogna attrezzarsi per raccogliere i frutti quando la nottata sarà passata.
“La crisi è tempo utile per costruire il vantaggio competitivo”, spiega “e il web 2.0 è il nuovo paradigma di quando arriverà la ripresa”. Di certo è che non si sta parlando di una manciata di applicazioni ma di un nuovo mondo del quale le aziende non devono avere paura.
“Vincete il timore di viralizzarvi – ha affermato con forza – Non abbiate paura dei canali che non riuscite a controllare. Puntate tutto sui reach media (Youtube, per esempio) e fidelizzate. Il mondo 2.0 attiva infatti un processo di fidelizzazione che dura nel tempo”.
Perché, come ha sottolineato Emanuele Quintarelli, l’E 2.0 non è solo tecnologia, “ma uno spazio aperto per coinvolgere le persone facendo leva su esperienze e passioni”. Il problema però è che oggi la gran parte delle aziende è modellata su un ‘organizzazione a ragno (la testa decide gli arti eseguono) mentre bisognerebbe passare alla stella marina. I millennial o generazione Y (i giovani tecnologici) stanno entrando in azienda portando dimestichezza con i nuovi strumenti e voglia di collaborazione che è il promosso per generare un ecosistema aziendale portato all’innovazione.
“E non è vero che l’E 2.0 è costoso”, osserva Quintarelli. Per questo invita le aziende a sporcarsi le mani perché in Lago proprio grazie a questa nuova organizzazione supportata dagli adeguati strumenti tecnologici gli impiegati, i dipendenti, sono diventati creatori di innovazione.
Il cammino però è lungo. E de ve partire dalle basi, da una solda definizione di cosa sia l’Enterprise 2.0 perché la confusione regna sovrana. Si parla di Voip e call center, che non c’entrano, anche perché al blog e al Wiki ci sono già arrivati davvero in pochi.