Con Open Fabric avviata una trasformazione nel segno della virtualizzazione mobile. Perché serve pensarci ora lo spiega il manager italiano Roberto Pozzi.
Le reti di domani saranno caratterizzate da piattaforme di switching intelligenti con i maggiori livelli possibili di capacità, di efficienza energetica e la minima latenza.
Tradotto, significa che c’è bisogno di innovazioni che consentano di ottimizzare la virtualizzazione e di ottenere una superiore connettività per rack server, con una transizione dal Gigabit ai 10 Gigabit.
È la posizione di Extreme Networks sul tema dei datacenter di nuova generazione. Che per essere tali devono partire da quello che sono ora e portare innovazioni come la recente Open Fabric, costituita da un portafoglio di tecnologie di datacenter per sviluppare in modo conveniente reti virtualizzate, mobili ed efficienti.
Ossia, tanta performance, bassa latenza, efficienza energetica.
A Roberto Pozzi, Regional Director Southern Europe di Extreme Networks chiediamo di inquadrare il tema della praticabilità gestionale di una soluzione del genere negli attuali datacenter.
«Noi stiamo facendo un investimento per la gestione dei datacenter di domani. Chi affronta il tema adesso è maggiormente attirato dall’aspetto dell’efficienza energetica dei datacenter. Ma l’ottimizzazione della banda sarà il tema del futuro».
Insieme al cloud?
«Sì, il fenomeno esploderà e prenderà possesso dei datacenter, perché oltre al risparmio energetico contano le prestazioni».
Questo datacenter ottimizzato per chi sarà? Per pochi o per tanti?
«Non solo per i provider, come si è portati a pensare, ma anche per le aziende. In un certo senso il datacenter diventerà più popolare. Noi guardiamo tre mercati dove l’esigenza di banda sarà elevata: i servizi mobile che vanno verso il 4G, i datacenter in senso ampio e ciò che deve avvenire al suo interno in modo trasparente all’utente».
Come si coniuga il tema dell’evoluzione necessaria alla disponibilità di budget attuale delle aziende?
«Serve più lo stimolo a cambiare che altro. In Italia ne abbiamo bisogno di una dose maggiore, per esempio rispetto a Germania e Francia. Il fatto è che il cambio di investimento è dato dalla tecnologia. Quella che l’industria ha introdotto negli anni recenti ha una maggior durabilità. Questo aspetto, al netto di tutto, influisce di più del budget sulle decisioni. Ma se l’investimento è necessario, come nel caso della sicurezza, le aziende lo predispongono».
In quanto tempo?
«I tempi della decisione si sono effettivamente allungati, rispetto ai tre, sei mesi degli anni scorsi. Ora ci si pensa di più. Anche perché la complessità insita nel costruire le nuove reti è aumentata. La rete, ricordiamocelo, non è una commodity».
Il datacenter cosiddetto di next generation può esistere da subito?
«Bisogna predisporlo per il business di domani. Ci sarà. È una scommessa, ma che siamo disponibili a fare, essendo abituati a vincerle. Extreme ha sempre guardato in primis alla tecnologia, incanalandola in un’unica piattaforma di gestione, quale è ExtremeXos».
Open Fabric, difatti, si basa sul sistema operativo ExtremeXos ed esegue lo switching delle macchine virtuali, funzioni di intelligence per automatizzare la loro mobilità attraverso Xnv, connettività server ad alta densità da 10 Gbps e l’interconnessione ad alta densità del fabric a 40 Gbps, progettata per evolvere a 100 GbE.
Open Fabric integra la tecnologia OpenFlow per il provisioning di rete, supporta il Datacenter Bridging (Dcb) per il consolidamento dei fabric storage e Lan all’interno del data center, inclusi iScsi e FCoE.
La soluzione comprende lo chassis modulare BlackDiamond X8, con
capacità di 20 Terabit con un massimo di 768 porte non-blocking da 10GbE o di 192 porte non-blocking da 40GbE in 1/3 di rack o 14,5 RU, progettato per evolvere a 100GbE; gli switch Top-of-Rack Summit X670 con un massimo di 64 porte wire-speed 10 GbE o 48 porte wire-speed 10GbE con 4 porte modulari di uplink 40GbE wire-speed; i blade BlackDiamond 8900 ad alta densità 6x40GbE.
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